Addio Lugano bella: una canzone ricca di storia

Molti conoscono il canto anarchico Addio Lugano bella, ma non altrettanto le vicende storiche ad esso legate e la figura di Pietro Gori, autore del testo.

Cominciamo ad ascoltare la canzone, in una vecchia interpretazione, eseguita fra gli altri da Giorgio Gaber ed Enzo Jannacci:

Pietro Gori, una figura carismatica del movimento anarchico di fine Ottocento, decide, il 9 luglio del 1894, di rifugiarsi a Lugano perché accusato, fra l’altro, dalla stampa borghese, di essere l’ispiratore dell’assassinio del Presidente francese Sadi Carnot, avvenuto il 24 giugno dello stesso anno. Sono anni molto duri in Italia e in Europa, dove repressione liberticida da parte dei governi e deriva terroristica di una parte del movimento anarchico si alimentano a vicenda. In Italia il governo Crispi fa approvare dal Parlamento, in quello stesso mese di luglio del 1894, tre leggi repressive esplicitamente rivolte contro gli anarchici.

Gori, in realtà, non è un fautore di isolate azioni terroristiche come dimostra la sua attiva partecipazione a una riunione clandestina di anarchici svoltasi nella località svizzera di Capolago nel 1891; in quell’occasione era stata decisa la costituzione del Partito anarchico socialista rivoluzionario, un’organizzazione schierata su posizioni radicali e antiparlamentari, che tuttavia privilegiava l’azione di masse organizzate rispetto a gesti terroristici individuali. Tuttavia, la volontà di non rompere l’unità del movimento anarchico induceva Gori e gli altri capi anarchici a non condannare esplicitamente le forme anche più estreme di individualismo rivoluzionario.

La scelta di rifugiarsi a Lugano non è casuale; oltre alla vicinanza con l’Italia, che permette a Gori e ai suoi compagni di continuare a mantenere intensi contatti organizzativi con il loro Paese, pesa il fatto che in questa cittadina, che a fine Ottocento conta circa cinquemila abitanti, è già radicata una piccola comunità di anarchici italiani. Inoltre, Lugano e la Svizzera in genere possono vantare una consolidata tradizione di ospitalità verso chi vi cerca rifugio. La casa dove Gori trova alloggio diventa presto un vero e proprio centro di organizzazione rivoluzionaria rivolta sia verso l’Italia che al proselitismo verso i lavoratori ticinesi.

Al suo arrivo nell’esilio luganese, Gori comprende subito che la situazione è meno favorevole, per gli anarchici, di quella che aveva trovato a Capolago pochi anni prima. Da un lato le autorità elvetiche subiscono forti pressioni, non solo da parte del governo italiano, per negare l’ospitalità agli anarchici italiani, dall’altro la stessa opinione pubblica ticinese mostra una crescente ostilità nei loro confronti. Il nuovo giornale liberale Corriere del Ticino non perde occasione per aizzare l’opinione pubblica locale contro gli anarchici e i sovversivi italiani in genere e per chiedere, alle autorità competenti, adeguati provvedimenti. In questo clima Gori, in settembre sfugge a un attentato; uno sconosciuto spara contro di lui un colpo di pistola che lo colpisce di striscio.

Così, quando, nel gennaio del 1895, il Consiglio federale firma un ordine di espulsione a cui segue immediatamente l’arresto di Gori, insieme ad altri tredici anarchici, tre socialisti e un repubblicano, tutti italiani, solo la stampa radicale protesta per l’arbitrarietà del provvedimento e la brutalità poliziesca, in assenza di qualsiasi contestazione concreta di reato. Nella settimana trascorsa in carcere Pietro Gori scrive due testi, fra cui Il canto degli anarchici espulsi, che diventerà Addio Lugano bella. La poesia viene dapprima tramandata oralmente, per diventare  poi, sull’aria di un canto popolare toscano, una canzone che nel 1899 viene trascritta nel Canzoniere ribelle,  diventando  patrimonio dell’intero movimento operaio italiano.

Lo storico Massimo Bucciantini, autore di un bel saggio sulla genesi della poesia-canzone messa in relazione con il contesto storico e con la  vita e l’opera di Pietro Gori, sottolinea la “bella retorica della canzone “ e ne individua i motivi del successo nelle forti immagini degli anarchici cacciati ingiustamente ma fieri dei principi che ispirano la loro azione. Il testo inoltre è in grado di far breccia negli animi della gente semplice in quanto evoca “la predicazione evangelica dei primo cristiani.” 

Questa capacità comunicativa, in grado di trasmettere in modo semplice e immediato gli elementi essenziali della dottrina anarchica, è una caratteristica costante di tutta l’attività politica e organizzativa di Pietro Gori, iniziata fin dagli anni giovanili a Livorno, a Pisa e proseguita poi a Milano e in esilio. Il richiamo al cristianesimo delle origini come antecedente del pensiero anarchico è del resto presente in maniera esplicita nei discorsi e negli scritti di Gori e di altri attivisti anarchici del tempo.

Sempre secondo Bucciantini, il tono malinconico della canzone sembra esprimere anche la consapevolezza della fine di un’epoca contrassegnata dal declino in tutta Europa, Inghilterra a parte, della diffusione degli ideali anarchici. La leadership dei vari movimenti popolari è ormai irreversibilmente passata ai partiti socialisti di ispirazione marxista.

Il 5 febbraio Pietro Gori viene accompagnato alla frontiera di Basilea; trascorrerà il resto della sua breve vita fra Inghilterra, Stati Uniti, Canada, Argentina senza mai rinunciare alla sua attività di agitatore politico, nemmeno dopo il ritorno in Italia per motivi di salute; colpito da tubercolosi muore, a Portoferraio nel 1911. 

Oggi solo un originale murale, creato da Agostino Iacurci nel 2012, ricorda la presenza breve ma significativa di Pietro Gori a Lugano, mentre il suo nome è presente nella toponomastica di numerose città italiane. E soprattutto nella bella canzone legata indissolubilmente al suo nome.

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Questo blog nasce dall’incontro di tre persone emigrate volontariamente in età adulta dall’Italia in Svizzera e che in questo Paese hanno realizzato esperienze diverse in vari ambiti lavorativi e culturali. 

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