Il 7 febbraio 1971 si svolse un referendum con cui gli elettori svizzeri di sesso maschile approvarono finalmente a larga maggioranza il diritto di voto per le donne a livello nazionale.
Esattamente un mese dopo le donne svizzere esercitarono per la prima volta questo diritto.
Il cinquantesimo anniversario di questo avvenimento costituisce un’importante occasione non solo per festeggiare ma anche per riflettere.
La conquista ottenuta nel 1971 fu in realtà soprattutto il risultato di una tenace lotta di diverse generazioni di donne; ricostruire questa storia significa mettere in luce grandi figure di donne che hanno guidato la protesta ma anche vasti movimenti sociali che hanno dato forza alle rivendicazioni.
Già la Costituzione del 1848 introduceva, con alcune limitazioni, il suffragio popolare, riservandolo però ai soli cittadini maschi. L’obiettivo del diritto di voto per le donne venne perseguito, insieme a richieste di tipo sociale, da alcune organizzazioni sindacali e nel 1904 il Partito Socialista svizzero lo inserì esplicitamente nel proprio programma politico.
A seguito del particolare ruolo esercitato durante la Prima guerra mondiale, le donne svizzere presero sempre più coscienza della loro funzione sociale e negli anni successivi moltiplicarono le iniziative per il voto sia a livello locale che nazionale ma senza risultati concreti.
Ancora nel 1951 il Consiglio federale, l’organo esecutivo della Confederazione, pubblicava un rapporto che giudicava prematuro proporre l’introduzione del voto femminile.
Nel 1959 il Consiglio federale, nel clima della guerra fredda, decise di introdurre il servizio di protezione civile obbligatorio anche per le donne.
Le organizzazioni femminili reagirono affermando l’impossibilità per le donne di accettare nuovi doveri senza il conseguimento di fondamentali diritti, quello di voto in primo luogo.
Si arrivò così alla votazione del 1959 in cui, a larga maggioranza, venne respinta la proposta di concedere il voto alle donne a livello nazionale.
Negli anni successivi diversi Cantoni approvarono il diritto di voto a livello locale.
Il clima politico del ’68 diede nuovo impulso alla lotta delle donne che reagirono con forza alla decisione del Consiglio federale di sottoscrivere la Convenzione internazionale dei diritti umani con l’esclusione però del diritto di voto delle donne.
Il primo marzo del 1969 si svolse a Berna una grande manifestazione che approvò per acclamazione una mozione a favore del suffragio femminile.
Di fronte alla crescente pressione popolare il Consiglio federale varò una modifica della Costituzione che fu sottoposta a referendum obbligatorio; finalmente, il 7 febbraio del 1971, fu sancito il diritto elettorale attivo e passivo delle donne a livello nazionale a cui fece seguito la concessione generalizzata dello stesso diritto a livello comunale e cantonale.
Ora è giusto che i movimenti delle donne guardino avanti per proseguire sulla strada della parità ma uno sguardo al passato non è inutile per attrezzarsi meglio per il futuro: occorre riconoscere che la pervicace negazione di un fondamentale diritto delle donne da parte di settori consistenti della società civile e politica ha rappresentato a lungo la violazione della dignità delle donne e del loro diritto alla parità. Un franco dibattito pubblico su questo tema dovrebbe portare a riconoscere e superare tutti gli aspetti di discriminazione ancora esistenti nei confronti delle donne.
Nel 2018, su impulso di eminenti personalità femminili e con l’adesione di numerose organizzazioni, è sorta l’Associazione CH2021 con lo scopo di organizzare una serie di iniziative in occasione del cinquantesimo anniversario della conquista del voto femminile in modo da fare di questo anniversario non una celebrazione retorica ma un momento di riflessione e di proposta politica.
In questa ottica viene fra l’altro richiesto al Consiglio Federale di programmare, nella sua prossima sessione, una giornata di riflessione sulle cause del ritardo della concessione di un diritto elementare e di riflettere sulle conseguenze che ne sono scaturite. A partire da questa riflessione lo stesso Consiglio dovrà stabilire un preciso programma di iniziative politiche per il raggiungimento della piena parità giuridica.
Naturalmente questa azione non avrà successo se non sarà supportata da una massiccia mobilitazione da parte delle donne che del resto hanno mostrato in varie occasioni, in particolare con lo sciopero delle donne del giugno 2019, di avere la forza e la volontà di mobilitarsi.
La riflessione critica su questo evento e sul percorso che ha portato a questa difficile conquista deve offrire anche uno slancio per allargare progressivamente il diritto di voto a tutti quegli stranieri che vivono in Svizzera da anni, contribuiscono al progresso del Paese, spesso ne parlano le lingue, ma non hanno la possibilità di far sentire a nessun livello la loro voce nelle decisioni fondamentali:La lunga e tormentata storia della conquista del voto da parte delle donne svizzere dimostra che una democrazia non può definirsi tale in modo completo se non offre a tutti gli abitanti di un Paese la possibilità di far sentire la loro voce.