Si è concluso pochi giorni fa a Glasgow la Conferenza delle Nazioni Unite sui cambiamenti climatici del 2021, conosciuta anche come COP26. I risultati non sembrano essere stati particolarmente soddisfacenti così come non lo sono state le decisioni raggiunte dai capi di governo dei Paesi del G20 a Roma – scrive Dominik Gross di Alliance Sud.
E ci si chiede, allora, quale sia l’impatto degli scarsi risultati raggiunti ai piani alti sulle scelte dei singoli paesi – o cantoni, per stare in Svizzera – a proposito delle politiche attuate per fronteggiare la “questione ambientale”. La riflessione è stata posta da Roberto Porta, giornalista RSI, a Jon Domenic Parolini, Consigliere di Stato nei Grigioni, Christian Vitta, Consigliere di Stato in Ticino,Maddalena Ermotti-Lepori, Deputata nel Gran Consiglio ticinese. L’occasione è stata la tavola rotonda “Il Green Deal per i Grigioni: una storia di successo”, che si è tenuta il 22 novembre e ha aperto il Festival della Dottrina sociale della Chiesa a Lugano.

Per i non addetti ai lavori, sono numeri impressionati quelli presentati Parolini sul Green Deal grigionese: il governo di Coira ha approvato un ambizioso piano ecologico da 1,7 miliardi – con un primo credito di 67 milioni di franchi – da investire sull’arco di 30 anni e in vari settori, da quello edile a quello agricolo, senza escludere logistica e trasporti, nonché la produzione energetica da fonti rinnovabili. L’indicazione del Parlamento retico è, infatti, di raggiungere la neutralità climatica entro il 2050 – con una serie di punti da definirsi entro il 2023 e tra i quali spicca, naturalmente, la drastica riduzione di gas a effetto serra.
Ma i grigionesi, chiede Roberto Porta a Jon Domenic Parolini, con questo patto sull’ambiente, come si sentono nei confronti dei concittadini svizzeri? Audaci e coraggiosi, un modello per il resto del Paese?
La risposta, molto diplomatica nonché condivisibile, del Consigliere di Stato sottolinea anzitutto l’importanza strategica e “a conti fatti” del un Green Deal per un territorio – quello grigionese – con diversi pericoli naturali, valli e montagne. Il politico, poi, non nega l’auspicio che il suo Cantone possa essere – perché no – esempio e apri-pista per altre azioni puntuali a favore dell’ambiente in altri cantoni. Anche in Ticino, che potrebbe fare di più, per quanto, come precisa il Consigliere di Stato, Christian Vitta, esiste già un Piano energetico cantonale, approvato nel 2013, che contiene vari elementi, anche ambientali. E tuttavia, nel cantone a sud del Gottardo, sembra mancare – stando a quanto argomentato da Maddalena Ermotti Lepori – non tanto l’attenzione ai temi ambienti quanto la capacità (politica) di andare oltre il dipartimentalismo. Rimangono, insomma, da essere meglio gestite le potenzialità insite nel far fronte comune per definire concetti, principi e obiettivi condivisi, nonché diverse priorità, tra diversi uffici e dipartimenti.
In tema di responsabilità, coltivazione di speranze e, soprattutto, realizzazione di proposte, la politica non è comunque l’unico player. La sfera politica è, di fatto, un tassello di un complesso puzzle, chiamato democrazia la cui realizzazione si dà solo quando sono aggiunti altri “pezzi”. Tra questi, i cittadini, le cittadine.
Ad esempio, pur approvato dal Governo retico, il Green Deal grigionese dovrà essere fatto digerire dalla cittadinanza, che quasi certamente sarà chiamata a sostenere anche un aumento delle imposte e nuove tasse per poter raggiungere gli obiettivi stabiliti dal piano per l’ambiente. Naturale aspettarsi opposizioni e divergenze.
Chi scrive crede che il successo (o il disastro) del Green Deal dipenderà anche dalla comunicazione dei media.
A loro spetta e spetterà il ruolo di comunicare in modo corretto, chiaro e oggettivo sui costi individuali e – io auspico – sulle ragioni per sostenerli. Non si prospetta una sfida facile, perché il rischio è banalizzare una questione complessa e, nello specifico grigionese, un piano molto dettagliato. E perché, nella corsa a chi pubblica prima degli altri, i giornalisti e le giornaliste potrebbero non prendersi il tempo necessario per conoscere o approfondire i dettagli sul Green Deal, le sue conseguenze a breve ma anche gli effetti a medio-lungo termine della sua approvazione (o non). Di ambiente se ne sta parlando tanto e altre pagine sulla questione climatica, il CO2 e le energie rinnovabili forse potrebbero stancare, o magari risultare monotone, addirittura contraddittorie….a meno di rivalutare il ruolo dei giornalisti scientifici.
E’ a loro, esperti in materia, che dovrà essere affidata la spiegazione tecnica e scientifica delle politiche a favore dell’ambiente, dei rischi dell’immobilismo d’azione, dei pericoli insiti per l’umanità che sembra poco decisa ad abbandonare la strada che ha intrapreso.
Sarà importante mettere in chiaro fin da subito cosa potrà essere fatto in modo concreto. Quali risultati potranno essere tangibili da subito e quali tra alcuni anni. Bisognerà evitare di accrescere aspettative, illudere sulla fine dello scioglimento dei ghiaccia, nascondere dettagli. La popolazione dovrà essere informata senza allarmismi e senza paternalismo. Perché l’abbiamo visto con i vaccini, il danno di una comunicazione mediatica imprecisa, veicolata da giornalisti poco preparati in materia (per quanto spesso certamente bravissimi a occuparsi di altro, dallo sport alla cultura, dai motori alla moda). Insomma, per il successo del Green Deal – retico ma, speriamo quanto prima di vederlo anche in altri cantoni, nonché Paesi – sarà centrale fare in modo che il giornalismo di informazione si interscambi e interagisca con il giornalismo scientifico.
Non si può quindi che auspicare maggiori assunzioni nelle redazioni scientifiche. E invece, in Svizzera, il mondo va alla rovescia. Con tagli tra i professionisti che si occupano di scienza e contratti freelance e temporanei per biologi, scienziati, ricercatori fisici, matematici e quant’altri che si dedicano al lavoro di divulgazione scientifica… E questa è la vera sfida.
*Didascalia foto: da sinistra Markus Krienke (professore di Filosofia moderna e di etica sociale alla Facoltà di Teologia di Lugano), Maddalena Ermotti-Lepori (Deputata nel Gran Consiglio ticinese), Jon Domenic Parolini (Consigliere di Stato nei Grigioni), Christian Vitta (Consigliere di Stato in Ticino), Alessandro Simoneschi (Coordinatore Rete Laudato Si’)