Ecocidio: le armi uccidono anche l’ambiente

Gli eserciti sono fra i maggiori responsabili delle emissioni di gas a effetto serra e, più in generale, della devastazione dell’ambiente sia in tempo di pace che ancor più   quando esplode un conflitto.

Amitav Ghosh in un bellissimo saggio da poco tradotto in italiano sottolinea che l’esercito Usa è   il maggiore consumatore di energia degli Usa e probabilmente del mondo.

Un solo caccia F16, dei circa mille in dotazione all’esercito statunitense, consuma in un’ora 6500 litri di carburante che diventano 54500 se vengono azionati anche i postbruciatori.

https://neripozza.it/libri/la-maledizione-della-noce-moscata

Roberto Mezzalama, esperto ambientale, stima che il Pentagono utilizzerà nell’anno in corso circa 82 milioni di barili di petrolio, corrispondenti al consumo annuale dell’intera Finlandia. Fra il 2001 e il 2017 le emissioni di Co2 delle forze armate statunitensi sono calcolabili in 1,2 miliardi di tonnellate, pari al doppio delle emissioni annuali delle auto che circolano negli Usa.  Il dipartimento della Difesa statunitense produce inoltre ogni anno 500.000 tonnellate di rifiuti tossici.

Le zone in cui si trovano i poligoni di tiro in Sardegna sono interessate da pesanti forme di inquinamento del suolo.

Lo sforzo prodotto, soprattutto   dagli Usa, per l’utilizzo di fonti energetiche alternative non è in grado, al momento, di produrre risultati significativi né tantomeno di compensare la crescita dei danni ambientali prodotti dall’attuale corsa generalizzata al riarmo.

Ovviamente ai dati relativi agli Usa si aggiunge l’impatto ambientale determinato da tutti gli altri eserciti esistenti su cui si possono fare solo stime in mancanza di dati certi.

Si ritiene, ad esempio, che il 50% delle emissioni de Regno Unito siano da attribuire alle Forze armate

Se l’ambiente risulta compromesso nei periodi di pace, la situazione diventa ovviamente ancora più drammatica quando esplode un conflitto le cui conseguenze non terminano certo con la fine delle ostilità.

Nella Francia settentrionale ma anche in alcune zone del Belgio e della Germania ancora oggi molti terreni agricoli risultano impraticabili a causa della presenza di ordigni inesplosi della Prima Guerra mondiale che ancora oggi potrebbero esplodere e che comunque emanano sostanze tossiche.

È facile immaginare quanto la Seconda guerra mondiale e le guerre dei nostri giorni rendano ancora più devastanti e duraturi i danni per l’ambiente.

Un terzo delle emissioni di gas a effetto serra sopra citate per il periodo 2011-2017 sono state prodotte  dall’esercito Usa nei momenti di impegno bellico.

Questo vale naturalmente anche per i conflitti in corso; il territorio interessato dal conflitto ucraino è  fra i più industrializzati e inquinati del mondo    e gli equilibri ambientali  erano  già gravemente compromessi prima dell’inizio delle ostilità.

Secondo il belga Green European Journal le aree delle miniere di carbone della regione del Donbass si stanno riempiendo, dall’inizio delle ostilità, di sostanze tossiche e radioattive anche a causa dell’interruzioni delle attività estrattive.

La sistematica distruzione di infrastrutture civili e militari ucraine da parte degli invasori russi sta provocando danni anche ambientali che si protrarranno ben oltre la fine della guerra.

Inoltre, le ostilità si svolgono in un territorio costellato di centrali atomiche con danni potenziali incalcolabili mentre non è ancora chiaro quali effetti ambientali possa produrre l’ingresso delle truppe russe nella zona di esclusione determinata dopo il disastro nucleare della centrale di Chernobyl. Analoga preoccupazione destano gli innumerevoli siti di stoccaggio delle numerose industrie chimiche e minerarie, la cui adeguata manutenzione non può essere garantita e che possono essere oggetto in ogni momento di attacchi militari fortuiti o deliberati

Nel 2014 Ban Kimoon, allora Segretario generale dell`0nu, dichiarava che l’ambiente è la vittima silenziosa dei conflitti armati e per questo in sede Onu si cerca di codificare il reato di ecocidio come crimine di guerra anche se la raccolta di prove e di puntuali capi d’accusa nel corso di un conflitto armato si presenta problematica.

È fuori dubbio che al termine del conflitto ci sarebbero gli estremi per accusare Putin e la sua cricca anche dei crimini contro l’ambiente.

Eppure, nonostante tutto, nelle varie conferenze mondiali sul   clima l’impatto ambientale   degli eserciti non è mai oggetto di discussione anche perché, fin dai tempi della conferenza di Kyoto  del 1997,    gli Usa hanno espressamente imposto di escludere l’impatto delle attività militari dai vari piani di riduzioni delle emissioni e dai  programmi volti alla protezione ambientale,  senza peraltro suscitare particolari opposizioni da parte di altri Stati.

In sede di Cop, l’annuale conferenza ambientale promossa dall’Onu, a Parigi,nel 2015, fu fatto un timido ma insufficiente passo avanti invitando i vari governi a fornire,  su base volontaria,  dati sulle emissioni dei singoli eserciti e a impegnarsi concretamente per ridurle.

Francesco Vignarca , responsabile organizzativo delle iniziative della Rete italiana per Pace e il Disarmo,  sottolinea il legame fra il settore della difesa e varie forme di emissioni inquinanti.

Nonostante alcuni sforzi di miglioramento delle loro “performance ambientali” l’attività di un esercito è di per sé inquinante. Occorre perciò, sempre secondo Vignarca, un impegno per unificare gli impegni dei movimenti ecologisti e di quelli per la pace per perseguire l’obiettivo del “disarmo climatico”.

Tutto questo può apparire utopistico data l’attuale situazione internazionale caratterizzata da conflitti e da una generalizzata corsa al riarmo ma in realtà è l’unica via realisticamente percorribile.

Già nel 1992 gli “scienziati preoccupati” riuniti nella Union of Concerned Scientists formularono un’accorata denuncia, rinnovata nel 2017 con il supporto di 15.000 firme, secondo la quale l’umanità deve scegliere, per la propria stessa sopravvivenza, se impiegare le proprie risorse per gli armamenti e per la guerra oppure per prevenire le conseguenze delle catastrofi ambientali di cui è in gran parte responsabile.

Seguici

Cerca nel blog

Cerca

Chi siamo

Questo blog nasce dall’incontro di tre persone emigrate volontariamente in età adulta dall’Italia in Svizzera e che in questo Paese hanno realizzato esperienze diverse in vari ambiti lavorativi e culturali. 

Ultimi post

Terrorismo

Il termine terrorismo deriva dal verbo latino terrere che significa “intimorire, incutere paura”. Nel linguaggio politico moderno entrò in uso per indicare una determinata fase della Rivoluzione francese.

Leggi Tutto »