Il tempo e l’acqua

“Sui giornali leggiamo espressioni come “scioglimento dei ghiacciai”, “temperature record”, “aumento delle emissioni” e crediamo di capirle: (…) Se le capissimo veramente dovrebbero avere un impatto sul nostro comportamento e sulle nostre azioni”. (Il Tempo e l’acqua)

Con questo brillante testo difficilmente inquadrabile nelle categorie letterarie tradizionali, lo scrittore islandese Andri Snaer Magnason denuncia   innanzitutto come le ormai diffuse informazioni scientifiche sull’incombente catastrofe climatica non riescano ancora a produrre quella immediata mobilitazione generale che la situazione imporrebbe.

Magnason affronta le più urgenti tematiche ambientali e riesce a comunicarle in modo diretto ed efficace, indicando già nel titolo gli elementi che ritiene fondamentali per il futuro dell’umanità.

Il tempo è quello innaturale che l’uomo impone al pianeta, per cui cambiamenti geologici che prima richiedevano migliaia di anni, ora avvengono nell’arco di un secolo.

L’acqua è quella dei ghiacciai che si sciolgono, dei mari che s’innalzano sommergendo terre popolate e che subiscono drammatici processi di acidificazione ma è anche la risorsa fondamentale della vita umana, la cui progressiva carenza sta già producendo drammatiche migrazioni e conflitti destinati ad acuirsi.

Il destino del pianeta non può essere considerato un concetto astratto ma coinvolge direttamente ognuno di noi; per esemplificare questa convinzione lo scrittore invita la figlia di dieci anni a calcolare in che anno la bambina avrà novant’anni come oggi la nonna e quando i suoi futuri nipoti saranno a loro volta novantenni. Questo semplice calcolo mostra efficacemente come ognuno di noi sia legato a una catena di relazioni personali che si estendono per un lungo arco di tempo e, di conseguenza, come tutti noi siamo   direttamente coinvolti nel futuro del pianeta ben oltre la nostra esistenza individuale.

Inoltre, questa originale e concreta misurazione del tempo consente di dare una dimensione umana anche ai cambiamenti cui l’ambiente è sottoposto, che appaiono particolarmente rapidi nel corso delle ultime generazioni.

L’autore ci mostra poi la maturazione della propria coscienza ecologica che ha preso le mosse dall’osservazione diretta di fenomeni legati alle sue esperienze personali e alla storia della sua famiglia, quali lo scioglimento dei ghiacciai islandesi e le devastazioni ambientali prodotte dall’espansione dell’Alcoa, un colosso della produzione dell’alluminio.

 Alcuni collegamenti che crede di individuare fra   due miti di creazione, uno islandese l’altro tibetano. lo convincono a considerare la Terra come  la casa comune di tutti gli esseri umani, alla cui buona manutenzione nessuno può sottrarsi  Questo induce Magnason  ad approfondire le proprie conoscenze scientifiche ma anche ad   ottenere due colloqui con il Dalai Lama, dei quali  riporta  le preziose trascrizioni.
Pur cosciente della drammaticità dei problemi che affliggono il mondo e il suo Tibet, il Dalai Lama  riesce i  a trasmetterci una fiducia nel futuro, frutto di una visione del mondo  che non separa  la ragione dalla speranza.

Pace significa cambiare il nostro modo di vedere i problemi e il modo di risolverli”;  questa enunciazione apparentemente semplice della massima autorità del buddismo tibetano indica in realtà un complesso programma che fa della pace il compimento di un percorso di maggiore giustizia fra tutti gli uomini che include anche un’equa soluzione di problemi legati al clima.

Magnason non rimpiange acriticamente il bel tempo che fu ma riconosce da un lato che l’industrializzazione non ha portato solo inquinamento ma anche benessere, dall’altro che la necessaria transizione ecologica verso forme di produzione e di consumo ben diversi da quelli attuali, comporterà pesanti sacrifici ma anche il conseguimento di una migliore qualità della vita per tutti.

Inoltre, in linea con l’ultimo report dell’Ipcc, il gruppo intergovernativo dell’Onu sui cambiamenti climatici, Magnason partedal presupposto che il riscaldamento globale è già in atto e che si tratta ormai di contenerlo entro il limite massimo di 1,5° fissato dagli accordi di Parigi del 2015. Anche il raggiungimento di questo obiettivo limitato richiederebbe impegni concreti e immediati sulla riduzione dei gas responsabili del riscaldamento globale mentre la maggior parte dei governanti si limita a retoriche enunciazioni di buoni propositi.

Poiché i gas serra già immessi nell’atmosfera hanno lunghissimi tempi di decadenza, appare necessario non solo limitare progressivamente la loro emissione ma anche “estrarre “una parte di quelli già presenti nell’atmosfera, utilizzando procedimenti tecnici che oggi appaiono possibili.

Proprio in Islanda, come anche Magnason ci segnala, sta per entrare in funzione un

 impianto, realizzato grazie alla tecnologia dell’azienda svizzera Climeworks, che sarà in grado non solo di “catturare” 4.000 tonnellate di anidride carbonica all’anno ma anche di eliminarla completamente trasformandola in roccia con un processo naturale di mineralizzazione.

Si tratta di un procedimento che, per i costi e le quantità di gas catturato dovrà essere perfezionato ma che tuttavia appare promettente.

L’autore si mostra comunque convinto che, se la tecnica può fornire  un ausilio  importante per la soluzione dei problema legati alla crisi climatica,  essa non può in alcun modo supplire alla necessità di mutare profondamente lo stile di vita, soprattutto dei paesi più ricchi.

Il tempo e l’acqua è, nel complesso, un testo insieme godibile e istruttivo, che ha il pregio soprattutto di denunciare la gravità della crisi climatica come problema a cui nessuno può sottrarsi ma che lascia egualmente uno spazio alla speranza che si possa ancora intervenire almeno per limitare i danni dei processi in atto.

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