Svizzera: ambiente fra referendum e fake news

Il 18 giugno l’elettorato svizzero deciderà, attraverso un referendum, se confermare o respingere la “Legge sul clima”, già approvata a larga maggioranza da entrambi i rami del Parlamento nazionale. La Svizzera importa attualmente, in gran parte sotto forma di combustibili fossili, due terzi del proprio fabbisogno energetico. La legge prevede una progressiva riduzione di questi vettori energetici che non sono inesauribili e che hanno un impatto negativo sul clima. In linea con gli obiettivi della Conferenza sul clima di Parigi del 2017, il governo svizzero si ripropone  di raggiungere la neutralità climatica entro il 2050.

Vengono previsti stanziamenti per i privati che decideranno di sostituire il proprio riscaldamento a olio, a gas o elettrico e alle aziende che investiranno in tecnologie rispettose del clima.

Queste misure appaiono quanto mai urgenti in un Paese colpito in modo particolarmente intenso dagli effetti del riscaldamento climatico; dall’inizio delle misurazioni sistematiche delle temperature nel 1870, a fronte di un aumento mondiale medio della temperatura di 1,2°, in Svizzera si registra un aumento di 2,4°. Fra il 1901 e il 2015 le precipitazioni piovose intense sono aumentate del 30% mentre i giorni in cui si verificano precipitazioni nevose al di sotto degli 800 metri risultano oggi mediamente la metà rispetto al 1970.

La superficie dei ghiacciai è oggi ridotta del 60% rispetto al 1870 mentre i giorni caratterizzati da temperature massime superiori ai 30° sono aumentati, a seconda delle zone del Paese, da due a quattro volte rispetto al 1960.

La legge costituisce la controproposta governativa all’”Iniziativa sui ghiacciai” che propone di ridurre a zero le emissioni di CO2 entro il 2050 e di vietare per quella data l’uso di combustibili fossili. Il governo e la maggioranza hanno ripreso gli aspetti centrali dell’iniziativa popolare adottando il metodo della “spinta gentile”, cioè di perseguire sostanzialmente gli stessi obiettivi senza imporre drastici divieti e ricorrendo piuttosto a incentivi finanziari per indurre alla rinuncia di combustibili fossili. I promotori dell’”Iniziativa sui ghiacciai” hanno ritenuto accettabile il compromesso proposto decidendo di appoggiare la legge sul clima.

La situazione climatica generale e quella svizzera in particolare lascerebbero pensare che, in presenza di una legge tutto sommato graduale e progressiva come quella presentata dal governo. non dovrebbero esserci dubbi sull’esito del referendum promosso dall’UDC.

I sondaggi sul referendum delineano invece una situazione incerta in cui, nella rilevazione più recente, gli oppositori della legge, anche se tuttora in minoranza, sembrano guadagnare terreno rispetto alla rilevazione precedente.

Questo pare anche il frutto di una campagna efficace e condotta con dovizia di mezzi economici da parte di ambienti legati alle lobby dei combustibili fossili e del partito promotore del referendum.

In un volantino diffuso in tutte le case svizzere da un sedicente comitato” Salviamo la Svizzera come luogo di lavoro”, facilmente riconducibili ai suddetti ambienti, si denunciano con toni apocalittici le presunte catastrofi che la vittoria del sì al referendum produrrebbe, quali un generale impoverimento della Svizzera con possibile crisi degli approvvigionamenti energetici, un aumento generalizzato del costo della vita e la perdita di migliaia di posti di lavoro. Il riscaldamento climatico non viene negato ma ricondotto a processi naturali su cui le attività umane inciderebbero in misura irrisoria e comunque considerato un fatto positivo “per la crescita delle piante e la produzione di cibo” (sic!). Il presunto allarmismo sulla crisi climatica alla base della legge oggetto del referendum viene attribuito, secondo una collaudata tecnica complottistica, a non meglio identificati miliardari americani che ne trarrebbero ovviamente lauti guadagni.

È dunque importante che la legge sul clima, frutto di un ragionevole compromesso, venga confermata dal voto popolare e che non si ripeta quanto avvenuto nel 2021, quando una legge approvata dal Parlamento che si proponeva di ridurre le emissioni di CO2, fu inaspettatamente bocciata da un voto referendario.

Qualunque sia l’esito del referendum bisognerà in sede politica affrontare il problema del divario fra il voto delle grosse realtà urbane e quelle delle zone periferiche; nella prima elettrici ed elettori esprimono una decisa propensione  per  incisivi provvedimenti per contrastare il riscaldamento globale, mentre nelle seconde avviene il contrario. Ridurre questo divario a una differenza culturale fra elettori illuminati da una parte  e retrogradi dall’altra sarebbe ingeneroso e non terrebbe conto dei problemi sociali che questa differenza di orientamento esprime; chi vive in realtà periferiche è più legato ad esempio alla necessità di servirsi di mezzi di trasporto privati e maggiormente dipendente,  nella propria vita di tutti i giorni, dai  combustibili fossili  per le proprie necessità quotidiane e teme i costi che la necessaria transizione comporterebbe. Rendere questa transizione socialmente accettabile per tutti è un compito fondamentale della politica e oltretutto un modo per sottrarre una parte della popolazione a forme di propaganda allarmistiche e fondate su fake news.

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Questo blog nasce dall’incontro di tre persone emigrate volontariamente in età adulta dall’Italia in Svizzera e che in questo Paese hanno realizzato esperienze diverse in vari ambiti lavorativi e culturali. 

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