L’immagine che per me riassume nel modo più significativo il pontificato di Francesco risale al 27 marzo del 2020 quando apparve solo in una Piazza San Pietro battuta dalla pioggia per invocare la fine della pandemia rivolgendosi a “un mondo malato” in cui troppi coltivano l’illusione di continuare a rimanere sani.
Quella solitudine apparente ma al tempo stesso la straordinaria capacità di Francesco di trasmettere messaggi universali a milioni di esseri umani sono un po’ la cifra del suo pontificato e si è ripetuta ogni volta che ha affrontato controcorrente argomenti scomodi quali l’accoglienza dei migranti o la pace e il disarmo.
Le sua è sembrata spesso evangelicamente “la voce di colui che grida nel deserto” ma in realtà ha saputo toccare le coscienze di molti e probabilmente gettare semi che germoglieranno nel tempo.
La scelta del nome Francesco si è concretizzata nel tempo nella direzione di una Chiesa più vicina agli ultimi e più attenta a individuare nell’impegno contro la crisi climatica e in difesa dell’ambiente uno dei compiti essenziali per l’umanità
L’enciclica Laudato si’ è un documento straordinario non solo da un punto di vista ecclesiastico ma anche per l’acuta analisi delle principali questioni ambientali e anche per la capacità comunicativa su tematiche tanto urgenti quanto prive dell’attenzione necessaria sia da parte delle classi dirigenti che dell’opinione pubblica.
Alle parole sui temi da lui più sentiti sono sempre seguiti fatti concreti come la visita a Lampedusa che inaugurò il suo pontificato e il rifiuto, certamente da lui ispirato, di una cospicua donazione della società Leonardo, attiva nella produzione di armi, all’ospedale Bambin Gesù.
In un recente intervento televisivo il giornalista Michele Serra ha sottolineato l’eventualità che il prossimo papa si dedichi legittimamente in primo luogo alle questioni interne alla Chiesa ma che trascuri in questo modo la possibilità di parlare a tutto il mondo, non credenti compresi, caratteristica questa del pontificato di Francesco.
Il papa a cui mi sento di avvicinare Francesco per la vicinanza ai sentimenti popolari è senz’altro Giovanni XXIII; mia nonna, una persona semplice, molto religiosa ma non bigotta, dopo la morte di Giovanni XXIII conservava sempre la sua immagine e mi confessava che pur con tutto il rispetto per Paolo VI, il suo successore, il suo legame sentimentale con papa Roncalli restava più forte. Forse lo stesso destino sarà riservato nell’animo popolare al papa chiamato a succedere a Francesco,
Un errore che spesso si compie è quello di catalogare l’opera di un papa con i parametri della politica e non con quelli ecclesiastici. Così ci si è pigramente adagiati a considerare il suo papato come “di sinistra” per l’attenzione data al mondo dei diseredati e alla sua costante perorazione del perseguimento della pace.
Se questa ispirazione profondamente evangelica è potuta apparire politicamente schierata è forse perché toccava temi che gran parte della sinistra ha largamente abbandonato in questi anni, lasciandola alla predicazione papale e all’azione di tanti cristiani che l’hanno spesso tradotta in azioni concrete.
Chi ha interpretato in modo politicista le sue prese di posizione si è poi trovato spiazzato di fronte alla conferma della dottrina tradizionale che ammette i rapporti sessuali solo all’interno del matrimonio eterosessuale e che respinge la contraccezione e l’aborto. Su questi temi non sono anzi mancate cadute di stile nelle esternazioni a braccio che possono essere in parte perdonate per il suo carattere impulsivo e diretto. Va comunque sottolineato che, tranne un caso sciagurato in cui definì sicari i medici che praticano l’aborto, la condanna di quelli che la Chiesa considera peccati si sono sempre accompagnati con la comprensione umana per chi li commette.
Inoltre, a parte qualche apertura formale Francesco non ha introdotto novità dottrinali sul celibato dei preti e sulla negazione del sacerdozio femminile.
Prendiamo dunque come laici la parte positiva del messaggio universale di Francesco, capace di intaccare in un’epoca così dura la “globalizzazione dell’indifferenza” e speriamo che il prossimo papato sia coerente nel proseguire questo cammino.
Anche chi è estraneo alla Chiesa è comunque interessato alla sua apertura al mondo e si augura che essa avvenga anche su terreni in cui il rinnovamento stenta a manifestarsi; non si tratta ovviamente di intromettersi nelle questioni dottrinali della Chiesa ma è lecito auspicare che anche da parte di questa istituzione universale ci sia una maggiore attenzione per la dignità e i diritti di tutte le persone.