Il tempo di crisi che stiamo vivendo, con la pressante necessità di un percorso per uscirne, sembra favorire una giusta rivalutazione della competenza tecnica e scientifica, anche come superamento dell’ubriacatura populista, incapace al contrario di indicare soluzioni: i tuttologi di vario tipo laureati su Facebook o all’”università della vita” sembrano perdere terreno di fronte a chi dimostra di possedere reali e fondate conoscenze.
Questa tendenza in sé positiva cela però dei pericoli di cui si avvertono già le prime avvisaglie.
Esiste in primo luogo la possibilità che l’esperto di turno, in possesso di conoscenze profonde ma pur sempre settoriali, si erga, con il plauso dei suoi seguaci, a possessore di una verità assoluta e indiscutibile.
Capita oggi spesso che, nel bel mezzo di una discussione su una tematica di interesse generale, chiunque si azzardi a esprimere dubbi o riserve legittimi rispetto all’opinione di chi ha maggiori competenze, venga messo a tacere in quanto, appunto, incompetente.
Nei casi estremi, ci si spinge addirittura a teorizzare l’esclusione dal diritto di voto di chi non si mostri abbastanza competente o comunque non in possesso delle conoscenze che gli permettano di apprezzare la competenza altrui.
In questo modo si rischia di creare un nuovo conformismo che non aiuta a risolvere i problemi e che alla lunga potrebbe ridar fiato proprio a quella deriva antiscientifica che si credeva superata e che è in parte una risposta sbagliata a un’esigenza di per sé legittima.
Perché molti diffidano delle competenze specifiche considerandole soggette a malefiche manipolazioni di poteri occulti e si affidano alla credenza in improbabili fatti alternativi o in oscure teorie complottistiche? Escludendo che questo fenomeno, se non altro per l’ampiezza della sua diffusione, possa essere attribuito esclusivamente a malafede generalizzata o a ignoranza diffusa, bisogna riconoscere che esso ha le sue radici nella fondata convinzione che i meccanismi decisionali che governano tutti gli aspetti della vita di ciascuno di noi sfuggano totalmente al nostro controllo e alla nostra partecipazione; il bisogno di riprendere in qualche modo in mano aspetti importanti della nostra esistenza, senza la fatica di fare i conti con la complessità del reale, spiega il successo di demagogiche scorciatoie conoscitive che hanno oltretutto l’accattivante fascino di individuare sempre un nemico immaginario da combattere.
Abbiamo quindi più che mai bisogno di esperienza e di competenza ma abbiamo bisogno anche di esperti dotati dell’umiltà di comprendere i limiti e la parzialità del loro campo d’azione e della capacità di dialogare con le persone, di rispondere alle loro domande, alle loro esigenze e alle loro paure.
Il politico ha la responsabilità di prendere decisioni che influenzano la vita di tutti i cittadini, tenendo conto di diversi aspetti dei problemi e deve per questo ricorrere alla consulenza di specialisti in vari ambiti, in possesso di approfondite conoscenze specifiche, che ovviamente i non esperti del singolo settore non sono in grado di padroneggiare compiutamente.
D’altra parte le competenze specialistiche, che sono pur sempre parziali, richiedono a loro volta, per essere tradotte in provvedimenti concreti, di un’indispensabile sintesi dei vari saperi settoriali che spetterebbe alla politica operare, anche se spesso essa non appare all’altezza di questo compito.
Il concetto stesso di competenza andrebbe poi rivisitato e allargato: le strutture portanti delle nostre società hanno bisogno certamente di competenze tecnico-scientifiche anche teoriche di altissimo livello ma anche del contributo di chi, a vario titolo, è coinvolto nel loro funzionamento.
Un ospedale efficiente si regge naturalmente sul massimo livello di competenze mediche e sul più alto livello possibile di efficienza organizzativa ma ha bisogno anche dell’esperienza maturata sul campo da tutti i suoi operatori e dell’attento ascolto delle esigenze dei pazienti.
Un complesso industriale ben funzionante richiede grandi competenze economiche e un’efficiente organizzazione del lavoro ma non potrà prescindere dall’esperienza di chi lavora al suo interno e che matura a sua volta una forma diversa di competenza anche pratica.
Una democrazia matura ed efficiente necessita insomma di competenze sempre più diffuse che possono naturalmente crescere migliorando il livello di istruzione dell’intera popolazione. E di una politica in grado di svolgere, anch’essa in modo competente, il proprio ruolo.