Contro il complesso militare-industriale israeliano

È ormai largamente diffusa a livello internazionale la convinzione che l’azione militare israeliana a Gaza non possa essere in alcun modo giustificata; essa   colpisce indiscriminatamente una popolazione a cui non può essere ovviamente attribuita una responsabilità collettiva per le azioni criminali di Hamas, a cominciare ovviamente dall’eccidio del 7 ottobre 2023.

Si moltiplicano le prese di distanza internazionali dal militarismo scellerato del governo Netanyahu anche da parte di chi finora ha sempre appoggiato acriticamente ogni aspetto dell’oppressione da parte israeliana della popolazione palestinese; queste proteste, tuttavia, se non sono sostenuta da concrete misure di interruzione dei rapporti di collaborazione soprattutto in campo militare, rischiano di rimanere del tutto inefficaci.

Cerchiamo di capire meglio alcune caratteristiche dell’intreccio fra industria ed esercito israeliano e le relazioni commerciali   connesse, mettendo in evidenza in particolare gli scambi in campo militare di Israele con la Svizzera   con l’Italia.

Elbit Systems è la più grande azienda israeliana nel settore militare; insieme ad aziende da essa controllate produce droni e vari tipi fi tecnologie militari di avanguardia per la guerra elettronica, sia per il florido “consumo” interno, che per l’esportazione,

Andrew Feinstein, autore di un fondamentale saggio sul traffico internazionale di armi, sostiene    che forniture di droni, munizioni e artiglieria di Elbit svolgono un ruolo di primo piano nello sterminio in atto a Gaza

https://us.macmillan.com/books/9781250013958/theshadowworld

Pur trattandosi di un’industria privata Elbit è un tassello  fondamentale del complesso affaristico militare israeliano e fornisce   alle forze terrestri del Paese   l’80% egli armamenti e l’85% dei droni  Data l’impegno militare israeliano su più fronti  di uno degli eserciti più  agguerriti del mondo già il mercato interno costituisce  un ottimo business ma  lo sviluppo dell’azienda, soprattutto in proiezione futura, è legato  alle esportazioni che, dopo aver raggiunto un picco dell’80% del suo fatturato complessivo,  sono calate al 58% nel  quarto trimestre 2024. Questo calo è dovuto soprattutto alle difficoltà incontrate nei mercati del cosiddetto Sud globale dove è più forte l’opposizione alla politica militare israeliana

Le continue operazioni militari israeliane, tuttavia, compreso lo sterminio in atto a Gaza, si stanno rivelando un ottimo affare per Elbit, che ha visto raddoppiare il proprio fatturato rispetto a dieci anni fa.

Il giornalista australiano Antony Loewenstein sostiene che Israele utilizza i palestinesi di Gaza come cavie per lo sviluppo di sistemi di armamento e di sorveglianza che poi saranno sicuramente vendutti e utilizzati in altri conflitti. https://www.versobooks.com/en-gb/products/2684-the-palestine-laboratory?srsltid=AfmBOoqNozvbjW8RIS4YUjmOrfY3grcJrHlGg6IRy5vgjOYvDqlsd7Y0

Alle varie esposizioni internazionali organizzate per incrementare il commercio di armi, Elbit è sempre in prima fila con la sua produzione di avanguardia.

Anche se il governo svizzero nega l’esistenza di una collaborazione organica con l’industria militare israeliana, le cose non stanno così e proprio le relazioni con Elbit ne sono la prova più evidente.  Nel 2010 l’allora consigliere federale Ueli Maurer gettò le basi di un accordo per l’acquisizione da parte svizzera di un modernissimo sistema di droni. Accordi analoghi furono sottoscritti negli anni successivi da molti altri Stati tanto che la vendita di droni è attualmente il miglior affare per l’industria israeliana.

L’affare si è rivelato in seguito per la Svizzera un flop clamoroso tanto che nessuno dei droni acquistati è attualmente in grado di operare.

Le relazioni commerciali fra la Svizzera e la società israeliana, con sede principale ad Haifa si sono tuttavia ulteriormente intensificati al punto che Elbit ha aperto una propria filiale  a Berna e un centro sperimentale nei pressi di Thun.

Nell’0ttobre del 2019 il governo svizzero ha sottoscritto con Elbit un ulteriore contratto di 300 milioni di franchi per l’ammodernamento dei sistemi di comunicazione militare. Nel quadro degli accordi la Svizzera esporta a sua volta forniture militari, prodotte da 60 aziende elvetiche per un ammontare complessivo  di 210 milioni di franchi.

Secondo Feinstein, la presa di coscienza e la protesta dell’opinione pubblica ha prodotto la chiusura di stabilimenti della Elbit nel Regno Unito e una conseguente riduzione dei profitti.

È necessario perciô che lo stesso esempio venga seguito da altri Paesi, in primo luogo dalla neutrale Svizzera che non può, contravvenendo oltretutto alle regole stesse della propria neutralità, continuare a intrattenere rapporti commerciali in tema di armamenti con un Paese costantemente impegnato in conflitti.

L’Italia ha a sua volta sottoscritto nel 2003 con Israele un accordo di cooperazione militare che viene tacitamente rinnovato ogni cinque anni e che il governo ha recentemente dichiarato di voler prorogare nonostante le proteste di vasti settori democratici, ivi comprese organizzazioni ebraiche. L’ Italia ha fornito fra il 2020 e il 2024, secondo un rapporto del Sipri di Stoccolma, l’1% delle armi importate da Israele.

Per quanto riguarda le importazioni italiane, Elbit svolge un ruolo crescente di collaborazione nel campo della tecnologia applicata alla difesa; esiste poi una partnership privilegiata fra Elbit e Leonardo del gruppo Finmeccanica per la fornitura di droni di ultima generazione.

Nessuno vuole ovviamente che Israele rinunci a legittimi strumenti di difesa della propria esistenza nei ma non risulta accettabile la  violazione dei diritti umani e del diritto internazionale   calpestati dallo Stato mediorientale che oltretutto continua con la propria politica  di insediamenti di coloni protetti dall’esercito a negare  il diritto altrettanto legittimo dei palestinesi ad avere un proprio Stato; per questo motivo cessare la collaborazione economica  internazionale a partire dal  settore  militare appare il metodo pacifico più efficace per porre fine ai crimini israeliani.

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Questo blog nasce dall’incontro di tre persone emigrate volontariamente in età adulta dall’Italia in Svizzera e che in questo Paese hanno realizzato esperienze diverse in vari ambiti lavorativi e culturali. 

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