Un Grande Fratello tascabile

Il mio smartphone è autorizzato a conoscere la mia posizione e quindi mi segnala gli spostamenti che faccio giorno per giorno.

Alla fine del mese esamino con particolare interesse i miei movimenti, soprattutto per sapere se ho compiuto una sufficiente attività fisica nel corso del mese, percorrendo a piedi un congruo numero di chilometri

Questo controllo mensile mi provoca inizialmente una certa irritazione perché insieme a questo dato mi vengono comunicati con una precisione inquietante tutti gli spostamenti che ho compiuto giorno per giorno. Così questa sorta di Grande Fratello tascabile mi ricorda che il giorno x mi sono recato al supermercato, poi ho fatto un salto in biblioteca e ho consumato un caffè con brioche nel mio locale abituale e, per finire, mi attribuisce la presenza in un determinato luogo di cui non ricordo assolutamente cosa diavolo sono andato a fare.

All’irritazione fa seguito un sentimento di rivalsa verso questa tecnologia invasiva che si crede presuntuosamente perfetta ma che in realtà mostra tutti i suoi limiti con effetti talvolta esilaranti. Ad esempio, questo piccolo congegno orwelliano registra   una mia costante presenza in un certo ristorante orientale sottostante a un centro culturale da me effettivamente frequentato, in cui non ho mai avuto il piacere di consumare un pasto. Come se non bastasse mi viene chiesto di tanto in tanto anche un giudizio sulle prelibatezze servite in quel ristorante; solo il rispetto per l’incolpevole personale che vi lavora mi impedisce di rispondere per ripicca che è il peggior ristorante di Zurigo. Nel mese di gennaio mi viene poi attribuito l’inesistente utilizzo di una bicicletta che avrei oltretutto impiegato per percorrere un chilometro nel poco performante tempo di un’ora e 19 minuti.

Quando compio un viaggio in treno sembra poi che mi dedichi alla visita di tutte le località di passaggio del treno, a cui fanno seguito offerte di alberghi in tali località che in realtà non rivestono per me il minimo interesse.

Quando mi reco nella mia città italiana di origine pare poi che io venga colto da un’inedita   passione cinofila; il mistero è svelato dalla circostanza che presso l’abitazione in cui soggiorno temporaneamente c’è un parco, in cui effettivamente amo recarmi, all’interno del quale si trova un recinto, definito “area di sgambatura dei cani” dove i quadrupedi della zona possono scorrazzare, sfogando la frustrazione per la prolungata permanenza in luoghi domestici troppo angusti.

La situazione diventa drammatica quando pretendo che il navigatore mi guidi in un luogo che non conosco. Arrivo con facilità alla fermata del mezzo pubblico indicato e poi cerco di farmi guidare nel luogo esatto di destinazione. Qui cominciano i guai perché di fronte a perentori ordini vocali del tipo: “Procedi verso sud est” entro palesemente in crisi per la difficoltà, aggravata dal mio scarso senso di orientamento, di raccapezzarmi in un centro urbano con i punti cardinali. Finisco quindi inevitabilmente per procedere a caso, ovviamente sbagliando quasi sempre.

Dopo lunghe peregrinazioni nella zona e vari riorientamento del navigatore che se potesse mi prenderebbe a calci o in alternativa si metterebbe a piangere, finisco per chiedere informazioni e per scoprire che la mia meta si trova a cinquanta metri dalla fermata del mezzo pubblico.

La fiducia nella tecnologia nonché una mia certa ostinazione mi preclude talvolta l’utilizzo del buon vecchio buonsenso.

A questo proposito mi è accaduto recentemente di dovermi recare per una conferenza in una sala parrocchiale annessa a una chiesa.

Dalla fermata del tram da cui ero sceso si scorgeva nitidamente la sagoma di un campanile ma io ero talmente impegnato a scrutare le indicazioni dello smartphone che non ho alzato lo sguardo e alla fine, dopo un inutile girovagare nei paraggi, mi sono finalmente deciso a ricorrere all’aiuto di un essere umano. Il cortese passante mi ha indicato con malcelata ironia (ebbene sì anche gli svizzeri tedeschi sanno essere ironici!) il vicino campanile che faceva chiaramente presumere che quello fosse il luogo da me cercato.

A mia parziale scusante posso addurre la circostanza che la presenza in Svizzera di diverse confessioni cristiane può talvolta indurre in inganno; in una situazione analoga mi è capitato di orientarmi dirigendomi con sicurezza verso un campanile che era però adiacente alla locale chiesa cattolica e non a quella protestante che era in realtà la mia meta.

 Spesso mi diverto a individuare per percorsi lunghi le modalità utilizzabili per raggiungere una certa destinazione e i relativi tempi di percorrenza che il diabolico aggeggio mi segnala puntigliosamente.

Così per percorrere i 635 chilometri che separano Zurigo da Pisa potrei qualche volta, per sfuggire alla sedentaria routine ferroviaria, procedere a piedi scavalcando agilmente due catene montuose e impiegando appena 127 ore e 2 minuti (sì, proprio  due minuti!).

In tal modo oltretutto la necessità salutista di mobilità pedestre sarebbe soddisfatta per un lungo periodo, ammesso beninteso di riuscire a a sopravvivere a una simile impresa. Alla fine, vincerò la ricorrente tentazione di disabilitare il mio smartphone all’individuazione della mia posizione innanzitutto per preservare il mio benessere fisico  e poi perché, nel bene e nel male, mi offre ripetute occasioni di intrattenimento

E poi chissà magari un giorno mi potrebbe capitare di essere accusato ingiustamente di un reato commesso in un luogo dove potrò (forse) dimostrare di non essere mai stato.

In quanto tardivo digitale chiedo venia per tutte le inesattezze tecniche che il post potrebbe contenere.

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Questo blog nasce dall’incontro di tre persone emigrate volontariamente in età adulta dall’Italia in Svizzera e che in questo Paese hanno realizzato esperienze diverse in vari ambiti lavorativi e culturali. 

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