Una delle città europee che amo di più è Bucarest, a mio parere non conosciuta quanto merita. Ci andai in vacanza anni fa, prima di spostarmi nell’affascinantissima Transilvania. Ancora non sapevo, allora, che per lavoro mi sarei recato in Romania tutti gli anni, e avrei potuto osservare i miglioramenti che la città, e il Paese tutto, metteva in atto.
Proprio a Bucarest è ambientato il libro che vi presento oggi, “La vita comincia venerdì”, della saggista e docente universitaria Ioana Pavulescu, che con questo romanzo, pubblicato in Romania nel 2009, debutta nella narrativa. Il romanzo è stato pubblicato per la prima volta in italiano poche settimane fa dall’editore Voland, con l’ottima traduzione di Mauro Barindi.

La Bucarest raccontata dall’autrice non è quella contemporanea, ma quella di fine XIX secolo; il romanzo infatti racconta gli ultimi tredici giorni della Bucarest del 1897, in tredici capitoli dove gli avvenimenti del giorno sono osservati dai diversi protagonisti, ognuno col proprio punto di vista. La storia parte col ritrovamento di uno straniero, che forse ha perso la memoria, e, poco dopo, col ritrovamento di un giovane ferito, che morirà poco dopo. Cosa è successo realmente? E chi è questo misterioso straniero? Che sia implicato nell’agguato al giovane uomo? Altrove imperversa Jack lo Squartatore, che sia arrivato fin quaggiù? La risoluzione di questo giallo è affidata al poliziotto Costache, che si avvale di tanto in tanto, dei consigli e delle intuizioni del generale Algiu. Il libro non è un thriller nel senso letterale della parola; ci sono infatti altri protagonisti: la città, che, pur non essendo tra le più ricche d’Europa, è una capitale affermata; i diversi protagonisti del romanzo, che appartengono a classi sociali diverse, ma ciò non costituisce un ostacolo alle loro relazioni interpersonali.
Fa da filo conduttore il diario scritto da Iulia, figlia del dottor Margulis, una giovane moderna che rifiuterà la proposta d’amore del ricco poliziotto, perché innamorata del giovane, fascinoso e scapestrato Alexandru. Bellissima la sua descrizione della nebbia:
La giornata è cominciata male, con una nebbia così fitta che non vedevo neppure fino alla betulla davanti alla mia finestra. Ho pensato a come sarebbe la nostra vita se si invertissero le cose: ogni giorno una nebbia tanto fitta da non riuscire a vedere a un palmo dal naso, e solo in alcune giornate fortunate, una o due volte all’anno, l’aria tersa, come se la finestra lattescente e opaca del firmamento venisse pulita da una mano invisibile, diventando trasparente. Che gioia proverebbero le persone anche solo per il fatto di vedere, che miracolo sembrerebbe l’aria impalpabile e incolore. Ma invece così, nessuno si rallegra dell’aria, né si rende di che cosa straordinaria sia vedere lontano lontano, fino all’orizzonte.
Questo libro è diverso perché non facilmente definibile: un romanzo storico ma non solo, un romanzo giallo ma non solo, con presenza di atmosfere fantastiche ma non solo. E’ proprio questo essere fuori dagli schemi il valore aggiunto di questo libro: è un romanzo che sorprende, ed è bello essere sorpresi quando un testo è scritto bene.