Anche quest’anno si è svolta nel mese di gennaio la campagna internazionale promossa dall’ organizzazione non profit inglese denominata Veganuary, (gennaio vegano), fondata nel 2014 con lo scopo di invitare il maggior numero possibile di persone a provare una dieta vegana per l’intero mese di gennaio.
Questo mese è stato scelto perché viene considerato il periodo dell’anno in cui le persone sono più disposte a mettere in discussione il loro stile di vita, di cui l’alimentazione è un aspetto importante. L’inizio dell’anno, del resto, è il periodo dei buoni propositi, rafforzati magari per qualcuno dal desiderio di smaltire gli eccessi alimentari del periodo festivo appena terminato.
L’organizzazione si propone come fine ultimo di indurre il maggior numero di persone a rinunciare per sempre a nutrirsi di animali e di prodotti animali e, di conseguenza, di indurre la filiera alimentare a sostenere e incoraggiare questa tendenza. A quest’ultima proposito si tratta anche di vincere aspetti speculativi per cui molti prodotti vegetali o a base vegetale hanno prezzi immotivatamente alti.
Si calcola che nel 2021 circa 600.000 persone in 209 Paesi, abbiano seguito l’invito a sperimentare un mese da vegani, con un numero di partecipanti che tende a crescere di anno in anno.
Il pregio della campagna e la spiegazione del suo successo risiedono, prima di tutto, nell’impostazione e nello stile comunicativo usati per promuovere l’iniziativa.
Try vegan è lo slogan scelto, un invito a provare per un periodo limitato una dieta vegana, sottolineandone gli aspetti positivi per la propria salute, ma anche per quella dell’ambiente e per una presa di coscienza della sofferenza degli animali; i promotori puntano sulla persuasione e sui possibili vantaggi di un cambiamento delle abitudini alimentari dei consumatori, rinunciando a far leva sui loro sensi di colpa.
Inoltre, si sottolinea, attraverso una serie di suggerimenti, consigli, ricette diffusi per tutto il mese di gennaio, anche da testimonial popolari, come essere vegani non significa rinunciare ad assaporare cibi gustosi. Lo sforzo è insomma anche quello di far uscire il veganesimo dal diffuso pregiudizio, alimentato anche da certi atteggiamenti di fondamentalismo vegano, che lo considera la scelta di un’élite esclusiva dedita a una vita di ascetiche rinunce alimentari per mostrarlo piuttosto come il frutto di una cosciente scelta alternativa accettabile per tutti.
Nonostante questo sforzo, è allo stato attuale impensabile che una dieta strettamente vegana possa essere abbracciata da gran parte dell’umanità, tenendo conto anche del fatto che, se nei Paesi più avanzati si registra in generale una flessione del consumo di prodotti animali, in molti Paesi che escono da una condizione di povertà tale consumo tende ad aumentare.
Anche se in un ipotetico futuro il veganesimo divenisse la scelta alimentare di gran parte dell’umanità, si porrebbero comunque problemi per nutrire in modo sufficiente tutta l’umanità facendo ricorso solo alla produzione agricola che, almeno con gli attuali metodi di produzione, risulterebbe insufficiente. Si porrebbero insomma in altri termini i problemi di insufficienza di produzione alimentare, compatibile con le risorse che i Pianeta può offrire, che già oggi sono presenti.
Bisognerebbe ricorrere al consumo di alghe, a nuove forme di produzione agricola e eventualmente alla carne coltivata che potrebbe essere utile per vincere alcune resistenze culturali di chi ha difficoltà a rinunciare al consumo di carne.
Lo sviluppo di quest’ultima possibilità è legata ai risultati della fase sperimentale che deve sciogliere molti dubbi di vario genere relativi alla diffusione di questo tipo di prodotto
A prescindere da questi gravi problemi con cui in ogni caso l’umanità deve confrontarsi in un futuro che è già cominciato, non si può negare l’importanza culturale dell’esperienza di Veganuary come momento di riflessione per tutti, a prescindere dalle proprie abitudini alimentari.
La riduzione del consumo di prodotti animali avrebbe comunque effetti benefici sull’ambiente in quanto il 15% delle emissioni climalteranti derivano dall’allevamento animale che quindi contribuisce in modo significativo al riscaldamento globale.
Sul piano etico tale riduzione implicherebbe anche una diminuzione della sofferenza degli animali che nella situazione attuale sono costretti a “vivere” in condizioni inaccettabili, in allevamenti intensivi in cui si possono generare malattie dannose anche per la salute umana.
Quindi vale la pena di provare a essere vegani almeno per qualche giorno , anche dopo il mese di gennaio o comunque a essere più coscienti delle conseguenze delle nostre scelte alimentari.