… ma anche comunale. Questo è il racconto delle peripezie di un cittadino italiano residente all’estero che cerca, per ora invano, di farsi rilasciare la preziosa Carta d’identità elettronica.
Tutto comincia con il tentativo effettuato presso il mio comune di origine in Italia al momento della scadenza della vecchia carta d’identità.
Mi sottopongo speranzoso a una lunga attesa nell’affollato stanzone dell’Ufficio Anagrafe del Comune di Pisa, convinto di ottenere la nuova Carta d’identità elettronica propagandata in quel momento, dopo un lungo periodo di sperimentazione. come una rivoluzionaria novità a disposizione di tutti i cittadini, Quando finalmente arriva il mio turno l’impiegato mi comunica che, in quanto residente all’estero, potrà rilasciarmi il documento solo nella tradizionale forma cartacea. Alla mia richiesta di chiarimento su questa stravagante discriminazione, il funzionario alza silenzioso gli occhi al cielo, quasi ad invocare il soccorso delle oscure e crudeli divinità che presiedono in modo imperscrutabile alle regole della burocrazia italiana.
Passa qualche mese e mi rendo conto che, per accedere a una serie di servizi e informazioni delle Amministrazioni italiane, ho bisogno improrogabilmente della CIE e dello Spid. Quest’ultimo sistema di identificazione digitale, nonostante richiami, immagino volutamente, un’idea di velocità risulta ancora più complesso da ottenere all’estero; qualcuno mi fa sapere che per avere lo Spid è più pratico avere prima la CIE e che comunque con quest’ultima si può accedere ad alcuni dei servizi desiderati. Dall’Italia inoltre arrivano confusi segnali di una possibile abolizione dello Spid che verrebbe sostituito in tutto e per tutto dalla CIE. Smarrito in questo labirinto burocratico, mi rassegno ad affrontare l’iter per il rilascio della mitica Carte d’identità elettronica presso il Consolato d’Italia di Zurigo.
Inizio la procedura con l’ingenuo tentativo di contattare telefonicamente, per una serie di informazioni preliminari, l’ufficio consolare preposto al rilascio dell’agognato tesserino, chiamando ripetutamente, come previsto sulla pagina web del consolato fra le 12 e le 13 di diversi giorni feriali ma il numero indicato risulta incessantemente occupato oppure gli squilli telefonici si perdono nel silenzio degli spazi siderali.
Il Consolato Generale di Zurigo è diventato una specie di bunker fisicamente impenetrabile già dai tempi dell’emergenza Covid della cui cessazione evidentemente nessuno ha avvisato le autorità consolari per cui gli uffici consolari continuano a risultare inaccessibili. In questa situazione sembrerebbe ovvio facilitare i contatti telefonici con i diversi uffici ma a quanto pare questa opzione, a parte gli impegni formali, viene sostanzialmente disattesa, senza fornire spiegazione ai numerosi utenti che se ne lamentano. Evidentemente si tratterebbe di una soluzione troppo ovvia, inadatta al Paese dove, per dirla con Flaiano, l’arabesco è la linea più breve per unire due punti.
Mi sottopongo perciò alla procedura per fissare un appuntamento online dopo aver creato con qualche difficoltà, dovuta più che altro al fatto di essere un tardivo digitale, e tento di prenotarmi per il mese di marzo, ricevendo per tutta risposta che non ci sono appuntamenti disponibili per tutto il mese.
Ci riprovo allora agli albori del mese successivo ma la risposta è implacabilmente la stessa.
Con il segreto sospetto che, data la ricorrenza del primo aprile, si tratti di uno scherzo orchestrato da qualche impiegato buontempone, decido di segnalare cortesemente l’inconveniente via mail, chiedendo di concordare direttamente un appuntamento appena possibile, sottraendomi in tal modo alla frustrante procedura della prenotazione online.
Ricevo una risposta alquanto piccata in cui mi viene fatto capire che non c’è nessuna urgenza per me di avere un appuntamento entro maggio dato che sono in possesso di un passaporto non in scadenza che mi permette tranquillamente di viaggiare. Nella stessa missiva vengo invitato a inoltrare la mia richiesta non prima di luglio-agosto.
Ne deduco prima di tutto di avere un’idea diversa del concetto di urgenza rispetto al solerte funzionario consolare e quindi se le già citate divinità mi assisteranno dopo sei o sette mesi potrò (forse) avere l’appuntamento richiesto. Pare inoltre che l’idea che la CIE non serva solo per viaggiare non sia stata ancora recepita dalla locale burocrazia italiana Resta avvolto nel mistero il motivo per cui non sia possibile fissare fin da ora un appuntamento sia pure per una data futuribile; evidentemente chi presiede ai riti consolari ha deciso, per motivi didattici, di far compiere agli utenti il proficuo esercizio di esercitarsi mese per mese sull’apposita piattaforma. Forse si potrebbe rendere il tutto più emozionante estraendo a sorte ogni mese i nomi dei fortunati che avranno il privilegio di essere ricevuti in tempi storici.
Una leggenda metropolitana, priva però di un sufficiente fondamento empirico, narra che, presentandosi di persona presso la portineria del Consolato, alcuni fortunati sarebbero riusciti a entrare nelle grazie dell’addetto alla portineria, ottenendo il raro privilegio di accedere all’Ufficio che rilascia la CIE, dove hanno almeno potuto concordare di essere ricevuti, magari verso Natale.
Al di là delle rocambolesche vicende personali, questo disservizio, che molti connazionali lamentano, ha origine nel fatto che i fondi destinati al Ministero degli Affari Esteri e della Cooperazione internazionale sono stati notevolmente ridotti a partire dai primi anni del 2000 portando a una drastica riduzione del personale e dei servizi erogati. Molti consolati sono stati chiusi nel quadro di un programma di quella che il lessico burocratese definisce “razionalizzazione” che a quanto pare esula dalle esigenze degli utenti e ha condotto alla chiusura di diversi consolati, anche importanti che coprivano un’ampia area territoriale.
Oltretutto a partire dalla crisi del 2008 i l’emigrazione italiana verso molti Paesi europei, fra cui la Svizzera, è ripresa in modo massiccio, facendo registrare una netta inversione di tendenza rispetto al periodo precedente e questo ha contribuito a un autentico collasso dei sevizi consolari.
Lo scorso anno una serie di associazioni italiane operanti in Svizzera hanno lanciato una petizione popolare rivolta a tutti gli italiani residenti all’estero per denunciare i disservizi della rete consolare nel mondo, invitando le autorità competenti a adottare opportuni provvedimenti al riguardo.
L’attuale situazione crea oltretutto inutile tensione fra gli utenti e i dipendenti consolari che non sono certo responsabili della situazione di disagio che potrebbe tuttavia essere attenuata migliorando la comunicazione. In attesa naturalmente che il potere politico romano si renda conto che la presenza degli italiani nel mondo è importante e merita un trattamento migliore.