La parola tesoro in italiano richiama l’idea di qualcosa di prezioso, non solo in termini materiali ma anche affettivi.
In francese è immediato il richiamo a una parola simile e dal significato analogo, mentre in tedesco, Tresor significa cassaforte, luogo blindato in cui sono custoditi ma anche rinchiusi i beni più preziosi.
Queste considerazioni hanno probabilmente guidato i fondatori nella decisione di denominare appunto Tesoro l’associazione che ha tenuto il primo ottobre a Zurigo la sua assemblea costitutiva.
L’Associazione Tesoro si propone infatti di rappresentare gli interessi di tutte quei lavoratori stranieri che, a causa delle restrizioni imposte dai permessi di soggiorno allora in vigore, si sono visti negare il diritto al ricongiungimento familiare e quindi talvolta, come vedremo, hanno dovuto nascondere e tenere rinchiusi i loro affetti più preziosi. Nel 1934 in Svizzera fu introdotto lo Statuto di stagionale (A), che permetteva alle imprese di ingaggiare manodopera straniera per una stagione che durava al massimo nove mesi, durante la quale era proibito cambiare sia lavoro che domicilio e non era consentito il ricongiungimento familiare. La stessa legge prevedeva restrizioni anche per chi fruiva del permesso annuale (B).
Questa normativa fu abolita grazie all’introduzione degli accordi di libera circolazione fra Ue e Svizzera nel 2002; tuttavia, continuano a esistere contratti di lavoro di breve durata e altre forme di precariato, che sconvolgono tuttora la vita di intere famiglie. Con l’approvazione avvenuta nel 2014 dell’iniziativa Contro l’immigrazione di massa, la possibilità di dividere le famiglie di stranieri è di nuovo sancita dalla Costituzione svizzera. La denuncia e la lotta contro le forme legalizzate di discriminazione di ieri e di oggi, sono chiaramente indicate come obiettivi dell’associazione.
Tesoro ricerca, inoltre, un collegamento con le organizzazioni dei cosiddetti Verdingkinder, bambini strappati a famiglie povere e soggetti, fino al 1981, ad affidamento coatto disposto per via amministrativa, che subirono a loro volta violenze di ogni genere.
Dell’impossibilità dei ricongiungimenti familiari per le famiglie dei lavoratori stranieri fra il 1934 e il 2002 soffrirono soprattutto i bambini che potevano raggiungere i loro genitori solo per brevi periodi e che erano poi costretti a vivere in condizione di clandestinità o lontani dai loro genitori, affidati a qualche collegio o presso parenti o conoscenti; il loro numero complessivo viene prudentemente stimato, sulla base di recenti ricerche, fra i 10 e i 15.000. Questa condizione di illegalità o di separazione ha prodotto forme di incomprensione e di estraneità fra genitori e figli difficili da superare nel corso di un’intera esistenza,
Marina Frigerio, pscoterapeuta e psicologa dell’età evolutiva, figlia di emigrati ha raccolto in un libro uscito sia in edizione tedesca che italiana le testimonianze di alcuni di questi bambini di allora.
Molti di loro si sono successivamente inseriti in modo positivo nella società svizzera con un percorso complesso e doloroso, altri sono rimasti ai margini della società, non riuscendo minimamente a convivere con i loro traumi.
Resta il problema, come dichiarato nel comunicato stampa diramato dall’associazione al termine dell’assemblea, per tutti i bambini di allora di uscire dal silenzio e di trovare le parole per esprimere la sofferenza subita; questo è l’unico modo per superare il senso di colpa che, come la ricerca psicologica ha appurato, colpisce le vittime delle varie forme di violenza.
L’opinione pubblica elvetica deve, da parte sua prendere coscienza della violenza inflitta per legge a esseri umani innocenti e prendere posizione contro le forme di discriminazione tuttora esistenti e che tendono continuamente a perpetrarsi.
Per questo l’associazione chiede una rielaborazione, frutto di ricerche storiche finanziate con denaro pubblico, un riconoscimento ufficiale delle sofferenze inflitte e un adeguato risarcimento finanziario delle loro conseguenze.
Si tratta insomma per tutta la società svizzera di compiere uno sforzo collettivo rivolto al passato per costruire un presente e un futuro migliore per tutti, senza inutili rancori e recriminazioni che contribuirà a migliorare la qualità della nostra democrazia.
NOTA
Nella foto in apertura di articolo i membri del Direttivo eletti dall’Assemblea. Da sinistra a destra : Melinda Nadj Abonji, Lorena Gulino, Paola De Martin (Presidente), Catia Porri, Egidio Stigliano (Vice_Presidente.) Nella foto non compare Sava Buncic