Mi trovo a Pisa proprio nei giorni in cui la città è in primo piano nelle cronache giornalistiche e televisive per le violente cariche poliziesche del 23 febbraio.
Confesso che, appena avuto sentore della notizia, non le ho dato una grande importanza perché ho pensato che si trattasse di un’irrilevante scaramuccia.
Le prime immagini e le prime testimonianze mi hanno fatto cambiare idea; poche decine di manifestanti totalmente pacifici e disarmati sono stati bloccati in una stretta via di accesso a Piazza dei Cavalieri da un cordone di polizia mentre le vie di fuga erano bloccata dalle “forze dell’ordine”.
Questo modus operandi dimostra che la volontà della polizia non era quella di disperdere i pacifici manifestanti ma di impartire loro una lezione a suon di legnate.
Altre immagini mostrano manifestanti immobilizzati a terra e ammanettati come pericolosi terroristi. La città ha reagito in modo compatto a questo grave episodio e lo stesso 23 febbraio circa cinquemila persone si sono radunate proprio in Piazza dei Cavalieri, dove ha sede fra l’altro la Scuola Normale Superiore, in una manifestazione spontanea di protesta che ha coinvolto cittadini di vario orientamento politico.
Ha suscitato sdegno anche il fatto che molti dei manifestanti malmenati, che invocavano libertà per la Palestina, fossero giovanissimi, in parte probabilmente alla loro prima manifestazione di piazza.
“Dobbiamo chiedere scusa ai nostri ragazzi”-ha scritto su il manifesto Lorena Conte, una docente che ha vissuto in prima persona il grave episodio. “Continuiamo a dire che sono apatici, che stanno sempre con la testa china sui social. E quando qualcuno la tira su, quella testa, si becca le manganellate. (…) Abbiamo perso davvero tutti sotto quella pioggia d’acqua e di manganelli”
La gravità della situazione è del resto testimoniata dall’ intervento del Presidente Mattarella che ha deplorato con grande fermezza la gestione violenta dell’ordine pubblico definendo una sconfitta l’uso dei manganelli contro i ragazzi. Il costituzionalista Gustavo Zagrebelsky in un’intervista a Repubblica ha sottolineato il carattere inusuale della nota del Quirinale che ha richiamato in modo esplicito la necessità di rispettare i principi costituzionali.
Fra gli osservatori che hanno condannato la modalità d’intervento della polizia, alcuni l’hanno considerata frutto di un’errata gestione dell’ordine pubblico. Penso invece che si sia trattato di un tipo di intervento coerente con la visione securitaria del governo Meloni; fin dai suoi primi giorni di vita l’esecutivo di destra ha mostrato il suo volto autoritario soprattutto nei confronti delle diverse manifestazioni di espressione giovanile e più in generale verso varie forme di libertà di opinione e di manifestazione. Ad aggravare la situazione si è aggiunto il crescente sforzo della destra di controllare o condizionare ogni aspetto dell’informazione e della cultura.
I fatti di Pisa, già di per sé gravi, meritano una riflessione perché si inseriscono in un contesto repressivo non solo italiano che prende di mira le forme di contestazione del potere. Ovviamente la violenza poliziesca nella città toscana non può essere messa sullo stesso piano di ben più gravi repressioni del dissenso che avvengono nel mondo; tuttavia, può essere un ulteriore, pericoloso segnale di un’involuzione autoritaria che va stroncata sul nascere.
La tendenza alla repressione del dissenso ha infatti un carattere planetario e non riguarda solo i regimi autoritari in cui un numero crescente di dissidenti viene perseguitato e non di rado imprigionato e soppresso. Fin dal 2022 Amnesty ha denunciato un’offensiva generalizzata verso la libertà di manifestare liberamente il dissenso contro il Potere, documentandola dettagliatamente già nel 2022 con il lancio della campagna “Proteggo la protesta”.
Anche in quello che si autoproclama “mondo libero” è in atto su vari fronti un attacco alla libertà di opinione e di manifestazione che segna spesso l’avvio dell’attacco a tutti i diritti democratici.
L’Unione europea deve fare i conti con quello che accade in vari Paesi membri, in primo luogo in Ungheria dove ormai si va delineando la creazione di quella “democrazia illiberale” proclamata da Orban.
Abbiamo sotto gli occhi le drammatiche immagini di Ilaria Salis, una cittadina italiana arrestata a Budapest per presunti reati comunque lievi, in carcere preventivo in condizioni disumane da un anno e comparsa in catene alla prima udienza del processo in cui rischia una lunghissima e immotivata reclusione.
La sostanziale accettazione da parte del governo italiano di questa situazione dimostra che i presunti sovranisti non hanno nemmeno la volontà di proteggere i loro concittadini non allineati con la loro visione del mondo.
Il ministro Salvini è arrivato a giustificare i palesi soprusi delle autorità magiare sulla detenuta affermando che ogni Paese ha diritto ad applicare le proprie leggi come se si trattasse di giustificare un’usanza locale e non di difendere diritti umani basilari e universali.
Del resto, Giorgia Meloni non ha mai nascosto le proprie simpatie politiche per il despota ungherese e per il suo regime. Condizioni analoghe di repressione della libertà si stavano realizzando anche In Polonia dove la vittoria elettorale di un fronte democratico sembra, fra mille difficoltà, contrastare questa pericolosa deriva. Ma il veleno illiberale e la tendenza a minacciare le libertà fondamentali si stanno diffondendo un po’in tutti i Paesi dell’Ue, favoriti dall’inerzia delle autorità comunitarie largamente incapaci di difendere efficacemente i principi democratici fondativi dell’Unione. Emblematica la vicenda delle sanzioni all’Ungheria per violazione di aspetti fondamentali dello stato di diritto; tali sanzioni rimangono sospese nell’aria e sono frutto di continui mercanteggiamenti e cedimenti ai ricatti del premier ungherese.
Le speranze di fermare questa pericolosa spirale repressiva sono dunque riposte essenzialmente in una reazione delle forze democratiche che devono reagire con decisione a ogni forma di involuzione autoritaria. In quest’ottica anche il voto di giugno per l’elezione del nuovo parlamento europeo assume un rilievo particolare.