Mare nostrum?

La direttiva dell’Unione europea 2006/123 detta Direttiva Bolkenstein, dal nome del Commissario europeo che ne curò la stesura e la presentazione, si propone di favorire la libera circolazione dei servizi e l’abbattimento delle barriere protezionistiche all’interno dei Paesi dell’Unione europea. Essa è stata recepita dall’Italia nel 2010, da un governo presieduto da Berlusconi.

 La Commissione europea ritiene che le normi vigenti in Italia a proposito di concessioni balneari contrastino con la direttiva limitando la libera concorrenza nel settore e ha chiesto al governo italiano di aprire immediatamente anche ad operatori stranieri il mercato delle concessioni balneari per non incorrere nelle sanzioni previste in mancanza di un adeguamento alle normative europee.

Il governo italiano si è impegnato a ottemperare quanto prima a questa richiesta ma in realtà le forze che compongono la maggioranza incontrano difficoltà a procedere in questa direzione per non ledere gli interessi di una lobby influente che del resto ha sempre incontrato “comprensione” trasversale anche in altri settori politici. Attualmente i concessionari ottengono in genere una proroga automatica della propria concessione senza sottostare ad alcuna gara in concorrenza con altri operatori.

La questione riaccende l’attenzione sulla situazione delle spiagge italiane che non può certo essere definita ottimale.

Un rapporto di Legambiente del 2019 calcolava che il 50% delle coste sabbiose era   riservato a spiagge libere, una percentuale che va rivista al ribasso visto che la stessa organizzazione ambientalista segnala che fra il 2018 e il 2021 il numero di concessioni balneari affidate a privati è salito da 10.812 a 12.132 con un aumento, dunque, nel periodo considerato, del 12,5%.

Le concessioni vengono poi spesso attribuite con canoni irrisori a imprenditori che spesso ne ricavano profitti cospicui.

Molte spiagge libere risultano poi di fatto impraticabili in quanto situate in zone dove l’inquinamento delle acque determina il divieto di balneazione.
La percentuale indicata di spiagge libere è comunque una media che non rende conto del fatto che in alcune zone le spiagge libere costituiscono molto meno del 20% delle coste sabbiose.

Siamo quindi al paradosso di un Paese con migliaia di chilometri di coste e di spiagge il cui accesso risulta problematico per moltissimi italiani, soprattutto se non in possesso di un portafoglio ben fornito, tenendo conto che i servizi forniti dagli stabilimenti gestiti da privati hanno subito in questi anni aumenti di prezzo ben superiori all’inflazione.

 Il problema è poi acuito dal fenomeno naturale dell’erosione costiera, accentuato ulteriormente  dalla crisi climatica e dalla cementificazione delle coste a cui spesso i fruitori delle concessioni balneari contribuiscono in modo significativo ; fra il 1970 e il 2020  si calcola che  i chilometri di costa soggetti a fenomeni erosivi sia  triplicato in Italia comportando la scomparsa di circa 40 milioni di  spiagge sabbiose che equivalgono grosso modo alla superficie di tutte le spiagge date in concessione.

Gli interventi pubblici per limitare queto fenomeno, consistenti in genere nel posizionare barriere fisse in tratti di mare prospicienti alle coste sabbiose, si rivelano spesso inutili e dannosi per l’ambiente. Va rilevato tuttavia che non mancano esempi virtuosi di contrasto all’erosione che non hanno un carattere emergenziale e che non modificano in modo irreparabile la linea della costa, ottenendo oltretutto in genere risultati apprezzabili.

La richiesta della Commissione europea di attuare finalmente la direzione Bolkenstein potrebbe essere l’occasione per innestare una dinamica positiva a favore di una fruizione delle spiagge italiane più vantaggiosa per i cittadini e al tempo stesso rispettosa dell’ambiente anche se i sedici anni trascorsi dall’entrata in vigore della Bolkenstein non sono stati utilizzati a questo scopo.

La direttiva si muove di per sé in un logica che vede nel libero mercato la panacea di tutti i mali mentre, senza un intervento politico di indirizzo e di regolamentazione, esso può produrre gli stessi disastri che abbiamo visto in altri ambiti soggetti a regolamentazioni comunitarie.

 Occorre tuttavia accettare la sfida che arriva dall’Europa riguardo all’accertamento dell’affidabilità dei fruitori delle concessioni balneari, sulla base di alcuni principi chiari. In generale le concessioni dovranno essere attribuite d’ora in poi con bandi di concorso trasparenti a soggetti che assicurino il rispetto dell’ambiente e il massimo della fruizione sociale del mare inteso come bene comune accessibile a tutti.

Le concessioni dovranno essere appannaggio solo degli operatori che   garantiscono il libero accesso alla battigia, previsto del resto anche dalle vigenti leggi italiane ma oggi   spesso negato.

Non potranno inoltre essere attribuite o rinnovate concessioni a operatori responsabili di abusi edilizi, cattiva manutenzione delle spiagge, evasione fiscale e mancato rispetto dei contratti di lavoro. Dovranno insomma essere privilegiati imprenditori e cooperative che non puntino al profitto come unico scopo della loro attività ma dimostrino un autentico rispetto dell’ambiente e abbiano coscienza della funzione sociale della loro attività.

Il Coordinamento Nazionale Mare Libero, costituitosi nel 2019 intende unificare le forze di cittadini e associazioni che da anni si battono in tutta Italia per una fruizione sociale ed ecocompatibile del mare e delle spiagge

Per questo motivo Mare Libero, con il supporto di molte associazioni ha attuato fra le varie iniziative, un’opera di sensibilizzazione su queste tematiche che si è concretizzata lo scorso 17 giugno in una capillare azione di volantinaggio nelle principali spiagge italiane. Oltre a questo dovrà essere garantita   una superficie riservata alle spiagge libere effettivamente pari al 50% delle coste sabbiose accessibili, con uno sforzo di ripristino e di tutela dell’ecosistema costiero e della sua biodiversità.

Il raggiungimento di questi obiettivi richiede che le organizzazioni e i cittadini impegnati da anni nella difesa della fruizione sociale ed ecocompatibile delle zone costiere siano effettivamente coinvolti nelle scelte da compiere.

Deve insomma cessare lo scandalo di un Paese con migliaia di chilometri di costa in cui l’accesso al mare sta diventando sempre più un privilegio per pochi.

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Questo blog nasce dall’incontro di tre persone emigrate volontariamente in età adulta dall’Italia in Svizzera e che in questo Paese hanno realizzato esperienze diverse in vari ambiti lavorativi e culturali. 

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