Nascere a Gaza

Si dice spesso che per provare veramente empatia verso le vittime di situazioni tragiche bisogna dare loro un volto e un nome.

Lamis Qasim e Majed Ashorbaji fra un mese diventeranno genitori per la prima volta; quello che dovrebbe essere un lieto evento lo è molto meno se, come i due futuri genitori, si è costretti a vivere Gaza sotto la feroce repressione israeliana.

I due giovani, dopo varie peripezie, “abitano” in una   casa semidistrutta dai bombardamenti di cui ormai rimangono le rovine non più in grado di offrire un vero riparo. E un paesaggio di rovine è quello che si offre al loro sguardo tutto intorno.

L’esercito israeliano blocca le vie di uscita da Gaza e al momento anche i rifornimenti di beni di prima necessità.

Il pane non è più reperibile e frutta e verdura sono diventati rari e comunque economicamente inaccessibili.

L’alimentazione consiste perciò essenzialmente in tonno e sardine in scatola, in quantità oltretutto insufficienti, tanto più per una donna all’ottavo mese di gravidanza.

Impossibile pensare di ricorrere a qualsiasi assistenza sanitaria, visto che gli ospedali sono uno degli obiettivi principali dei bombardamenti israeliani; è di ieri la notizia della distruzione dell’ultimo ospedale pienamente funzionante a Gaza.

Lamis e Majed vorrebbero lasciare la striscia di Gaza e avrebbero anche le carte in regola per essere accolti in Italia ma le autorità israeliane si rifiutano anche nel loro caso di concedere il permesso di uscita

Majed Ashorbaji aveva infatti lasciato Jabalya, vicino a Gaza, a 16 anni per raggiungere insieme al padre la Germania dove aveva compiuto una parte del percorso scolastico e intrapresa la formazione come infermiere senza riuscire a completarla in quanto il padre non poteva più rimanere in Germania.

Majed riuscì a raggiungere l’Italia dove a 19 anni, nel 2019, ottenne un permesso di protezione internazionale che gli permise di lavorare in un’industria metallurgica.

Successivamente il padre, rientrato a Gaza, si ammalò gravemente e Majed cercò inutilmente di farlo arrivare in Italia per assisterlo e curarlo adeguatamente. Nel settembre del 2023 prese la fatale decisione di andare a trovarlo ma in seguito all’eccidio del 7 ottobre e all’invasione israeliana di Gaza, ha dovuto subire il divieto israeliano   di tornare in Italia nonostante sia tuttora in possesso di un permesso di soggiorno valido,

Qasim e Majed si sono conosciuti una settimana prima del 7 ottobre del 2023 nell’hotel dove Qasim lavorava.

Qasim ha sempre vissuto nella Striscia e con il suo lavoro di insegnante di inglese e di receptionist si era costruita un’esistenza indipendente a Jabaliya dove viveva in una casa che aveva arredato personalmente, non lontana da quella di Majed; oggi quella casa è un cumulo di macerie e i due giovani sono fuggiti nel sud della striscia, rifugiandosi dapprima in una tenda e poi in alloggi di fortuna come quello attuale,

Majed ha continuato con crescente insistenza a chiedere alle autorità israeliane, anche tramite l’Ambasciata italiana  e  con l’ausilio dell’assistenza legale di una Ong il rilascio del lasciapassare per uscire da Gaza, facendo presente anche la situazione della moglie   ma tutto finora è stato inutile.

Le autorità israeliane praticano quella che i palestinesi chiamano “violenza burocratica” e si riservano in modo del tutto arbitrario e ricattatorio il diritto di concedere o meno i permessi di uscita,

Chiara Lodi di Medici senza frontiere sottolinea l’assenza di luoghi adatti per partorire e la scarsità di cibo sia per le donne che per i neonati,

Nonostante tutto Qasim non perde la speranza di poter uscire dalla Striscia e di poter partorire e allevare il proprio bambino come ogni madre al mondo dovrebbe avere il diritto di fare.

Anche se la nascita di una nuova vita che i futuri genitori si accingono ad accogliere con incredibile coraggio trasmette di per sé un segnale di speranza, la situazione descritta rappresenta un esempio concreto della sofferenza di chi sopravvive a Gaza sotto la terribile e disumana repressione israeliana che niente può giustificare nelle forme in cui sta avvenendo.

Se quello a Gaza sia in corso un genocidio, un tentativo di pulizia etnica o quant’altro ha in fondo poca importanza di fronte alla necessità di porre fine il prima possibile al massacro e alle privazioni di un intero popolo; nessuno potrà dire di non sapere e noi tutti saremo chiamati a rispondere di quello che nel limite delle nostre possibilità o non abbiamo fatto per porre fine all’orrore. Anche se il rilascio del permesso dipende dalle autorità israeliane, le autorità italiane  devono esercitare una pressione maggiore per permettere a Majed e alla sua famiglia di poter arrivare in Italia.

Nel giorno in cui le autorità di tutto l’Occidente reagiscono con giusta indignazione all’ennesimo crimine compiuto dalla Russia di Putin a Sumy, colpisce il loro sostanziale silenzio sui ripetuti crimini di guerra israeliani a Gaza e in Cisgiordania. Il criminale eccidio compiuto da Hamas e dai suoi alleati il 7 ottobre 2023 non può giustificare la vendetta israeliana contro un intero popolo, colpito con incessanti bombardamenti e ridotto alla fame e alla privazione delle più elementari forme di assistenza.

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Questo blog nasce dall’incontro di tre persone emigrate volontariamente in età adulta dall’Italia in Svizzera e che in questo Paese hanno realizzato esperienze diverse in vari ambiti lavorativi e culturali. 

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