Jenisch in Svizzera: un crimine contro l’umanità.

In Svizzera è stato perpetrato nei confronti della minoranza jenisch un crimine contro l’umanità con la complicità e l’attiva partecipazione delle autorità confederali.

Con questa ammissione il 20 febbraio la Consigliera federale Elisabeth Baume -Schneider ha rinnovato e rafforzato le scuse dell’esecutivo svizzero per il trattamento disumano riservato in particolare fra il 1926 e gli anni ’70 alla comunità jenish.

Questa importante presa di posizione ufficiale tiene conto delle conclusioni di un’approfondita perizia legale affidata dall’esecutivo elvetico al giurista Oliver Diggelmann, esperto di diritti umani, a seguito di una lettera aperta pubblicata all’inizio dell’anno scorso dai rappresentanti delle comunità jenisch e sinti.

Gli Jenisch sono un popolo in parte nomade diffuso in tutta Europa ma, a differenza di altre popolazioni nomadi come i Rom e I Sinti, hanno un’origine germanica e una lingua celtica, prevalentemente orale, con presenza di influssi yddisch.

La comunità jenisch in Svizzera si colloca attualmente in termini numerici al quarto posto in quanto annovera  circa 35.00 unità di   cui 5.000 nomadi.

Nel corso del tempo la comunità ha subito costanti persecuzione in varie parti d’Europa; durante il nazismo in Germania gli Jenisch furono discriminati e perseguitati alla stessa stregua dei Rom e dei Sinti e un numero imprecisato di loro finì nei campi di concentramento e di sterminio.

Per quanto riguarda la Svizzera, in epoca moderna è attestato un processo contro persone jenisch svoltosi a Lucerna nel 1825 che si concluse, a seguito di confessioni estorte con la tortura, con condanne detentive per presunti “crimini contro la società”. Proprio per combattere il loro “carattere antisociale” fu attuata nei loro confronti una politica volta a distruggere la loro identità, sottraendo i figli alle famiglie con l’obiettivo di annullarne le caratteristiche culturali e linguistiche.

Il possesso della cittadinanza svizzera non protesse gli Jenish dalle persecuzioni. che si protrassero anche nel periodo successivo.

Questa politica repressiva fu portata avanti dalle autorità comunali e cantonali fino al 1926, quando, in un clima culturale caratterizzato anche in Svizzera da teorie eugenetiche Alfred Siegler,  responsabile della Sezione Scolarità infantile dell’Associazione Pro Juventute fondò l’Opera di assistenza per i bambini di strada con lo scopo dichiarato di combattere lo stile di vita nomade degli Jenitsch, attraverso la distruzione dei loro legami familiari e comunitari.

Due anni prima di questa iniziativa Siegler era stato licenziato dal suo ruolo di insegnante a Basilea per abusi sessuali ai danni di un alunno minorenne.

In primo luogo, bambini/e appartenenti a famiglie jenitsch, non solo nomadi ma anche stanziali, furono strappati a forza alle loro famiglie, e relegati in appositi istituti o affidati a genitori estranei alla loro comunità, spesso a famiglie contadine come manodopera semi schiavistica.

In alcuni casi i minori erano posti sotto tutela dello Stato e collocati in orfanatrofi, cliniche psichiatriche e riformatori. Spesso gli stessi i genitori venivano dichiarati malati di mente per giustificare la sottrazione dei loro figli. Questo tipo di persecuzioni riguardò anche persone della comunità sinti.

Oltre a questo, furono attuate pratiche eugenetiche basate su sterilizzazioni coatte, divieti di matrimonio o limitazione forzata delle nascite. Queste pratiche persecutorie durarono fino agli i anni ’70 quando furono interrotte a seguito della coraggiosa e circostanziata denuncia del giornalista Hans Caprez, scomparso l’anno scorso, che pubblicò su Beobachter, periodico della Svizzera tedesca, uno sconvolgente reportage che dimostrava la sistematica persecuzione condotta nei confronti di questa minoranza.

 Si stima che i minori sottratti alle loro famiglie soprattutto da parte dell’associazione capeggiata da Siegler con la complicità di comuni e cantoni fra il 1926 e il 1974 sia stato di circa duemila. Nei cinquanta anni successivi alla denuncia del giornalista la situazione è cambiata; gli Jenitsch hanno ricevuto le scuse delle autorità elvetiche e sono stati riconosciuti come minoranza da tutelare, fruendo anche di provvedimenti economici a parziale risarcimento dei soprusi sofferti. Si sono inoltre susseguiti gli studi e le pubblicazioni per far luce sulle loro vicende; in particolare Mariella Mehr, dopo aver subito gravi soprusi in quanto jenisch , con la sua opera letteraria, poetica e pubblicistica, in gran parte tradotta in italiano, ha  fornito una testimonianza importante della persecuzione subita dalla sua gente. Alla Mostra del cinema di Venezia del 2023 il film Lubo, diretto dal regista Giorgio Dritti, tratto da un romanzo di Mari Cavatore ha portato ulteriormente alla luce le vicende degli Jenitsch in Svizzera.

https://www.mymovies.it/film/2023/lubo

Accanto ai misfatti compiuti con il consenso e l’appoggio di autorità svizzere è emersa però l’opposizione non solo di persone jenisch ma anche di educatori alla sottrazione di bambini/e ai loro genitori.

Tuttavia, la comunità jenisch in questi anni ha sempre sostenuto che ci sia ancora molto da fare per far luce, ad esempio sulla collaborazione di settori influenti del mondo medico che hanno fornito nel corso del tempo una giustificazione pseudoscientifica delle persecuzioni, basandosi su teorie eugenetiche del tutto analoghe alle teorie e alle pratiche naziste

All’inizio del 2024 i rappresentanti della comunità Jenitsch e Sinti, anch’essa oggetto di discriminazioni e persecuzioni, hanno chiesto al governo elvetico di riconoscere la sistematica distruzione di famiglie appartenenti alle due comunità come “genocidio culturale”.

Il Professor Diggelmann ha accertato con la sua perizia le responsabilità della Confederazione, dei Cantoni e dei Comuni per i crimini perpetrati contro Jenisch e Sinti che non sarebbero stati possibili senza la partecipazione anche finanziaria di tali istituzioni.

Per quanto riguarda l’accusa di genocidio culturale Diggelmann afferma che esso non è definito in modo esplicito nel diritto internazionale.

I rappresentanti delle comunità jenisch e sinti si riservano di esaminare e commentare in modo circostanziato gli esiti della perizia e la posizione del governo ma hanno espresso un giudizio positivo sulla direzione che esse sembrano indicare riconoscono in modo più esplicito rispetto al passato le responsabilità dirette delle istituzioni elvetiche.  La posizione del governo sembra un passo importante verso una necessaria presa si coscienza che può solo giovare alla qualità della democrazia svizzera nel suo complesso; chiedere scusa e riconoscere i diritti di una minoranza che ha conosciuto una simile persecuzione non basta senza un riconoscimento pubblico dei crimini commessi e la denuncia di tutti i responsabili.  Si tratta di un processo avviato che dovrà essere perseguito e rafforzato, sperando che abbia ricadute positive anche verso tutte le persone povere ed emarginate che sono presenti anche nella ricca Svizzera

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Questo blog nasce dall’incontro di tre persone emigrate volontariamente in età adulta dall’Italia in Svizzera e che in questo Paese hanno realizzato esperienze diverse in vari ambiti lavorativi e culturali. 

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