La Turchia dopo la rielezione di Erdogan

Marco Magini è nato ad Arezzo e vive a Londra; è laureato in Politica economica internazionale e si occupa di economia ambientale presso la South Pole, un’azienda internazionale di consulenza ambientale in campo economico.

Nel 2014 ha pubblicato presso l’editore Giunti Come fossi solo, sul genocidio di Srebenica del 1995.

Marco Magini è anche attivo nel campo della promozione della cultura italiana a Londra.

È uno degli autori di The Fifth Siren, un podcast in lingua inglese su Venezia.

Nel 2022 ha pubblicato per l’editore Solferino il romanzo Gli ospiti ambientato nella Istanbul del movimento democratico di Gezi Park e del successivo consolidamento del potere dispotico di Erdogan di cui Sconfinamenti si è già occupato a suo tempo discutendone con l’autore.

 https://sconfinamenti.info/gli-ospiti-di-marco-magini/

Proprio per le sue conoscenze della realtà turca, Sconfinamenti ha chiesto a Marco Magini un parere sulla Turchia dopo le recenti elezioni che hanno fatto registrare un nuovo successo di Erdogan.

Come valuti l’esito delle recenti elezioni turche culminate nella riconferma al potere di Erdogan?

 

Ho vissuto la proclamazione dei risultati elettorali insieme a un gruppo di esponenti della comunità turca a Londra, tutti schierati con l’opposizione a Erdogan.

Ho così potuto respirare il clima di delusione che ha fatto seguito alle grandi aspettative riposte nella vittoria di uno schieramento elettorale di opposizione che aveva un nucleo laico di ispirazione kemalista ma che era riuscito in qualche modo ad aggregare tutti coloro che si opponevano al regime, compresa la forte minoranza curda. I sondaggi preelettorali sembravano assecondare questo clima di fiduciosa attesa che poi non ha trovato conferma nelle urne.

In che clima si sono svolte le elezioni?

 

C’è stata una grande partecipazione popolare con l’85% degli elettori che si sono recati alle urne e la consultazione si è svolta in un clima di sostanziale regolarità democratica. Tuttavia, il regime di Erdogan, che detiene il controllo dei principali mezzi di informazione, ha di fatto creato una forte disparità a favore delle forze governative nella propaganda elettorale. Erdogan, oltre ad avere uno spazio propagandistico enormemente superiore al suo avversario, ha potuto spesso esprimersi senza contraddittorio. Questa è un aspetto da considerare in quanto la democrazia non può consistere solo nell’esercizio del voto. Questa disparità di spazi propagandistici ha pesato soprattutto sul risultato delle zone più arretrate del Paese, al di fuori dei grandi centri urbani.

Il candidato dell’opposizione, Kemal Kilicdaroglu, leader del Partito popolare, non era certo un volto nuovo e poco prima del voto perfino  una parte dell’opposizione si era staccata dalla sua leadership per poi rientrare all’ultimo momento nella coalizione solo per spirito di unità contro il governo.

 

Su quali temi si è incentrata la campagna elettorale dei due candidati?

Il candidato dell’opposizione ha messo al centro della propria campagna l’inflazione e la crisi economica, insistendo inoltre sul tema della pacificazione nazionale, in quanto il partito di ispirazione kemalista, di cui Kilicdaroglu è leader, è associato a un passato in cui la laicità dello stato aveva tratti molto limitanti per la maggior parte dei credenti del Paese.

Erdogan, invece, ha puntato su una narrazione emozionale di rilancio di un’identità turca intesa come recupero dell’antica grandezza, accreditando l’immagine   di un Paese che ritrova orgogliosamente il suo posto nel mondo. Egli ha saputo interpretare la sensibilità di vasti strati della popolazione per i quali questa identità con tinte fortemente nazionalistiche conta più del portafoglio.

Resta da vedere se questo tipo di politica di Erdogan reggerà col tempo, dato il prevedibile aggravarsi di una situazione economica già pesante e ulteriormente compromessa dalle spese sostenute per garantirsi il consenso nonché da una politica monetaria eterodossa dettata dal governo alla banca centrale.

Il Presidente rieletto continuerà a puntare sul sostegno economico del Qatar ma anche della Russia, data la posizione strategica  del Paese anche in rapporto alla guerra in Ucraina. La Turchia ha infatti sfruttato il conflitto in maniera opportunistica, vendendo ad esempio i propri droni all’ Ucraina e acquistando contemporaneamente gas russo. Un grosso problema da affrontare sarà quello dei milioni di rifugiati siriani in Turchia, emerso anche durante la campagna elettorale tanto da indurre Kilicdaroglu a promettere, prima del ballottaggio, la cacciata di tutti i siriani dal Paese.

Il tema dei rifugiati coinvolge anche i rapporti con L’Ue.

 

Certo, se da un lato l’ingresso nell’Ue è precluso alla Turchia anche a causa del mancato rispetto dei diritti umani, dall’altro il governo turco è sovvenzionato dall’Ue per trattenere i rifugiati lontano dalle frontiere europee. Su questo complesso di fenomeni si giocherà il futuro politici di Erdogan, in un Paese flagellato dall’inflazione e costretto a importare quasi tutto.

In politica estera Erdogan continuerà a barcamenarsi fra Putin e la Nato.

 

Sì, e non mancano le ingerenze anche nell’area balcanica quasi come reminiscenza di un passato imperiale.  Erdogan sfrutta abilmente la posizione   e il ruolo politico della Turchia anche per ottenere finanziamenti da schieramenti opposti.

Quest’anno la Turchia celebra il centenario della fondazione della repubblica e certamente il Presidente rieletto non esiterà a sfruttare la ricorrenza per motivi propagandistici.

In campagna elettorale l’opposizione aveva promesso il ritorno a una repubblica parlamentare mentre, col nuovo mandato che l’elettorato gli ha conferito, Erdogan proseguirà sulla via del presidenzialismo autoritario e antidemocratico, già imboccata con la riforma presidenzialistica di quattro anni fa e non esiterà a tentare di conservare il potere anche oltre l’attuale mandato, magari cambiando a suo favore le regole.

Vinte le elezioni ora tutti si chiedono se le impellenti necessità economiche lo costringeranno a scelte impopolari   scelte  tali da eroderne il suo consenso.

La scelta di Hafize Gaye Erkan come direttrice della banca centrale è letta da molti come una scelta in questa direzione.

Qual è la situazione della comunità turca in Gran Bretagna.

 

In Gran Bretagna vivono circa trecentomila turchi che hanno votato in modo plebiscitario per l’opposizione data la forte presenza di curdi e ciprioti mentre altri turchi, che vivono qui, hanno un buon livello d’istruzione e appartengono a ceti intellettuali in maggioranza ostili all’attuale potere turco.

In altri Paesi europei, in primo luogo in Germania, la comunità turca ha scelto invece in larga misura Erdogan.

Ci sono turchi con la doppia cittadinanza che magari votano a sinistra in Germania e poi scelgono Erdogan.

 

Sì, l’aspetto dell’orgoglio nazionalistico fa presa anche su di loro, alimentato magari dall’ammirazione per le infrastrutture realizzate dall’attuale regime nel loro Paese di origine; il voto estero è stato importante per la vittoria di Erdogan.

In Germania la xenofobia che spesso colpisce i turchi alimenta il loro nazionalismo.

 

In genere nessuno vince le elezioni grazie alla politica estera ma Erdogan è riuscito invece a sbandierare l’immagine di una Turchia che riacquista un ruolo importante nel mondo. Alla cipolla ostentata da Kilicdaroglu nei comizi per segnalare la sua vicinanza ai bisogni popolari rispetto al caro vita, Erdogan ha contrapposto la realizzazione di opere infrastrutturali e la riacquistata potenza militare della Turchia. La narrativa del cosiddetto secolo turco ha avuto la meglio, almeno per ora, sulle urgenze economiche del Paese. Anche nelle zone devastate dal terremoto, in cui si pensava che ci fosse un certo risentimento verso l’attuale classe dirigente, si è registrato un plebiscito per Erdogan.

Ha pesato sul voto anche la spaccatura fra città e campagna

 

Questo è un problema che investe tutta l’Europa. Una volta si diceva che “chi governa Istanbul governa il Paese” mentre adesso in Turchia si è verificata una forte spaccatura fra il voto  dei centri urbani, più liberale, rispetto a quello della campagna, orientato decisamente verso il governo attuale. La situazione della forte minoranza curda che rappresenta circa il 20% dell’intera popolazione turca rischia ora di peggiorare anche per l’inatteso successo dell’MHP, la lista nazionalista alleata con Erdogan. I curdi hanno appoggiato infatti convintamente l’opposizione e ora si troveranno confrontati con un nazionalismo ancora più ostile, conseguenza anche del conflitto siriano.

 

 

 

 

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Questo blog nasce dall’incontro di tre persone emigrate volontariamente in età adulta dall’Italia in Svizzera e che in questo Paese hanno realizzato esperienze diverse in vari ambiti lavorativi e culturali. 

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