Con un ironico riferimento rivoluzionario, si sono svolte anche quest’anno, naturalmente il 14 luglio, in alcune località balneari italiane manifestazioni organizzate dall’associazione Mare libero per sensibilizzare l’opinione pubblica sulla situazione delle spiagge italiane con particolare riferimento alle concessioni balneari.
La data del 14 luglio è doppiamente evocativa in quanto il 14 luglio 2016 la Corte europea di Giustizia ha dichiarato che le concessioni balneari vanno messe a gara.
In quella circostanza la Corte dichiarò l’inammissibilità delle concessioni balneari vigenti in Italia e soggette a continui rinnovi automatici, che invece devono essere oggetto “di una procedura di selezione imparziale e trasparente”
Mare libero è un coordinamento di associazioni che si battono in varie zone d’Italia “per liberare il mare e la spiaggia e restituirli alla collettività.
La manifestazione, che è giunta alla sua sesta edizione, ha quest’anno un significato particolare in quanto la scadenza della quasi totalità di concessioni balneari al 31.12.2023 ha di fatto resa libera la fruizione delle spiagge a tutti i cittadini. Anche qualsiasi proroga tecnica di tali concessioni oltre il dicembre scorso ai privati è stata dichiarata illegittima e di fatto inesistente dal Consiglio di Stato.
Si tratta in sostanza di applicare finalmente la direttiva Bolkestein dell’Unione europea del 2006, recepita da un governo italiano di centrodestra nel 2010 , che ha lo scopo di favorire la libera circolazione dei servizi e l’abbattimento delle barriere protezionistiche in ogni campo, ivi compresa l’assegnazione delle concessioni balneari che nel caso italiano vengono considerate dalle istituzioni comunitarie un ostacolo alla libera concorrenza e quindi in contrasto con la legislazione comunitaria.
I manifestanti hanno perciò svolto atti dimostrativi pacifici, piantando ombrelloni, sistemando lettini e asciugamani in alcuni stabilimenti balneari, ritenendo che sia di fatto cessato ogni diritto all’uso privato degli arenili e proclamando perciò la loro azione come una forma di richiamo al rispetto della legge.
I manifestanti reclamano la fine effettiva di un’utilizzazione privatistica delle spiagge che di fatto spesso preclude perfino l’accesso alla battigia che dovrebbe essere comunque garantito gratuitamente per legge ma che spesso viene di fatto ostacolato dai concessionari o consentito solo a pagamento.
La direttiva Bolkestein, riguardo alle concessioni balneari, in Italia è stata aggirata in ogni modo per garantire ai concessionari un uso del tutto privatistico e monopolistico di una parte preziosa del demanio pubblico, che ha spesso consentito notevoli profitti in cambio di canoni del tutto irrisori o talvolta addirittura inesistenti. Questo ha favorito, in contrasto con le direttive europea, un continuo aumento delle concessioni balneari, che dal 2011 sono cresciute del 26%, con una media annua dunque del 2%.
Non si tratta di condurre una guerra incondizionata alle concessioni balneari ma di regolamentare l’uso delle spiagge in un Paese in cui la privatizzazione di fatto dell’accesso alle spiagge priva i cittadini, in alcune situazioni in modo quasi totale, di qualsiasi si forma libera e gratuita di fruizione degli arenili.
Legambiente, una delle principali associazioni che hanno dato vita a Mare Libero, nel suo Rapporto spiagge di quest’anno propone, fra l’altro, di fare della legislazione europea un’occasione per regolamentare e definire il diritto di accesso alle spiagge. https://www.legambiente.it/rapporti-e-osservatori/rapporti-in-evidenza/rapportopiagge/
La proposta di Legambiente prevede che il 50% di esse debba essere lasciato libero alla fruizione libera in ogni Comune costiero, con la creazione di spiagge libere e libere attrezzate e in ogni caso dovranno essere abolite le barriere che impediscono il passaggio e l’accesso alla battigia.
Il problema dell’utilizzazione delle spiagge è legato anche alla lotta all’erosione costiera che minaccia in modo massiccio le coste italiane anche a causa di interventi impattanti sull’ambiente costiero operati spesso dai concessionari per incrementare i loro profitti.
Dovrà perciò essere introdotto un criterio per l’assegnazione delle concessioni balneari che favorisca gli operatori impegnati a garantire il rispetto dell’ambiente e la sua riqualificazione.
L’applicazione della direttiva comunitaria non deve d’altra parte aprire la strada agli appetiti speculativi di gruppi monopolistici che potrebbero approfittare della liberalizzazione delle concessioni per imporre una logica privatistica non meno dannosa di quella attuale; questo rischio può essere sventato con l’affermazione di una volontà di indirizzo politico che metta in primo piano una visione delle coste come un bene comune da proteggere e salvaguardare.
Si tratta insomma di compiere una vera svolta politica e culturale, possibile solo se la cittadinanza prenderà in mano anche in questo campo la difesa dei propri diritti e si batterà con coerenza per una pacifica ma rivoluzionaria presa della battigia.