di Allegra Perboni, scrittrice
Qualche tempo fa ho avuto modo di discutere con Massimo Melocco, docente di lingua e cultura italiana nella Svizzera germanofona, del perché parlare italiano sia considerato un valore aggiunto oltralpe.
Ecco cosa mi raccontò Massimo, che dal Friuli (Italia), dopo aver lavorato per anni come insegnante della scuola primaria, vinse il concorso nazionale – ai tempi bandito dal Ministero degli Esteri – per insegnare presso le scuole di lingua e cultura italiana all’estero e potè scegliere Zurigo come sua meta.
Massimo, in base alla tua esperienza come insegnante di lingua e cultura italiana, quale credi che sia la percezione della cultura italiana rispetto a quella dell’italiano immigrato in Svizzera?
Gli Svizzeri hanno indubbiamente una grande ammirazione per la cultura italiana nelle sue innumerevoli declinazioni. Musica, pittura, letteratura e tutte le forme d’arte sono estremamente apprezzate. Altrettanta passione è condivisa per il paesaggio italiano, per la nostra cucina e per le auto. Nei confronti del singolo, là dove si parla di individui capaci di rispettare le regole di questo paese, non ho mai percepito discriminazione. Nonostante certi stereotipi ho anzi avuto modo di riscontrare un certo calore da parte della popolazione svizzera, in particolare durante una breve esperienza come maestro di coro presso la parrocchia locale. Inoltre, dopo 60 anni d’immigrazione, i nuovi italiani hanno indubbiamente la strada spianata, rispetto alle generazioni precedenti.
Parliamo invece della lingua: viaggiando per la Svizzera si ha la sensazione che tutti sappiano almeno un po’ di italiano. Si tratta di un fattore che influenza positivamente l’insegnamento?
Oggi siamo in presenza della terza, a volte della quarta generazione di emigranti ed è un fatto positivo sentire i nipoti o i pronipoti dei primi arrivati parlare ancora un buon italiano. Naturalmente l’immersione linguistica limitata dovuta alla scolarizzazione in tedesco e, a volte, anche a matrimoni misti, ha portato ad un impoverimento della lingua d’origine, soprattutto nel lessico e in certe strutture morfo-sintattiche. Il fatto di non poter immergersi totalmente nella lingua, rende più difficoltoso agli allievi l’apprendimento dell’italiano. Tuttavia una caratteristica peculiare della Svizzera è la diffusione del multilinguismo e un grande interesse per la comunicazione, che fa passare in secondo piano la ricerca della perfezione. Questo fa sì che le persone, a tutti i livelli – anche nel Consiglio Federale – si esprimano discretamente anche in italiano, senza farsi condizionare da errori che possono occorrere durante una conversazione.
Perché parlare italiano è considerato un valore aggiunto?
Fabbriche, imprese e turismo necessitano di figure che sappiano parlare italiano correttamente, per via dei rapporti commerciali con l’Italia e con la Svizzera Italiana. Per questo, chi vuole, può proseguire gli studi fino ad ottenere una certificazione ufficiale che attesta il livello e la conoscenza della lingua. Si tratta di un attestato che può fare la differenza, come mi hanno confermato genitori di allievi che hanno trovato lavoro e che hanno potuto contrattare stipendi migliori proprio grazie alla conoscenza di questa lingua.
Qual è l’andamento delle iscrizioni ai corsi di Lingua e Cultura in questi anni?
Oggi su 14 Cantoni della Svizzera centro-orientale possiamo contare quasi 4000 alunni. Quindici anni fa erano 4.500 solo nei 9 Cantoni della vecchia Circoscrizione Consolare di Zurigo, quindi sicuramente l’andamento segnala un calo. È un peccato se si pensa che per frequentare questi corsi viene richiesto un contributo volontario di 200 franchi, molto poco se paragonato ai costi dei corsi lingua di altri enti privati. Il supporto delle famiglie è però necessario perché i fondi che arrivano da Roma, pur sempre cospicui, non sono sufficienti per coprire tutte le spese.