Lista delle S-malattie consigliate #40: Immagina (parte 1)

Tic… Tic.. Tic…

Il suono delle mani che battono distrattamente sulla tastiera.

Non è sempre stato così, anzi.

Un tempo, quando ero bambina, andavo con mia madre dopo la scuola. Lei puliva gli uffici del comune a Winterthur, dove vivevamo. Mi ricordo che prendevo un sacco di brochure dagli espositori e ci scrivevo sopra delle storie.

Oppure, con quegli stessi fogli di carta, mi divertivo a costruire cannocchiali o qualsiasi altra cosa mi passasse per la testa. Scorrazzando tra le scrivanie, facevo il pirata.

Mi divertivo anche a legare insieme tra di loro, tutte le graffette, regalando così alle segretarie, delle deliziose catenine. Che poi immancabilmente dovevano sbrogliare nel momento del bisogno.

Altresì è vero che, in quel modo, non le avrebbero più perse sul pavimento. Tuttavia, non penso che avessero mai preso in considerazione quel singolare vantaggio, del mio umile e laborioso operato. Mi ricordo che avevo una coperta rossa, di cotone, con dei fiorellini bianchi e verdi. Talvolta era il mio mantello, con cui a casa inseguivo gli indiani. Oppure diventava il tappeto di Aladin. Molto spesso, era anche la coperta con cui sellavo il mio cavallo. Oppure, unendo manici di scopa e altre chincaglierie che trovavo in casa, diventava la tenda degli indiani.

Quante cose può fare un solo oggetto, se si è disposti a guardarlo in più modi! Quanto forte può scrivere una penna, se guidata da una delle più grandi e inesauribili fonti che la specie umana ha, l’immaginazione”!

Io scrivevo storie, fin da quando ero piccola. Non ho mai avuto nessun problema a inventare e creare.

La mia difficoltà,  allora come adesso, è stare su un unico pensiero, lineare, dall’inizio alla fine.
Senza continuare a disperdermi. Penso che sia questo ad avermi rallentato negli anni.  Benché io abbia scoperto molto presto, cosa volevo fare nella vita. Sognavo di scrivere per la Disney, il testo di quel film, che avrebbe spazzato via tutte le paure dai cuori dei giovani sognatori  permettendogli così, di compiere il loro destino, senza farsi frenare da dubbi e perplessità.

Non so esattamente quando sia nato questo desiderio. Ricordo che, a diciassette anni, io e il mio migliore amico  passeggiavamo sul lungolago di Verbania, fantasticando insieme sul nostro futuro. Lui ogni settimana, alla nuova canzone di turno, mi diceva :“Senti questa, immagina, la modella che arriva, vestita con questo, questo e questo, pettinata così…”. Rincorrendo a perdifiato le sue stesse parole per l’entusiasmo. E io, trascinata da quello spirito e dalle note, disegnavo mentalmente la scenografia, in base all’abito e all’acconciatura che mi aveva descritto. Non eravamo del tutto normali, lo riconosco. Per fortuna, non lo siamo mai stati. Ma non è stato questo a farmi scattare il vero click. Questa è stata la costruzione che ha reso possibile, tutto quello che è arrivato dopo.

Il 26 ottobre 2009, a ventiquattro anni, c’è stato il secondo passaggio, il giorno della sua laurea. Quando ho visto con i miei occhi concretizzarsi quello che ci eravamo raccontati, per anni, sulle sponde del nostro lago. I preparativi, sistemare gli ultimi dettagli dell’abito sulla modella. La tensione, l’imbarazzo, la gioia e l’emozione che non riuscivo a contenere. Lui, felicissimo e un po’ frastornato, io che tenevo testa alla fontana di Trevi. Non ti dico quanti pacchetti di fazzoletti ho fatto fuori! È stata una sensazione, che non ti so descrivere. Vedere una fantasia, tanto a lungo raccontata, materializzarsi davanti agli occhi e sotto le nostre mani, è qualcosa che auguro a ogni persona sulla faccia della Terra.

Sentivo in cuor mio, che avrei sempre, spronato chiunque avesse un sogno, a fare di tutto per realizzarlo. Peccato sia stato solo il mio animo a sentire quel richiamo.

Poco dopo mi fidanzai, con quella che per me, resta ancora oggi, una delle persone più significative della mia esistenza. Non ero propriamente felice in quegli anni. C’è sempre stato qualcosa di fondo, che mi rendeva insoddisfatta. Sembravo come una pallina da ping pong che rimbalzava su e giù in cerca di non so cosa, presa da un vortice d’inquietudine, inarrestabile. Quattro anni più tardi, la relazione ,sulla quale scaricavo tutte le mie frustrazioni si è interrotta, lasciandomi così, ancora più triste e confusa.

Quando realizzai che l’unico vero artefice del mio stato d’animo irrequieto e inappagato ero io, presi in mano la mia esistenza. Penso che sia stata quella la mia vera rinascita.

In quel periodo conobbi Giulio. Un coach che mi raccontò di pensieri che appartenevano da sempre al mio modo di vedere la vita. Nel farmi un ragionamento, utilizzò le mappe mentali. Quelle meravigliose mappe, che mi permisero di fare l’errore migliore che potessi fare.

Ma per questa parte del racconto, ti rimando alla prossima settimana.

Come dico sempre….

A volte basta solo un primo passo per cambiare il mondo,
ma per rivoluzionarlo davvero, non può restare il solo.

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Questo blog nasce dall’incontro di tre persone emigrate volontariamente in età adulta dall’Italia in Svizzera e che in questo Paese hanno realizzato esperienze diverse in vari ambiti lavorativi e culturali. 

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