Terrorismo

Il termine terrorismo deriva dal verbo latino terrere che significa “intimorire, incutere paura”. Nel linguaggio politico moderno entrò in uso per indicare una determinata fase della Rivoluzione francese.

Con il concetto di terrorismo si indica dunque non solo l’uso della violenza a fini politici ma anche l’esplicito tentativo di gettare nel panico intere popolazioni per il raggiungimento dei propri scopi. 

Se nella sua origine moderna il termine è riferito dunque all’azione di un organismo statale sia pure in una fase di assestamento, in epoca successiva è stato  spesso riferito, specie in Occidente, all’azione di gruppi che attentano all’ordine costituito o addirittura, almeno a partire dall’attentato alle torri gemelle del 2001, alla stessa pace mondiale. 

All’opposto di questa interpretazione filogovernativa ne coesiste una opposta per cui gli stessi movimenti definiti terroristi attribuiscono alla loro azione una valenza di liberazione in ambito nazionale o di costruzione di un nuovo ordine mondiale più giusto.

Questa divergenza di interpretazione scava spesso un solco fra il l’Occidente e altre parti del mondo, in particolare quello islamico.

Per uscire da questa ambiguità bisognerebbe ammettere, specie in ambito occidentale, che l’uso della violenza non solo fine a se stessa ma anche con scopi intimidatori nei confronti di intere popolazioni non è con ogni evidenza prerogativa esclusiva di gruppi che complottano contro l’ordine costituito ma che essa può essere esercitata anche da entità statali nell’ambito di guerre civili o nei confronti di un nemico esterno.

Sarebbe perciò urgente una definizione condivisa del termine che ne definisse i contorni prima di tutto a livello di diritto internazionale mentre, su un altro piano di responsabilità, i mezzi di informazione occidentali dovrebbero maneggiare con maggiore equilibrio il concetto di terrorismo e l’attributo di terrorista, rinunciando magari ad applicare ad ogni evento bellico lo schema manicheo della lotta fra i buoni occidentali a cui tutto è concesso e i cattivi nemici della libertà e della democrazia.

Ovviamente sono evidenti i risvolti politici di una discussione solo apparentemente semantica sulle definizioni relative al terrorismo e non può certo destare meraviglia, oltretutto in un periodo di forti tensioni internazionali, che risulti ardua una convergenza in materia.

Danilo Zolo esaminò a suo tempo i vani tentativi di dare una definizione giuridica condivisa a livello internazionale di terrorismo, tentando di superare questa difficoltà.

https://www.juragentium.org/topics/thil/it/terror.htm

 Unna definizione unilaterale di terrorismo, rilevava Zolo, viene largamente utilizzata politicamente in ambito occidentale “sia per giustificare guerre di aggressione sia per giustificare metodi terroristici nei confronti di militanti islamici”. Non a caso il mancato accordo riguarda sia la definizione giuridica di terrorismo che quello di aggressione il che impedisce alla Corte penale internazionale, che si occupa dei crimini più gravi che riguardano la comunità internazionale, di esprimersi in queste materie.

Non si tratta di minimizzare determinate forme di terrorismo, a partire da quello islamista ma di trovare forme efficaci per contrastarlo senza giustificare devastanti “guerre umanitarie” o forme di lotta al terrorismo che finiscono per praticare lo stesso livello di violenza che si vorrebbe combattere.

Zolo proponeva una nuova definizione di terrorismo che potesse, in linea teorica, essere accolta universalmente.  Il crimine di terrorismo riguarderebbe in questo senso  sia uno Stato sovrano che utilizza armi di distruzione di massa aggredendo un altro Stato o una nazione sia l’azione di   un gruppo mosso da finalità ideologiche, politiche e religiose che fa strage fra i civili usando armi analoghe a quelle di distruzioni di massa. La lotta di difesa contro un’aggressione terroristica non dovrebbe invece essere considerata una forma di terrorismo.

Questo non significa che anche nei casi esclusi dal crimine di terrorismo non potrebbero emergere comportamenti in contrasto con il diritto internazionale ma essi andrebbero comunque sanzionati con altre norme già esistenti.

Resta il fatto che accordi di questo genere per una definizione e una conseguente condanna  condivise di questo e altri crimini che colpiscono intere comunità  appaiono impossibili in un clima internazionale come quello attuale, caratterizzato da conflitti e tensioni che hanno ampie ripercussioni anche sul piano dell’azione giuridica. La definizione di un sistema giuridico internazionale che non sia al servizio di una delle parti in lotta o della potenza egemone del momento è in definitiva l’obiettivo di un mondo caratterizzato da una convivenza pacifica dei popoli che al momento appare utopistica.

Ma questo tipo di utopia è l’unica prospettiva perseguibile con tenacia e pazienza in tempi così bui.

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Questo blog nasce dall’incontro di tre persone emigrate volontariamente in età adulta dall’Italia in Svizzera e che in questo Paese hanno realizzato esperienze diverse in vari ambiti lavorativi e culturali. 

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