Violenza contro le donne: un problema maschile

Si parla spesso di violenza contro le donne. La donna è l’oggetto, la vittima della violenza. Ma il soggetto, colui che esercita la violenza rimane invisibile”

Natalia Widla è autrice, insieme a Miriam Suter di un libro dal significativo titolo Niemals aus Liebe (Mai per amore) che denuncia e analizza questa distorsione; si tratta di un testo che indaga i vari aspetti della violenza contro le donne con l’intento dichiarato di fornire al mondo maschile uno strumento conoscitivo per un’effettiva presa di coscienza, a vari livelli, del problema.

https://www.limmatverlag.ch/programm/titel/964-niemals-aus-liebe.html

La realtà indagata è quella della Svizzera, dove ogni due settimane, in media una donna viene uccisa dal marito, dal compagno o da un ex partner ma, dato l’argomento trattato, il testo propone elementi di riflessione i validi anche in  altre realtà.

La violenza di genere è commessa al 97% da uomini che sono responsabili più in generalede ll’80% di tutti gli gi atti di violenza, compresi gli omicidi.

Come su può combattere efficacemente il fenomeno della violenza contro le donne?

Centrare l’intervento sulle vittime, finanziando consultori, centri di accoglienza ecc. è necessario ma non sufficiente in quanto significa spesso intervenire quando la violenza è già avvenuto mentre un intervento sui   potenziali responsabili della violenza potrebbero assumere un efficace carattere preventivo.

Il taglio della loro ricerca porta le autrici a dare in primo luogo la parola a un uomo condannato   per aver reso infernale la vita di due donne e che non mostra nessuna presa di coscienza dei suoi comportamenti.

Questo rifiuto della propria responsabilità per la violenza commessa  trova conferma in numerosi atti processuali e in varie testimonianze di percorsi terapeutici riportati dalle autrici; gli uomini violenti   tendono a sviluppare un meccanismo di difesa che li porta a ricostruire gli   atti violenti commessi colpevolizzando le vittime in modo tale da non compromettere l’immagine positiva che intendono conservare di se stessi. Anche una pena detentiva, in mancanza di una presa di coscienza dei propri misfatti, non esclude affatto la possibilità di una reiterazione di comportamenti violenti.

Le modifiche al diritto penale svizzero in materia di reati di genere recentemente entrate in vigore  prevedono in effetti al momento della condanna  un accompagnamento terapeutico obbligatorio  che mira  a permettere ai  responsabili di violenza di confrontarsi criticamente con gli aspetti criminogeni della propria personalità; si tratta di una misura potenzialmente efficace ma che richiede  la capacità dei terapeuti di vincere la resistenza dei condannati all’assunzione delle loro responsabilità e quindi alla partecipazione  attiva  alla terapia,  condizione imprescindibile per la sua efficacia.

Il clima di silenzio che circonda la violenza maschile   è un fatto culturale generalizzato che riguarda sia le persone comuni che i mezzi di informazione; gli uomini in generale fanno fatica ad ammettere che qualcuno nella loro cerchia di conoscenti possa compiere violenza contro le donne in quanto essa riguarda sempre “gli altri”. Un ulteriore comoda presa di distanza da una riflessione sulla violenza di genere induce all’uso di definizioni quali   “mostri” per i violenti.

Anche titoli giornalistici normalmente utilizzati quali “Una donna è stata violentata” anziché “Un uomo ha violentato una donna” contribuiscono a focalizzare l’attenzione sulla vittima invece che sull’autore della violenza.

La violenza maschile viene poi sperzonalizzata a tal punto che si definiscono spesso come pericolosi per le donne   i luoghi isolati o le stesse abitazioni senza precisare che essi sono resi tali dalla presenza di uomini violenti in carne ed ossa.

“La mia doccia non morde” sintetizza spiritosamente Widla per mettere a nudo questa forma di reticenza.

Le autrici sottolineano come un dato che emerge dal loro lavoro sia l’impossibilità di tracciare, sulla base dei risultati dei processi per violenza di genere un profilo tipico del violento, in quanto i responsabili appartengono a tutte le categorie sociali e non ci si può illudere camminando per strada di individuare potenziali autori di questo tipo di violenza,

Se dunque forme di violenza e di sopraffazione di cui le donne sono vittime ogni giorno trovano alimento in un clima culturale che le favorisce, nessun uomo si può sottrarre a una presa di coscienza su questo tema; libri come questo sono un valido strumento per questo scopo.

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Questo blog nasce dall’incontro di tre persone emigrate volontariamente in età adulta dall’Italia in Svizzera e che in questo Paese hanno realizzato esperienze diverse in vari ambiti lavorativi e culturali. 

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