Un mondo fatto a misura di uomo

Ci sono libri leggeri nati con il solo intento di intrattenere, altri che scuotono la sfera emotiva con storie drammatiche e coinvolgenti, ci sono poi i saggi che divulgano su infinite tematiche e discipline e infine ci sono i libri fondamentali, “Invisibili” di Caroline Criado Perez è uno di questi. 

Leggere questo libro è rischioso perché rende consapevoli e molto arrabbiati, soprattutto se si è donne, ma non solo, perché la denuncia sociale di disparità di genere di cui tratta è talmente ingiusta e surreale che smuove qualunque coscienza. 

Caroline Criado Perez è una scrittrice, giornalista e attivista che nel 2013 ha vinto il premio Liberty Human Rights Campaigner of the Year per aver scritto e dato vita a numerose campagne per i diritti delle donne. Nel suo saggio di indagine mostra come il nostro mondo ignori ancora le donne in quasi ogni campo, da quello professionale, ormai risaputo, a quello medico, per passare al design e inglobare tutta la vita pubblica. Questo risultato è stato raggiunto con anni di ricerca e raccolta di dati che ha svelato la sconvolgente assenza di informazioni aggiornate e disponibili sui corpi, le abitudini e i bisogni femminili. 

Facciamo qualche esempio tra i più impensabili.

Gli strumenti da lavoro e l’abbigliamento tecnico necessario in alcuni settori professionali sono stati tarati su corpi maschili e nonostante la società si sia evoluta da tempo permettendo alle donne di accedere a molte professioni un tempo negate, non è mai stata riscontrata l’urgenza di adattare tali strumenti. Questo ha conseguenze in certi casi anche molto gravi sulla sicurezza delle donne sul lavoro. Per esempio in ambito militare i giubbotti antiproiettile indossati dalle donne sono stati studiati per corpi maschili. Fornire una taglia più piccola a una poliziotta o una soldata non risolve evidentemente il problema. Il giubbotto non è stato studiato per la presenza del seno per esempio e questo obbliga la donna a indossare un elemento di protezione che non è adatto al suo corpo, a volte talmente scomodo da obbligare un allentamento che impatta sulla sua sicurezza personale. 

Stesso discorso per il design delle autovetture, cito testualmente:

“Anche qui si incappa nell’ennesimo data gap: sembra che nessuno abbia mai fatto ricerche sulla compatibilità dei poggiatesta con il corpo femminile. In un incidente d’auto una donna ha il quarantasette per cento di probabilità in più di un uomo di uscirne gravemente ferita. Anche il rischio di morte è maggiore del diciassette per cento. Quando guidano, le donne tendono a sedersi in posizione più avanzata perché in media sono piu basse degli uomini. Abbiamo bisogno di stare più vicine per poter arrivare ai pedali, e ci sediamo con la schiena ben dritta per vedere al di là del cruscotto. Questa però non si può considerare una posizione standard. Dal punto di vista della postura le donne sono guidatrici “anomale”. In caso di scontro frontale la nostra capricciosa anomalia comporta un rischio più elevato di subire lesioni interne. Le donne rischiano di più anche in caso di tamponamento. Poiché la muscolatura del collo e della parte superiore del tronco è meno sviluppata, siamo più vulnerabili ai colpi di frustra, e il design delle auto non fa che accentuare la nostra fragilità. Tutto ciò per una semplicissima ragione: le industrie costruttrici di automobili usano, nelle loro prove d’urto, manichini con caratteristiche simili a quelle di un maschio “medio”.”

Stesso discorso per il design dei telefonini, realizzati su modelli di mani maschili, tendenzialmente più grandi e che implicano l’ennesimo sforzo di adattamento delle donne su oggetti non pensati per le loro esigenze. Anche la temperatura media degli uffici è tarata sul metabolismo maschile e questo comporta professioniste obbligate a lavorare in situazioni di disagio climatico, per esempio in un ambiente percepito per loro troppo freddo.

Gli ambiti e gli esempi riportati dall’autrice sono moltissimi e per la maggior parte inpensabili, ma tra tutti quello che sicuramente genera maggiore incredulità è il campo medico.

“Le prime ricerche sulle patologie cardiovascolari sono state condotte in gran parte su soggetti maschi e anche in seguito la presenza femminile è rimasta inferiore al dato reale: nei trentuno importantissimi test clinici che tra il 1987 e il 2012 hanno esaminato l’insufficenza cardiaca, le donne costituivano solo il venticinque per cento del campione. Come l’assenza delle donne dai manuali di anatomia, anche la mancata inclusione delle donne nei test clinici è un problema storico che nasce dall’idea che il corpo maschile sia il corpo umano per definizione.”

Molti farmaci prescritti alle donne hanno effetti differenti rispetto che sugli uomini perché ci sono differenze sostanziali a livello non solo organico e ormonale ma addirittura cellulare tra i due sessi, che genera inevitabilmente reazioni e anche efficacia differenti. L’esempio più lampante è quello che riguarda i differenti sintomi che allertano su un possibile infarto. Studi e dati riportati dall’autrice confermano che il classico dolore al braccio unito a una forte e dolorosa pressione sul petto si manifestano prevalentemente sugli uomini. Un dolore continuo allo stomaco, che invece sembra caratterizzare l’inizio di un arresto cardiaco nelle donne, non è stato riconosciuto come sintomo in diversi episodi e per questo non trattato con la giusta tempestività.

Cercando di accantonare l’emotività che mi pervade in quanto soggetto direttamente coinvolto in questa ingiustizia sociale, la più lucida riflessione che si possa fare sul problema non è tanto sul perché ma sul come sia possibile invertire questo modus operandi che esclude a priori la raccolta di dati sulla metà della popolazione mondiale. Manca consapevolezza, da parte degli stessi soggetti vittime. Io per prima, interessata e sostenitrice da decenni del movimento femminista intersezionale, ho scosso il capo incredula dall’inizio alla fine del libro. 

La disparità di genere va combattuta prima che nei fatti all’interno del substrato culturale di un paese e se la cultura parte dalla scuola e qui, prima ancora che nelle famiglie, che deve radicarsi un percorso educativo mirato, volto proprio a invertire la rotta di pensiero prima che di azioni. Si deve partire prima dal linguaggio, dalla narrativa sul corpo e la vita delle donne e poi, con fondamenta stabili e consapevoli, si costruisce una società più equa per tutti.

Nel mio mondo ideale, dove esistono materie scolastiche a partire dalla scuola elementare come: storia dei generi, educazione affettiva, consapevolezza e libertà, il libro di Perez “Invisibili” sarebbe una lettura imprescindibile, una sorta di sussidiario canonico. Un po’ come La divina commedia, ma molto più attuale e disturbante. 

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Questo blog nasce dall’incontro di tre persone emigrate volontariamente in età adulta dall’Italia in Svizzera e che in questo Paese hanno realizzato esperienze diverse in vari ambiti lavorativi e culturali. 

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