Se la solidarietà diventa un reato

La sentenza che condanna in primo grado Mimmo Lucano a 13 anni di carcere e a una pena pecuniaria di 700.00 euro per presunti reati commessi nella gestione dell’accoglienza dei migranti a Riace ha suscitato in larga misura stupore e indignazione.

Senza dover attendere le motivazioni della sentenza non si può non rimanere sconvolti da un verdetto che, escludendo di fatto qualsiasi concreto interesse personale da parte dello stesso Lucano. lo condanna a una pena abnorme, superiore a quella di gravi reati.

Senza entrare nel merito della sentenza, e nella speranza   che i successivi gradi di giudizio la rovescino completamente, vale la pena di riflettere sul clima culturale in cui essa si inserisce. 

Ormai da anni, si assiste un po’ in tutto il mondo a una negazione e a una sostanziale criminalizzazione del principio della solidarietà, con conseguenti misure legislative e giudiziarie.

L’Ue, in particolare, ha mostrato una totale incapacità, nel corso degli anni, di elaborare una politica di gestione unitaria e condivisa dei flussi migratori e ne ha fatto sempre di più esclusivamente un problema di sicurezza. La politica europea   si è di conseguenza tradotta nel tentativo di tenere i migranti il più possibile lontani dalle  frontiere dell’Unione,  con l’impego  di ripugnanti  metodi  dissuasivi e coercitivi. Molti singoli Paesi hanno poi rifiutato completamente di farsi carico del problema o hanno tagliato impietosamente i fondi per i programmi di accoglienza e integrazione.

In un rapporto del 2020 Amnesty International ha ampiamente documentato una serie di misure che hanno colpito, in vari Paesi europei, cittadini e organizzazioni che, per sopperire alle carenze delle autorità preposte al soccorso e all’assistenza, hanno messo in atto forme concrete di solidarietà verso i migranti 

In Italia si sono susseguiti negli ultimi anni i sequestri di navi di varie Ong impegnate nei soccorsi in mare e le stesse organizzazioni sono spesso sottoposte a procedimenti giudiziari o comunque costrette a sottostare a procedure che ne ostacolano costantemente l’azione.

In Francia chi assiste in qualsiasi modo migranti nelle vicinanze del confine nazionale, rischia incriminazioni e condanne.

Anche in Svizzera, Paese che non appartiene all’Ue ma ne condivide sostanzialmente le politiche in questo campo, il pastore Norbert Valley è stato condannato insieme ad altre persone per aver offerto aiuti a cittadini stranieri e averli aiutati nell’espletamento delle pratiche relative alle varie forme di protezione.

In Grecia Sarah Mardini e e Söan Binder hanno subito mesi di detenzione preventiva per aver soccorso migranti approdati sull’isola di Lesbo. La rete di associazioni RiVolti ai Balcani ha denunciato fatti analoghi avvenuti lungo la rotta balcanica, rilevando come la persecuzione sistematica di chiunque eserciti forme di solidarietà rappresenti di fatto un pericolo mortale per le nostre democrazie.

In questo clima non sono mancati episodi di molestie e violenze da parte delle forze dell’ordine nei confronti di migranti che osavano violare la “fortezza Europa”.
Nessuno dispone di facili ricette per risolvere gli immensi problemi che costringono milioni di persone a cercare un futuro lontano dalla loro terra d’origine.

Il  principio etico basilare di ogni intervento in questo campo  dovrebbe tuttavia escludere in modo categorico le pratiche  attuali che di fatto prevedono  la morte per annegamento di migliaia di esseri umani o varie forme di maltrattamento nei loro confronti  come deterrente per frenare le migrazioni.

Molto probabilmente le “illegalità” di Lucano si riveleranno sostanzialmente forzature di leggi e normative per la realizzazione di progetti di accoglienza che un rigoroso rispetto dell’attuale iniqua legalità avrebbe reso impossibili. 

A proposito di legalità va comunque rilevato che sono proprio i provvedimenti che criminalizzano la solidarietà a violare norme sovranazionali quali la Dichiarazione universale dei diritti dell’uomo e, più nello specifico, la Convenzione di Ginevra sullo stato dei rifugiati.

I “fuorilegge” che disobbediscono a misure ingiuste e, con la loro resistenza non violenta, sensibilizzano l’opinione pubblica, in fondo non fanno altro che richiamare le autorità dell’Ue e dei singoli stati al rispetto di quei principi umanitari a cui, almeno a parole, affermano di ispirarsi. 

Non a caso Lucano ha scelto polemicamente di intitolare Il fuorilegge, il libro in cui racconta l’esperienza di Riace.

Chi disobbedisce lo fa insomma in nome della superiore   legalità dei diritti umani fondamentali, nei fatti negata da provvedimenti che la contraddicono.

Parafrasando Don Milani, si può concludere che l’obbedienza a tutto ciò che offende la dignità umana non è una virtù.

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Questo blog nasce dall’incontro di tre persone emigrate volontariamente in età adulta dall’Italia in Svizzera e che in questo Paese hanno realizzato esperienze diverse in vari ambiti lavorativi e culturali. 

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