Il 7 ottobre scorso il Parlamento europeo ha deciso, con un solo voto di maggioranza, di non revocare l’immunità parlamentare alla deputata italiana Ilaria Salis. Tale revoca era stata chiesta dal regime di Orbán, dalle cui carceri Salis è uscita dopo l’elezione a deputata europea nelle file di Alleanza Verdi Sinistra. Come si ricorderà Ilaria Salis è stata arrestata nel febbraio del 2023 e detenuta per oltre un anno, in condizioni deplorevoli, nelle carceri ungheresi, con l’accusa di violenza compiuta a Budapest contro un militante neonazista. Nel dicembre del 2023, dopo mesi di detenzione preventiva, è comparsa in catene davanti a un tribunale ungherese e tale circostanza ha portato il suo caso all’attenzione dell’opinione pubblica internazionale.
La vicenda ha sollevato ulteriori riserve sulle condizioni di detenzione e sulla la trasparenza dei processi in Ungheria tanto che per un altro imputato per gli stessi reati (lesioni personali e appartenenza a un’organizzazione criminale) la Corte di appello di Milano ha negato l’estradizione, cancellando il mandato europeo al riguardo. La Corte di Milano, con riferimento a una risoluzione del Parlamento europeo, ha sottolineato la propria preoccupazione per lo Stato di diritto in Ungheria e, nel caso specifico, per l’abnormità delle misure cautelari e per l’aggravamento ritenuto arbitrario delle imputazioni. Le vittime delle presunte aggressioni, per cui Salis è imputata hanno del resto denunciato lesioni guaribili rispettivamente in cinque e otto giorni che nel capo d’imputazione vengono, con una notevole disinvoltura giuridica, aggravate e considerate potenzialmente mortali. Ilaria si è sempre proclamata innocente rifiutando anche di patteggiare la pena che potrebbe ammontare addirittura a 24 anni di carcere. Per motivi analoghi a quelli evidenziati da questi procedimenti giudiziari e in generale per violazioni di fondamentali diritti democratici l’Ungheria è sottoposta da anni a procedure d’infrazione da parte della Commissione europea.
Il voto del Parlamento di Strasburgo che conferma l’immunità è indubbiamente una buona notizia, sia per Ilaria Salis che per la democrazia europea. L’eurodeputata, fra l’altro, non ha mai dichiarato di volersi sottrarre al processo ma ha chiesto di essere giudicata in Italia in quanto il sistema giudiziario e carcerario ungherese non offre garanzie di equità e imparzialità, anche per la sua subordinazione al potere politico. Questa buona notizia non può nasconderne una pessima per le sorti della democrazia in Europa, già minacciate dall’espansione delle forze di estrema destra.
Sulla carta in effetti i gruppi parlamentari europei che si erano pronunciati a favore dell’annullamento dell’immunità costituivano uno na netta maggioranza dei deputati europei. Il voto segreto però ha permesso una serie di defezioni dalle indicazioni dei rispettivi gruppi parlamentari; tale difformità dalle indicazioni di voto, presumibilmente in gran parte del gruppo centrista del Partito popolare europeo, ha consentito per un soffio l’esito positivo della vicenda. Il dato drammatico consiste nel fatto che il gruppo dirigente dei Popolari si sia pronunciato contro Salis e che, condividendo le posizioni liberticide dell’estrema destra e dello stesso governo magiaro, abbia di fatto sconfessato le pesanti riserve delle istituzioni europee sulla deriva antidemocratiche del regime di Orbán. Senza entrare nel merito del processo a Ilaria Salis esistevano tutte gli elementi, per valutare la mancanza delle condizioni per uno svolgimento del processo conforme ai principi fondanti dell’Ue.
Su questa e sua altre questioni quali il contrasto al cambiamento climatico o le tematiche migratorie, insomma i cosiddetti centristi europei si schierano con l’estrema destra ,che di fatto ne esce rafforzata, a danno della difesa delle istituzioni democratiche dell’UE e dei singolo Paesi che la compongono. Le varie forze sovraniste di estrema destra, di cui Orbán è un autorevole rappresentante, anziché combattere frontalmente per distruggere le istituzioni europee le stanno conquistando e corrodendo dall’interno, favorite anche dal contesto internazionale.
Un altro caso simile a quello di Ilaria sta avendo nel frattempo uno sviluppo molto più drammatico. Nel giugno del 2024 la Germania ha concesso l’estradizione in Ungheria di Maja T, militante tedesc* antifascista implicat* nelle presunte aggressioni a militanti neonazisti in cui è coinvolta Ilaria Salis e con analoghe imputazioni. Maja T. si è dichiarata persona non binaria ed è rinchius*, con rischio anche per la propria incolumità personale, in un reparto carcerario maschile in un Paese in cui, come di nuovo anche il Parlamento e Commissione europea hanno denunciato, i diritti delle persone LGBTQ+ vengono sistematicamente calpestati
L’estradizione è avvenuta in circostanze poco chiare e contro una decisione della Corte costituzionale tedesca, anch’essa critica sul rispetto dei diritti da parte del regime ungherese, a cui i legali di Maja avevano fatto ricorso. La decisione della Corte suprema è tuttavia giunta mentre era già in corso l’estradizione di Maja eseguito con una procedura d’urgenza che si presta a fondati sospetti; Maja si trova da allora in isolamento e subisce lo stesso trattamento a suo tempo riservato a Ilaria. Per protesta nei mesi scorsi ha anche effettuato un debilitante sciopero della fame.
Wolfram Jarosch, padre di Maja, sostiene che non si tratta solo di un problema che investe la propria famiglia ma al contrario coinvolge anche il destino democratico dell’Europa e ha sollecitato pertanto il massimo possibile di solidarietà internazionale per riportare Maja in Germania.
Se questi due casi hanno giustamente suscitato scalpore in quanto riguardano persone straniere, resta il problema di un sistema carcerario e giudiziario iniquo per gli stessi cittadini ungheresi e in contrasto con i principi costitutivi della costruzione europea, la cui violazione è stata più volte denunciata anche da organizzazioni come Amnesty international oltre che dal Consiglio d’Europa. Si tratta insomma di un ulteriore erosione di tali principi che non può lascar indifferente nessun* cittadin* dell’Europa: i diritti sono indivisibili e la loro salvaguardia è interesse comune.