Ladri di denti: storie di furti di nomi e di vite

Djarah Kan è una giovane donna italo-ghanese, cresciuta in provincia di Caserta, in un ambiente difficile, caratterizzato da continui conflitti e tensioni razziali tra i residenti italiani e quelli africani. Fin da bambina ha capito l’importanza della scrittura, come strumento non solo di espressione, ma anche di resistenza umana. Con un carissimo amico, di professione fotografo, fonda il blog “Kassava Call, Vulesse veré”, nel quale riesce a scrivere costantemente di Castel Volturno, cittadina della provincia di Caserta, affacciata sul mare, dalla storia complessa e ricca di contraddizioni. I suoi articoli non si limitano a Castel Volturno ma, partendo da questa cittadina, mettono in evidenza le tante mancanze, se non addirittura miserie, di noi italiani. Grazie al blog ha ottenuto la visibilità che la sua scrittura merita e ha cominciato a pubblicare per diverse riviste, fino a partecipare al Women’s Creative Mentorship Project, e poi all’International Writing Program, finanziato dall’Università dell’Iowa. Il blog che la Kan cura adesso, e che vi consiglio di seguire attentamente, è “Latte riot”, in cui spiega che scrive principalmente per tre ragioni: “perchè è divertente, perchè è gratis e perchè c’è sempre la possibilità che possa infastidire qualcuno. Latte Riot è la mia personale raccolta di avanzi. E si sa che dagli avanzi, secondo la tradizione popolare, nasce sempre qualcosa di buono”. 

L’anno scorso la casa editrice People ha pubblicato una raccolta di racconti di Djarah, dal titolo Ladri di denti. Il libro contiene sei racconti, uno più intenso dell’altro.

E’ doveroso precisare  che questi racconti non sono leggeri, non lasciano indifferenti, ma suscitano di volta in volta le emozioni più diverse: tristezza, preoccupazione, vergogna, senso di colpa… Eh sì, perché anche in questi racconti, come nel blog, non ci sono sconti per nessuno di noi, gli italiani che non si rendono conto di quanto, nelle azioni quotidiane, escludano o discriminino.

In “La storia di Topo” la Kan racconta di come la miseria, la fame, il terrore, cambino le persone, anche fisicamente.  “Spiegarlo e provare a riconoscerlo non è semplice. Perché nessuno crederebbe mai alla follia indotta dalla mancanza di documenti di riconoscimento validi. Non ci sono storie di italiani bianchi finiti in centri di igiene mentale per il mancato ottenimento della carta d’identità. Non ci sono bianchi che danno di matto perché la questura o la prefettura non li convoca per rilevare le impronte”.

In “Cacciatrici di negre” l’autrice si sofferma sul perbenismo degli italiani contro le giovani ragazze che, in uno stato di moderna schiavitù, sono costrette a prostituirsi in strada. Il dito è puntato in particolare contro le donne bianche, le mogli dei potenziali clienti delle prostitute. “Doveva essere veramente dura essere femmine alla loro maniera. Lottavano per il diritto di essere sottomesse. Lottavano per il diritto di essere la prima scelta in quanto donne bianche. Volevano a tutti i costi che la loro bianchezza fosse riconosciuta, contro l’invasione di quelle donne straniere, da cui si sentivano minacciate nella loro stessa casa. Perché la casa era la prigione che si erano scelte…”

In “Conosci la tua storia” si racconta l’incontro di una ragazza sedicenne con un uomo progressista e impegnato, “sincero democratico impegnato nel sociale”, che vuole insegnare alla protagonista la sua storia. “Fui contenta di sapere che era solo un ipocrita, ma quella lezione impartitami dieci anni prima era riuscita a darmi un’idea di come alcuni bianchi si convincano di poter insegnare ai nei come essere neri”.

Quegli uomini che non sanno cosa vuol dire non avere una carta d’identità, quelle donne che lottano  per il diritto di essere sottomesse,  i sinceri democratici che insegnano sempre ma non ascoltano mai, siamo noi. Questi racconti ci costringono a metterci davanti a uno specchio, e l’immagine che vediamo non è per nulla piacevole. Eppure, per migliorarci, è necessario prender coscienza di quello che siamo.

N.B. Questo articolo è pubblicato anche nel blog “Lettoriforty”.

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Questo blog nasce dall’incontro di tre persone emigrate volontariamente in età adulta dall’Italia in Svizzera e che in questo Paese hanno realizzato esperienze diverse in vari ambiti lavorativi e culturali. 

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