Razzismo in salsa italiana: Negretta

Quando, durante una discussione tra amici, spunta la domanda “L’Italia è un Paese razzista?” il gruppo si spacca immediatamente in due opposte fazioni. C’è chi risponde sì, senza se e senza ma, e chi contrappone un netto no. Io penso che a questa domanda si possa rispondere solo analizzando i fatti, non tanto quelli eclatanti che conquistano le prima pagine della cronaca, ma quelli piccoli, nascosti, che avvengono quotidianamente e che le vittime subiscono in silenzio per anni.

Un libro che mette in luce quanto appena scritto è il romanzo di Marilena Delli Umuhoza, che si basa sul vissuto dell’autrice; Marilena è, infatti, nata a Roma, da padre italiano e madre ruandese. E’ fotografa e regista, oltre a essere scrittrice. Quando si laureò in Scienze della comunicazione, scrisse una tesi sul cinema africano, la prima a essere mai scritta in Italia. Il romanzo di cui vi racconto oggi si chiama “Negretta. Baci razzisti”, pubblicato qualche mese fa dalla casa editrice Redstar press, e ha per protagonista una bambina, che ha lo stesso nome dell’autrice, nata e cresciuta nella bergamasca da padre bergamasco, ex prete, e madre ruandese di etnia tutsi, ex direttrice di scuola nel suo Paese di origine. Il romanzo è la storia di una resistenza umana, quella della bambina Marilena, che impara a sviluppare gli anticorpi per poter sopravvivere, e crescere sana, in un Paese come il nostro.

Il libro è pieno di episodi di vita quotidiana che descrivono, ahinoi, la situazione italiana: si passa da situazioni di aperto razzismo ad altre di estrema ignoranza, da commenti fatti con l’intento di ferire ad altri che feriscono lo stesso, ma senza che l’autore se ne renda conto; sto parlando degli unconscious biases, i pregiudizi inconsapevoli che ognuno ha. E così, una bambina nera, non può essere italiana, ma solo parlare molto bene l’italiano. Se la madre lavora, deve per forza pulire le scale. O, in alternativa, fare la puttana. Se la bambina, nel frattempo divenuta una bella ragazza, cammina per strada da sola, è lei a essere presa per puttana, inevitabilmente.

Emblematico l’episodio della prima volta nello scuolabus, per andare alla scuola primaria, con i bambini che non vogliono che la “negretta” si sieda accanto a loro, e così Marilena si accomoda in ultima fila, accanto all’altra bambina emarginata perché molto pallida, che l’autista ha soprannominato “latte”. Lo stesso autista non mancherà di soprannominare Marilena “caffè”.

Ancora più doloroso il colloquio di lavoro della madre:

Buonjorno, mi manda…”

Senza staccare gli occhi dal curriculum di mia madre, il boss alzò la mano destra come per fermare il traffico.

Lo so benissimo chi ti manda. Abbiamo bisogno di qualcuno che pulisca gli uffici, le finestre e…”

Signor Marini, come specificato nella lettera inviatale dall’Ufficio Disabili, sono qui esclusivamente per coprire la posizione di centralinista e contabile”.

Sogghignò per un momento e puntò gli occhi verso il soffitto, come se lassù ci fosse una qualche risposta.

Credo ci sia stato un malinteso. Quella posizione necessita di un diploma…”

Sì. Ce l’ho un diploma. E una laurea. Superata con lode presso l’Università privata di Butare”.

E n’do l’è po’? In Negronia?” mugugnò tra sé, gli occhi sempre fissi sul suo soffitto.

In Rwanda. Dove sono stata direttrice di tre collegi dal ’74 al ’79”.

Ada te. La capese pure il bergamasco chesta chè”.

E non solo. Oltre all’italiano e alla mia lingua madre, sono fluente in francese. E ho una conoscenza base d’inglese”.

Sentimi, cara. In quest’azienda, in questo Paese, l’immagine viene prima di ogni cosa. Non possiamo assumere una… ah… fanculo”.

Si alzò, scattò in avanti quasi per aggredirla e le indicò la porta.

Avvertenza: leggere questo libro provoca dolore, non solo perché alcune delle situazioni possano essere state vissute dai portatori di una qualsivoglia diversità, tra i quali lo scrivente (ho lavorato nella bergamasca e più in generale nell’Italia settentrionale e ho vissuto situazioni di pregiudizi inconsapevoli, anche se avevo il “vantaggio” di essere uomo, bianco e addirittura italiano, seppur terrone”), ma soprattutto perché potremmo riconoscerci, prima o poi, negli autori di commenti razzisti, oh, espressi senza rendercene conto. Nessuna paura, il primo passo per abbattere i pregiudizi inconsapevoli sta proprio nell’imparare a riconoscerli, e questo libro può aiutare in questo senso.

https://www.redstarpress.it/prodotto/negretta/

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Questo blog nasce dall’incontro di tre persone emigrate volontariamente in età adulta dall’Italia in Svizzera e che in questo Paese hanno realizzato esperienze diverse in vari ambiti lavorativi e culturali. 

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