“La vita attuale è inquinata alle radici. L’uomo s’è messo al posto degli alberi e delle bestie ed ha inquinato l’aria, ha impedito il libero spazio.
(…) Ma l’occhialuto uomo, invece inventa gli ordigni fuori dal suo corpo e se c’è stata salute e nobiltà in chi li inventò, quasi sempre manca in chi li usa.”
La conclusione de La coscienza di Zeno mi è sempre sembrata una sorta di ispirata profezia sul rapporto complesso fra uomo e sviluppo tecnologico e mi è venuta in mente riflettendo da assoluto profano sulle prospettive aperte dallo sviluppo dell’intelligenza artificiale e sulle aspettative ma anche sulle profonde inquietudini che essa suscita.
L’essere umano ha sempre utilizzato prolungamenti esterni al suo corpo per aumentarne l’efficienza e gli stessi occhiali a cui Svevo fa riferimento ne sono un esempio che esiste da secoli. Sullo stesso piano si possono considerare un arto artificiale o un apparecchio acustico.
Ma come lo stesso autore triestino sottolinea si è trattato per molto tempo di strumenti che non sfuggivano a quel controllo umano che nel corso del tempo è progressivamente venuto meno.
Oggi si concretizza addirittura la possibilità di un’interazione fra processi cerebrali e sistemi di software.
Delle implicazioni legate a questi sviluppi si occupato in particolare Julian Nida-Rümelin.
https://www.piper.de/buecher/was-kann-und-darf-kuenstliche-intelligenz-isbn-978-3-492-32046-7
Il testo citato mette in luce come nuove tecniche promettano di realizzare il sogno del transumanesimo,termine usato per la prima volta da Julian Huxley nel 1957 per promuovere un movimento culturale, con radici umanistiche e illuministiche che mirava all’utilizzo delle scoperte scientifiche e tecnologiche allo scopo di ampliare le capacità fisiche e cognitive degli esseri umani e di liberarli il più possibile dalle malattie e dall’invecchiamento. Nei suoi sviluppi successivi, soprattutto negli Usa, il movimento si è allontanato dalle sue radici culturali e dalle sue finalità sociali per approdare a forme di esasperato individualismo
Nella sua forma più estrema il transumanesimo ipotizza la possibilità di un completo superamento delle limitazioni della natura umana, fino a prospettare addirittura il raggiungimento dell’immortalità, grazie ai progressi non solo in campo digitale ma anche medico e farmaceutico, in una dimensione postumana.
In questo ambito estremo, al confine fra la truffa e l’utopia (distopia?), esistono anche progetti di conservazione di cervelli umani per un tempo indefinito, finché non si creerà la possibilità di innestarli in corpi giovani, frutto di una clonazione, o in nuove strutture corporee del tutto artificiali e meccaniche. Questo infantile sogno narcisistico viene già ampiamente esplorato dalla fantascienza e, al di là della sua dubbia realizzabilità, travalica i confini di un auspicabile sviluppo umanistico per abbracciare malcelate tentazioni eugenetiche. La diffidenza verso questa prospettiva nasce anche dal fatto che, di fuori di una visione puramente tecnico-scientifica, le ideologie che hanno puntato a un totale rinnovamento della natura umana si sono regolarmente rivelate portatrici di sanguinose esperienze sociali.
Senza inseguire le visioni del transumanesimo più estremo sono evidenti le implicazioni sia positive che inquietanti di questa crescente interazione fra mente umana e software informatici. Da un lato si creano le condizioni per le persone colpite da handicap fisici di conquistare in tutto o in parte la mobilità, dall’altro esiste il fondato pericolo di produrre manipolazioni tali da indurre gli esseri umani a comportamenti che superano ogni possibilità individuale di controllo psichico, con evidenti possibili e pericolose applicazioni in campo militare e criminale,
La sfida posta dalla scienza e dalla tecnica si gioca soprattutto sul piano etico; da un lato c’è la convinzione di chi crede che le innovazioni tecnico-scientifiche totalmente prive di controlli siano di per sé sufficienti a garantire il progresso umano, dall’altra si pone invece la convinzione di chi crede nell’indispensabile priorità degli aspetti etici come base necessaria per controllare e indirizzare questi processi.
Sui pericoli di una scissione fra etica e sviluppo tecnologico viene in mente anche la lirica di Salvatore Quasimodo Uomo del mio tempo, che ne mette in risalto, le tragiche conseguenze che si concretizzano nella nascita di “una scienza esatta persuasa allo sterminio”, di cui la Seconda guerra mondiale appena conclusa a cui il poeta fa riferimento, era solo l’ultimo tragico esempio
Appare dunque condivisibile, al di là di qualche ottimistica semplificazione a cui l’Autore indulge, la prospettiva proposta da Julian Nida- Rümelin, propenso ad accogliere la sfida tecnico-scientifica del nostro tempo per indirizzarla in senso neo umanistico; si tratta non di inseguire gli insidiosi fantasmi del transumanesimo estremo ma piuttosto di utilizzare le nuove frontiere tecnico-scientifiche al servizio del pieno dispiegamento delle potenzialità umane di cui il singolo non dovrebbe mai perdere il controllo.
Si tratta di una prospettiva di difficile realizzazione che si scontra inevitabilmente con strutture di potere politico-economico in grado di esercitare un sostanziale controllo sulla scienza e di indirizzarla in senso contrario agli interessi di un autentico progresso umano.
Eppure, questo è un obiettivo necessario che implica prima di tutto una vera rivoluzione culturale, nella direzione della visione utopistica che conclude la lirica di Salvatore Quasimodo, con il suo invito a operare una svolta netta rispetto al passato in cui alle nuove generazioni è affidato un ruolo fonadmentale.