Ma i droni non fanno il miele

I programmi di contenimento del riscaldamento globale approvati dai singoli Stati in ottemperanza agli accordi di Parigi del 2015 stanno subendo un arresto o quanto meno un deciso rallentamento.

Capofila di questa tendenza è il negazionista Trump che ha proclamato l’uscita degli Usa da quegli accordi ma anche in altre parti del mondo è tutto un susseguirsi di rinvii e di ammorbidimenti in nome naturalmente delle superiori esigenze dell’economia.

Cresce di pari passo l’illusione di miracolistiche soluzioni tecnologiche tali da permettere un superamento della crisi climatica senza radicali cambiamenti nelle modalità di produzione e di consumo, soprattutto da parte dei Paesi più economicamente sviluppati che in tal modo pretendono di mantenere intatti i loro privilegi.

“Non esiste un Pianeta B”: così recita uno degli slogan più diffusi dei movimenti ecologisti di tutto il mondo che richiama all’ovvia necessità di salvare la Terra modificando profondamente il sistema di vita che ci sta portando sull’orlo della distruzione.

Una delle visioni allucinate di Elon Musk immagina invece che, dopo aver reso inabitabile le Terra, l’umanità o più probabilmente una ristretta élite di predestinati fra i massimi responsabili dell’attuale disastro, possa trovare rifugio su Marte.

Senza arrivare a questi immaginifiche distopie non mancano esempi estremi, solo apparentemente più realistici, di salvifiche illusioni tecnologiche come quella di un gruppo di scienziati che nel 2019 prospettarono la possibilità di provocare copiosissime nevicate artificiali sull’Antartide come contromisura allo scioglimento dei ghiacci di quella regione, confessando peraltro  di non essere in grado di valutare l’impatto ambientale collaterale dell’eventuale adozione di una misura così drastica.

Il fisico italiano Cesare Marchetti, creatore a suo tempo del termine geo engineering (ingegneria della terra), concepì, già nel 1977, il progetto di sottrare una parte dell’anidride carbonica in eccesso nell’atmosfera e di iniettarla nel fondo marino, nei pressi dello Stretto di Gibilterra. Questo progetto per fortuna non venne mai realizzato in quanto avrebbe probabilmente aggravato il processo già in atto di eccessiva acidificazione degli oceani in quanto l’anidride carbonica a contatto con l’acqua produce acido carbonico che oltre una certa proporzione determina gravi ripercussioni negative su tutte le forme di vita marina.

Molti di questi tentativi basati prevalentemente su soluzioni tecnologiche non tengono conto degli effetti collaterali che producono o nel migliore dei casi risultano a lungo andare inefficaci come l’idea di alcuni scienziati dell’Università di Harvard, di disperdere particelle di carbonato di calcio  nell’atmosfera che, riflettendo la luce solare, le impedirebbe di raggiungere la superficie terrestre determinando una diminuzione della temperatura i cui effetti tuttavia sarebbero di breve durata.

Gli esempi di tentazioni tecnologiche con lo scopo di eludere la necessità di affrontare alla radice i più urgenti problemi ambientali sono numerosi anche al di fuori del campo dell’ingegneria della terra.

A molti appare credibile la possibilità che il rilancio di un’energia atomica pulita possa essere una soluzione  efficace per produrre energia in modo non inquinante con tecnologie   però, nella migliore delle ipotesi, di incerta e non imminente applicazione su scala industriale e con un impiego di capitali di difficile reperibilità, tutte problematiche che abbiamo affrontato in un nostro podcast sull’argomento.

Quindi la tecnica non può favorire i processi di difesa dell’ambiente e di contenimento del riscaldamento climatico?

Certamente può farlo ma solo se utilizzata per affiancare   coerenti programmi di trasformazione economica e sociale che aggrediscano e modifichino realmente le cause dell’attuale situazione critica.

Per fare un esempio di possibili diversi approcci, potrei citare il modo in cui si sta affrontando il gravissimo problema che affligge l’esistenza delle api a causa del progressivo venir meno del loro habitat, dell’uso indiscriminato di determinati pesticidi e di parassiti letali per questi preziosi insetti.

Mi ha molto colpito la visione di un documentario in cui venivano mostrati dei droni-ape che dovrebbero sostituire le api   nelle operazioni di impollinazione, indispensabile per la produzione alimentare e la salvaguardia di fondamentali equilibri ambientali.

I droni possono essere la soluzione per ovviare a una possibile, totale scomparsa delle api?

Come prima osservazione verrebbe da osservare che i droni non producono miele, cibo fra parentesi molto gradito al sottoscritto e comunque alimento benefico, Ma a parte questo non trascurabile aspetto una soluzione così radicale sarebbe impraticabile e avrebbe effetti non prevedibili su complessi ecosistemi.

I droni possono essere utili in situazioni parziali e di emergenza ma la loro diffusione non può avvenire senza al tempo stesso rimuovere le cause che attualmente mettono a repentaglio l’esistenza delle api e le conseguenze che ne deriverebbero. Greenpeace Italia  ha lanciato una  campagna di sensibilizzazione sul fenomeno, sollecitando interventi efficaci per contrastarlo.

Oltretutto, rimuovere le cause che minacciano l’esistenza delle api sarebbe al tempo stesso un progresso anche per la difesa della salute degli esseri umani in quanto, per esempio, l’impiego incontrollato di determinati pesticidi in agricoltura, danneggia anche gli esseri umani.

Come abbiamo visto la superstizione tecnologica è sostenuta in modo interessato da forze economiche che  non hanno nessun interesse a risolvere i più urgenti problemi ambientali e a rinunciare a determinati privilegi.

La risposta non è una rinuncia altrettanto superstiziosa a strumenti tecnologici innovativi purché al servizio di un effettivo progetto di contrasto  al cambiamento climatico.

Questo naturalmente richiede anche l’impiego di ingenti risorse che potrebbero essere disponibili con progetti di rilancio di un’economia verde attualmente oscurati da un massiccio ricorso all’economia di guerra.

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Questo blog nasce dall’incontro di tre persone emigrate volontariamente in età adulta dall’Italia in Svizzera e che in questo Paese hanno realizzato esperienze diverse in vari ambiti lavorativi e culturali. 

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