Lista delle S-malattie consigliate #14: specchio riflesso

Ciao, com’è andata la tua settimana?

Sei riuscito a far andare la bussola come più ti si addice oppure… stai ancora definendo una rotta?

Qualunque  sia la tua risposta, se settimana scorsa ho voluto fare un salto, all’interno, oggi voglio proseguire su questo stesso sentiero. Partendo però, da una prospettiva diversa… 

Ovvero, da quella delle persone che abbiamo “di fronte” e con cui interagiamo ogni giorno.

Ad esempio, ti è mai capitato di uscire di casa magari un po’ triste e annoiato, scambiare qualche parola con una persona allegra e renderti conto che il tuo stato d’animo ne fosse positivamente condizionato?

Vale anche il contrario, iniziare con una giornata OK, che per un piccolo screzio o per quella cosa andata storta, finisce per diventare disastrosa.

Mai successo?

Mi ricordo, che la frase che più ho odiato, ai tempi in cui volantinavo per Corso Vittorio Emanuele, vicino al Duomo di Milano, era: “Le persone ci fanno da specchio”.

Penso di averla sentita almeno un centinaio di volte.

Praticamente, ogni qualvolta non ottenevo un risultato decente, confrontandomi con il mio coach gli dicevo :“Dado, ma è domenica, oggi parevano tutti scoglionati, ci sta, erano a fare shopping, che vuoi che gliene fregasse dei corsi di tecniche di memoria”.

E lui prontamente rispondeva: “Sei sicura che quella scoglionata non fossi tu, che avresti preferito andare a fare shopping che stare lì a volantinare?”

Sono onesta, avrei preferito di gran lunga andare a farmi un giro in qualche bella libreria, che stare a parlare con le persone sotto il sole cocente.

Tuttavia, ricordo con tenerezza quelle giornate, in cui ho imparato quali fossero le mie principali paure, a riconoscerne il profilo, e a costruire così, mano a mano, strategie inverse, per non farmi bloccare.

Anche perché, ogni mattina, mi si presentavano, belle limpide, puntuali, una a una dritte di fronte a me, in una meravigliosa piazza.  “Ciao, io sono la paura del giudizio” “Io la paura del rifiuto” “Io la paura di non essere capita” “Io la paura del fallimento” “Io sono la paura del successo” “Io sono la paura di essere ingannata” “E io sono la paura dell’abbandono”.

Più interagivo con le persone, più capivo che quelle paure che loro mi palesavano,  rifiutandomi, evitandomi, andando via con delle scuse, non erano altro che tutte quelle sensazioni negative che albergavano tacite e indisturbate dentro di me, senza che io me ne rendessi minimamente conto.

Mano a mano che passava il tempo, ho capito che , se non volevo “trasmettere” ai miei sconosciuti interlocutori, quelle sensazioni sgradevoli, dovevo prima di tutto imparare a toglierle da me stessa.  

Mi ricordo ancora il giorno in cui mi sono “sbloccata”. È stato il primo passo per una grande svolta.

Ai tempi stavo con una persona che detestava profondamente il mio lavoro, diceva che era tutto tempo perso. Non vi dico il mio sconforto, per una come me che, non lo faceva per soldi, ma per formarmi e diventare poi una coach professionista.

Un bel giorno, decise di lasciarmi, proprio perché non sopportava le mie scelte lavorative e il fatto che fossi impegnata ogni weekend. Tuttavia, pur detestando anche l’azienda per cui lavoravo, voleva il mio libro di testo, per imparare le tecniche che insegnavamo.

Ovviamente non le lasciai il mio libro, era quello che avevo tenuto in aula con me durante il mio primo corso di formazione… Avrei mai potuto lasciarle tra le mani una cosa per me così preziosa e importante? 
Non per il testo in sé. Ma perché non sentivo “giusto”, che chi mi disprezzava tanto, potesse usufruire di un dono tanto prezioso.

Tuttavia pochi giorni dopo la rottura, andai a casa sua e glielo lasciai sulla porta.

Avevo capito, che per me, erano più importanti, i vantaggi che avrebbe potuto avere quella persona, sfruttando quel libro, piuttosto che il mio bisogno orgoglioso, di difendere i miei ideali e quelli dell’azienda a cui ancora oggi sono immensamente grata.

Ora, non vi dico che da quel giorno in poi, stare con un volantino in una piazza piena di gente, che a volte, nemmeno ti guarda in faccia, sia una passeggiata.

Ma ho capito che, a prescindere, da quello che avrei potuto trovare là fuori, ciò che avrebbe davvero fatto la differenza, era il motivo, per cui avevo scelto di scendere in piazza per dare quel volantino.

Io lo porgevo, per offrire alle persone, quella stessa opportunità di cambiamento che mi ha reso una persona più consapevole, più libera e decisamente più felice.
Non che la vita sia diventata più facile da allora, intendiamoci. Ma ho acquisito  più strumenti e ho tolto più pesi inutili, che mi hanno sempre rallentato nel raggiungimento dei miei obiettivi.
Ho accettato, che molto probabilmente, non sarei mai stata capita da tutti, e che andava bene così.

Il mio obiettivo non doveva essere “farmi capire” oppure “difendere l’operato della mia azienda”.

Il mio obiettivo era dare un’opportunità a chiunque fosse disposto a coglierla.
Senza se e senza ma.

Capire, che le emozioni, di chi mi trovavo di fronte, potessero essere in realtà, un monito per guardarmi dentro, mi ha aiutato molto a crescere.

 Oggi c’è una domanda, molto scomoda, che  porto sempre con me…

A prescindere dalla situazione in cui mi trovo, io cosa posso fare per “cambiare le cose?”

 Mi risponde,  sempre noiosamente la stessa eco.…

“Cambia tu per prima, Ilaria… Cambia tu, vivi come se…”

Ora lo chiedo a te: “Cosa puoi fare per rendere le cose come vorresti”?

Prima di salutarti, voglio raccontarti la storia che mi ha motivato dopo ogni no ricevuto.
La puoi ascoltare facendo Play qui sotto.

Non dimenticare…

A volte basta solo un primo passo per cambiare il mondo, ma per rivoluzionarlo davvero, non può restare il solo.¨

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Questo blog nasce dall’incontro di tre persone emigrate volontariamente in età adulta dall’Italia in Svizzera e che in questo Paese hanno realizzato esperienze diverse in vari ambiti lavorativi e culturali. 

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