Tutto è fluido: le transizioni

Pajtim Statovci è un giovane scrittore, nato nel 1990 in Kosovo, e trasferitosi in Finlandia all’età di due anni, con la famiglia che fuggiva dalla guerra. E’ autore, finora, di tre romanzi, tutti molto premiati. Il libro che vi propongo oggi, Le transizioni, del 2016, è il secondo di questo autore ed è stato pubblicato in italiano da Sellerio nel 2020, con la traduzione di Nicola Rainò.

Il romanzo sorprende non solo per la scorrevolezza del linguaggio, ma anche per i contenuti trattati; narra la vita di Bujar, partendo dall’infanzia e adolescenza poverissime a Tirana, fino ai tanti viaggi che lo portano in giro per il mondo, in particolare in Italia, in Germania, in Spagna, negli Stati Uniti, in Finlandia. E’ un ragazzo che sa diventare una donna: può essere sia una giovane di Sarajevo corteggiata da uomini di tutte le età, o un affascinante spagnolo che fa perdere la testa alle ragazze. Bujar si inventa di volta in volta la propria storia, il proprio passato.

Questo libro è una riflessione matura, nonostante la giovane età dell’autore, sui temi dell’identità. Uso volutamente il plurale, perché sarebbe estremamente riduttivo legare il libro all’identità sessuale, che pur essendo molto presente (Ti rendi conto di quanto sia limitante pensare che al mondo ci siano solo due sessi, due tipi di umani, maschio e femmina?) non è esclusiva.

L’infanzia felice in famiglia, e poi il dolore per la morte del padre, e l’estrema povertà come una delle conseguenze di questa perdita, portano il protagonista a riflettere su questa condizione: […] nel Paese da cui provengo i neonati muoiono di febbre e denutrizione, gli uomini vengono uccisi per questioni d’onore e le mogli che abbandonano i mariti finiscono ammazzate dai proiettili che i parenti della vittima hanno consegnato in dote allo sposo. Si provvede alle sepolture, poi spunta l’alba del giorno dopo e nessuno ha più tempo per piangere i morti, è acqua passata, perché nessuno riesce a pensare al di là del pasto successivo.

La povertà genera esclusione, e Bujar ne avrà conferma quando scapperà da Tirana con il suo amico Agim, e sarà costretto a vivere di stenti per lungo tempo. Imparerà anche a cogliere le differenze tra le diverse culture, e soffrirà sempre quando si troverà in situazioni in cui si conversa per stereotipi e per pregiudizi inconsapevoli, come gli accade regolarmente al corso di scrittura creativa a Berlino: “L’asfissiante conversazione che li coinvolge è una delle ragioni per cui non apprezzo la loro compagnia, uno dei motivi per cui preferisco stare da solo. Stanno parlando di sessualità, di genere e nazionalità, come fossero cose immutabili. Sui giornali compaiono dibattiti in cui è sempre un individuo a rappresentare la voce e la faccia di una comunità, senza che nessuno si preoccupi dei rischi di queste scelte.

Bujar avrà conferma di quanto l’esclusione possa essere determinata da ragioni economiche anche negli Stati Uniti: “In questa città un clandestino privo di documenti se la cava meglio di un cittadino senza un soldo in tasca, perché un clandestino può comprare qualcosa sottobanco”. La sua amica Maria, finlandese e residente da anni negli Stati Uniti, gli fa notare che la vita delle persone di colore è ancora più dura: “Credo che nessun bianco sia in grado di immaginare come sia la vita per una persona di colore”.

Il tema della sessualità ritorna anche durante la permanenza di Bujar in Spagna, quando si chiede “Perché non puoi essere una donna o un uomo semplicemente dichiarandolo, indossando vestiti da donna o da uomo, perché non ci si può presentare nel modo che si desidera?”

E anche il tema dell’emigrazione non viene trascurato nelle riflessioni di Bujar, che, con poche parole, descrive perfettamente la vita di tanti di noi: “La gente emigra da un Paese all’altro per avere migliori condizioni di vita, e nulla si dice o si fa disinteressatamente, ogni azione comporta la promessa di un domani migliore, il desiderio di raggiungere qualcosa che voglio, qualcosa che ritengo indispensabile”.

Una riflessione profonda sull’identità, che è, per se stessa, molteplicità. Una riflessione sull’appartenenza che ha, come altra faccia della medaglia, l’esclusione. Una riflessione sull’amore, che può diventare crudeltà. Questo romanzo di Statovci, che, attraverso il suo protagonista, contribuisce ad abbattere le barriere mentali di ogni tipo, che ci insegna che nel mondo non è tutto bianco o nero, ma esistono le diverse tonalità del grigio, e che ci ricorda che “Cambia, tutto cambia”, non poteva non essere presentato nel nostro blog Sconfinamenti.

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Questo blog nasce dall’incontro di tre persone emigrate volontariamente in età adulta dall’Italia in Svizzera e che in questo Paese hanno realizzato esperienze diverse in vari ambiti lavorativi e culturali. 

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