Città a trenta all’ora

“Città trenta è la definizione sintetica con cui viene indicato, in Italia, un progetto   di mobilità urbana che si propone, di mettere le persone, la loro sicurezza e il loro benessere al centro della vita delle città. Si tratta   di una prospettiva di cui in Europa si discute da oltre cinquant’anni e che è stata gradualmente introdotta in numerose città europee, incontrando un diffuso consenso nell’opinione pubblica e che quindi è ormai uscito da una fase sperimentale anche grazie al crescente consenso delle autorità europee.

Una sua ulteriore capillare diffusione implica tuttavia la necessità di vincere resistenze e pregiudizi nell’opinione pubblica e nelle autorità di molte città. A questo scopo, per quanto riguarda l’Italia, una serie di associazioni che si pongono come obiettivo una mobilità sostenibile, coordinate dalla Fiab (Federazione italiana Ambiente e Bicicletta) hanno redatto all’inizio di quest’anno un vademecum di informazione e di proposta in merito.

https://www.fiab.info/download/VademecumCITTA30.pdf

Innanzitutto, Città 30 intende garantire ai cittadini di muoversi senza il sanguinoso tributo di morti e feriti provocato ogni anno dagli incidenti, soprattutto sulle strade cittadine e che è la prima causa di morte dei giovani fino ai 24 anni.  Nell’area urbana di Helsinki nel 2019 è stata introdotto, ad esempio in modo generalizzato il limite di 30 e alla fine dell’anno non si è registrata nessuna vittima né fra i pedoni né fra i ciclisti. Dati incoraggianti si registrano in altre città dove sono stati avviati progetti analoghi quali, ad esempio, Graz, Grenoble e Londra.

Questo progetto intende inoltre ridurre l’inquinamento senza di fatto ostacolare, come i suoi detrattori tendono a far credere, la fluidità del traffico veicolare e in generale delle varie forme di mobilità urbana. Il limite di 30, come le esperienze già in atto dimostrano, accresce infatti la scorrevolezza del traffico   e limita le emissioni nocive in quanto riduce notevolmente le continue soste e ripartenze inevitabili con velocità più elevate.

Il progetto Città 30 presuppone innanzitutto di introdurre il limite di velocità di 30 chilometri nel 90% delle strade urbane, riservando quello di 50 solo ad alcune arterie di scorrimento. In molti casi questo avviene come naturale evoluzione in realtà urbane dove già esistono aree in cui già sono in vigore i limiti indicati.

 L’introduzione diffusa di questi nuovi limiti si accompagna necessariamente ad altri interventi infrastrutturali, molto più complessi, tesi al superamento di una logica che pone ancora troppo spesso il trasporto motorizzato privato al centro della mobilità urbana. In questa transizione verso una città a misura d’uomo è auspicabile che si creino inoltre le condizioni per una progressiva rinuncia all’uso dei veicoli motorizzati privati che dovrebbe diventare il più possibile superfluo e, in prospettiva, privo di emissioni inquinanti e climalteranti.

Anche in Italia esistono diverse realtà che hanno introdotto zone più o meno ampie di traffico a velocità limitata e in alcuni casi sono state avviate le trasformazioni infrastrutturali in grado di rispondere in pieno, sia pur gradualmente, alle caratteristiche del progetto Città 30.

Fra le grandi città italiane si segnala il caso di Bologna dove dal 3 luglio di quest’anno è in vigore il limite di 30 sul 70% delle strade urbane che diventa il 90% nella parte più densamente popolata della città. Nei primi sei mesi dall’introduzione della nuova normativa l’Amministrazione del capoluogo emiliano non prevede di comminare multe ma di puntare piuttosto su una massiccia campagna di informazione e di persuasione.

Naturalmente Città 30 è una proposta molto complessa dal punto di vista economico e dell’organizzazione dello spazio urbano.

Non meno impegnativa si presenta la necessità di costruire un consenso intorno a una proposta che costituisce un cambiamento radicale nel modo stesso di concepire la nostra vita e i nostri spostamenti all’interno della città.

Molti di noi danno per scontato, volenti o nolenti, che la città debba essere organizzata in funzione della circolazione veicolare motorizzata e non viceversa.

Si tratta dunque di prospettare come il cambiamento proposto sia non solo possibile e necessario ma anche auspicabile in quanto produrrà un miglioramento della qualità della vita di tutti, anche di coloro che oggi lo avversano. L’esempio della città di Graz può essere a questo proposito significativo; quando trent’anni fa iniziò la transizione, questo modello di mobilità riscuoteva un consenso molto basso che però solo due anni dopo era già diventato plebiscitario.

Questo modo positivo e propositivo di prospettare i problemi e le loro soluzioni dovrebbe del resto diventare una costante di tutta la propaganda ecologista che dovrebbe essere insistere sul fatto che un maggior rispetto dell’ambiente più che imporre rinunce e sacrifici, prepara condizioni di vita migliori per tutti

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Questo blog nasce dall’incontro di tre persone emigrate volontariamente in età adulta dall’Italia in Svizzera e che in questo Paese hanno realizzato esperienze diverse in vari ambiti lavorativi e culturali. 

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