Emmanuel Dongala è uno scrittore nato nella Repubblica centrafricana che, dopo aver trascorso l’infanzia e l’adolescenza nel Congo Brazzaville, si trasferisce negli stati Uniti, dove si laurea in Chimica (la laurea in chimica è l’unica cosa che lo accomuna all’autore di questo articolo), per poi tornare in Congo, dove si impegna in ambito politico e sociale. E’ costretto a scappare dal Congo Brazzaville nel 1997, a causa della guerra civile, e riesce a tornare negli Stati Uniti grazie al sostegno attivo dello scrittore Philip Roth. Nel 2002 pubblica il suo libro più famoso, Johnny Mad Dog, in cui racconta proprio la guerra civile del 1997 e descrive l’inferno dei bambini soldato.

Il romanzo fu pubblicato in Italia dall’editore Epoché. Qualche settimana fa è stato ripubblicato dall’editore napoletano “Marotta & Cafiero”, in un’edizione ricca di belle fotografie, con la traduzione di Monica Martignoni. L’autore ci racconta la guerra civile vista con gli occhi di due adolescenti, Johnny, “bambino soldato” armato fino ai denti, che non esita a uccidere, a stuprare, e Laokolé, anch’ella sedicenne, che sta per diplomarsi e sogna di diventare ingegnere. I diversi capitoli raccontano i vari momenti della guerra civile, visti una volta con gli occhi di lui, l’altra con quelli di lei.
Laokolé è una persona già saggia a sedici anni, capace di riflessioni che denotano una sensibilità fuori dal comune, quali, per esempio,“Come spiegare che ricordavo fin nei minimi particolari tutte le scene di crudeltà di cui ero stata testimone, anche se a distanza, mentre non mi restava nulla di un atto di umanità che mi riguardava direttamente? Significava forse che nella nostra memoria il male lascia più tracce del bene?“.
Johnny è chiaramente un esaltato, che si crede un intellettuale perché ha frequentato addirittura la seconda elementare, disprezza il suo capo Giap ma allo stesso tempo gli ubbidisce come un cagnolino al suo padrone, sceglie il suo nome di battaglia: Johnny Mad Dog. Descrive la sua esperienza così: “Era proprio la ragione principale per cui combattevamo. Per arricchirci. Per far strisciare un adulto. Per avere tutte le ragazze che volevamo. Per il senso di potere che può darti solo un fucile. Per essere padroni del mondo. Per tutte queste cose, sì. Ma i nostri capi e il nostro presidente ci hanno vietato di dirlo. Ci hanno ordinato di dire a chiunque ci facesse domande che combattevamo per la libertà e la democrazia. E questo per attirarci le simpatie del mondo esterno”.
Mentre è facile amare Laokolé, non è facile non detestare Johnny, eppure, grazie al modo in cui l’autore lo descrive, pur disprezzandolo non si può far a meno di pensare a cosa può succedere quando manca l’infanzia. Quante guerre civili, quanti genocidi abbiamo già vissuto? Quanti altri ne accadranno ancora? Per evitare che succeda ancora, diventa obbligatorio leggere libri come questo. Romanzi simili aiutano a sviluppare gli anticorpi.