La preghiera dell’uomo moderno

“La preghiera del mattino dell’uomo moderno è la lettura del giornale”.

Se questa citazione di Hegel di inizio Ottocento ha ancora un senso, posso dire di essere da sempre un fedele seguace di questo particolare rito laico.

Fin dai tempi del liceo l’abitudine di leggere ogni giorno uno o più quotidiani è sempre stata una costante della mia esistenza, talvolta con aspetti di vera o propria dipendenza che si manifesta con forme di nervosismo tipiche di uno stato di astinenza, se per un qualche motivo questa pratica quotidiana subisce ritardi o intralci.

Nei momenti di “studio matto e disperatissimo” propri di talune fasi liceali o universitarie o, in seguito, in fasi di particolare impegno lavorativo l’unico momento possibile in cui coltivare questa passione coincideva con la tarda serata o addirittura con la notte, in diretta concorrenza con il richiamo di Morfeo.

Al piacere e all’interesse si accompagna spesso un’altra forma di sofferenza dovuta al fatto che questa assidua pratica entra in contrasto con altre, intellettuali e non, della vita quotidiana,

La mia lettura di un quotidiano è in genere di tipo radicale e fondamentalista e non trascura quasi nessun aspetto delle sezioni di cui un quotidiano si compone; dalla politica interna a quella estera, alla cronaca, passando per gli spettacoli e naturalmente per lo sport.

Ai suoi albori il neonato quotidiano Repubblica tentò di fare a meno dello sport, trattandolo al più come un fenomeno di costume ma questo tentativo fu presto abbandonato; molti lettori affezionati del quotidiano, allora bello e innovativo, versavano in uno stato di profonda prostrazione perché, pur mostrando, almeno apparentemente, di apprezzare le acute analisi sociologiche sul fenomeno sportivo, morivano dalla voglia di leggere la cronaca dell’ultima partita della loro squadra del cuore e si  riducevano per  questo a sbirciare, con fare sospetto, la Gazzetta dello Sport al bar dell’angolo.

Con il mio arrivo in Svizzera la situazione si è fatta ancora più complessa per la necessità di seguire anche le gazzette elvetiche.

L’avvento del digitale ha portato mutamenti nel mio modo di fruire dei quotidiani, non nella devozione ad essi riservata. La lettura digitale sul tablet permette infatti   da un lato di approfondire quanto si sta leggendo tramite opportune e veloci ricerche online ma si presta al tempo stesso a innumerevoli occasioni di divagazione e di distrazione.

Motivi di praticità ed economicità mi hanno comunque indotto ad abbracciare la lettura dei quotidiani digitali, non senza sensi di colpa per la coscienza di contribuire in tal modo alla crescente scomparsa, in Italia, delle edicole, fenomeno per il quale spesso piango lacrime di coccodrillo.

Ma del resto, in forma analoga, chi di noi, magari mentre si reca nel più vicino centro commerciale, non esprime il proprio rimpianto venato di ipocrita romanticismo per il fallimento dell’ennesimo negozio di quartiere?

Quando mi trovo in Italia non manco mai di fare una visita, spesso un po’ pretestuosa, a uno degli eroici edicolanti che  ancora resistono ma mi sento un po’ come chi compie un’opera caritatevole con lo scopo prevalente di tacitare la propria coscienza.

Dopo aver esposto diversi aspetti del mio complesso rapporto con i quotidiani, voglio spezzare una lancia in difesa del tanto bistrattato giornalismo che merita sicuramente tante giustificate critiche ma che rimane, nel suo complesso e nelle sue forme qualitative più alte, un baluardo contro le approssimazioni informative.

E che merita naturalmente anche di essere adeguatamente retribuito.

Insomma, che nessuno dimentichi la propria preghiera laica mattutina, non importa se secondo il rito cartaceo o quello digitale.

 

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Questo blog nasce dall’incontro di tre persone emigrate volontariamente in età adulta dall’Italia in Svizzera e che in questo Paese hanno realizzato esperienze diverse in vari ambiti lavorativi e culturali. 

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