Verde pallido

Le elezioni politiche per il rinnovo del Parlamento svizzero hanno segnato nel complesso un marcato spostamento a destra e il trionfo del maggiore partito elvetico che si attesta al 27,9% dei voti, sfiorando il suo miglior risultato storico, al termine di una campagna condotta all’insegna della xenofobia e del contrasto demagogico a un’efficace politica ambientale e di mitigazione del riscaldamento climatico.

L’altro esito più evidente è il netto arretramento delle due liste verdi, paradossalmente in un momento in cui le conseguenze del cambiamento climatico appaiono sempre più evidenti.

Le cause di questa apparente contraddizione meritano di essere analizzate accuratamente in quanto sono in gran parte generalizzabili e non riguardano solo la Svizzera.

Negli anni scorsi le questioni ambientali erano state al centro dell’attenzione dell’opinione pubblica con positivi riflessi elettorali in vari Paesi europei a vantaggio dei partiti verdi che si proponevano di farne il centro della loro azione politica. In Svizzera i due partiti ecologisti, i Verdi più orientati a sinistra, e i Verdi liberali di orientamento centrista, avevano compiuto un grande balzo in avanti, ora notevolmente ridimensionato.

Oggi altre preoccupazioni sembrano più urgenti agli occhi dell’opinione pubblica europea e non solo. Il problema ambientale continua a essere fortemente avvertito, in misura diversa   ma viene spesso inteso come qualcosa di astratto di cui si avvertono solo in modo limitato le conseguenze tangibili, almeno alle nostre latitudini.

Le crisi di vario genere si succedono e si sovrappongono l’una all’altra tanto che, in ambito europeo il fenomeno è stato definito con il termine di policrisi.

Questo induce l’opinione pubblica a preoccupazioni prevalenti riguardo alla crisi economica, all’approvvigionamento energetico, alle migrazioni alle guerre che si fanno sempre più vicine e minacciose, senza che venga percepito il legame fra tutte queste emergenze e quella climatica in particolare.  Qui sta un nodo centrale dell’azione ecologista nel momento in cui viene individuata come ulteriore causa del suo insuccesso politico il carattere monotematico della propria presenza politica. Il punto sta invece nel sottolineare e praticare la centralità delle questioni ambientali, messa chiaramente in luce dal riscaldamento globale a cui tutte le altre tematiche in qualche modo si rapportano.

Ovviamente se questo legame non viene colto dagli elettori, la responsabilità va attribuita agli esponenti dei partiti dei movimenti ecologisti e delle organizzazioni di massa in genere.

Un sindacato, ad esempio, dovrebbe mettere al centro di qualsiasi propria rivendicazione le problematiche legate al riscaldamento globale, altrimenti non può pretendere di rappresentare in modo efficace e lungimirante gli interessi dei lavoratori.

Nelle situazioni in cui acquisiscono un consistente peso politico i Verdi, nelle loro varie articolazioni politiche, si preoccupano spesso, non solo in Svizzera, in modo eccessivo degli equilibri interni ai palazzi di potere, trascurando di alimentare   le lotte ambientaliste e di fare delle istanze che esse pongono anche il centro della presenza nelle istituzioni.

Il fenomeno è apparso ancora più evidente in Germania dove I Verdi fanno parte della coalizione di governo ma non sono riusciti, pur occupando ministeri importanti come quello dell’industria, a incidere in modo decisivo sullo sviluppo del Paese. Se   il compromesso è il pane quotidiano della presenza nelle istituzioni, esso non può prescindere dal mantenimento di alcuni punti fermi irrinunciabili, quali la rinuncia all’estrazione e all’uso del carbon fossile quale fonte di energia, che i Verdi tedeschi non sono riusciti a imporre alla loro coalizione.

Questo modo di far politica poco ricettivo del rispetto di principi fondamentali e progressivamente slegato dalle realtà di base   ha portato anche una difficoltà di dialogo con le generazioni più giovani, abituate a intendere la politica con modalità completamente diverse.

Alcuni osservatori vedono come ulteriore causa della crisi dei partiti ambientalisti il fatto che altre forze politiche si siano fatte carico della difesa dell’ambiente, fatto di per sé positivo in quanto questo dovrebbe essere lo scopo di un ecologismo politico “biodegradabile” e in grado di contaminare con le proprie tematiche tutta la società e il quadro politico. Spesso però questo si concretizza nel riverniciare di verde programmi politici non all’altezza della crisi ambientale che stiamo vivendo per cui una forte e radicale presenza verde appare al momento irrinunciabile.

Va poi rilevato che. quando i governi dei vari Paesi deliberano misure incisive in difesa dell’ambiente, gran parte dell’opinione pubblica ne teme le conseguenze sul proprio portafoglio e sul proprio stile di vita, anche a causa del fatto che i vari interventi non sempre seguono criteri di necessaria equità sociale. Questo spiega anche perché le tematiche ambientali finiscono per mobilitare soprattutto gli elettori dei ceti urbani medio alti e creano un malcontento, ben strumentalizzato da certa destra, in altri ceti.

Un’esigenza fondamentale all’interno della galassia verde è la piena comprensione del fatto che la lotta al riscaldamento globale implica un cambiamento complessivo degli stili di vita e di consumo dei Paesi ricchi con conseguente modifica dell’attuale modello di sviluppo; gli sviluppi tecnologici potranno coadiuvare questo processo ma non certo sostituirsi ad esso, come qualcuno sembra credere.

Questa necessaria revisione della propria azione a cui l’ambientalismo politico è chiamato deve fare naturalmente i conti con una realtà sempre più dura con cui   il necessario ottimismo della volontà dovrà confrontarsi costantemente.

 

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Questo blog nasce dall’incontro di tre persone emigrate volontariamente in età adulta dall’Italia in Svizzera e che in questo Paese hanno realizzato esperienze diverse in vari ambiti lavorativi e culturali. 

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