Detox dai social: il mio diario

Una è la sfida che l’attende. Che non ha scelto. Infatti ci è cascata dentro, in questa situazione che – già lo sa – le provocherà un senso di astinenza, mal di testa. Forse anche attacchi di panico, annebbiamento dei sensi.

Due i minuti durante i quali ha cercato invano di svegliarsi da quello che sperava fosse un sogno, mentre si guardava attorno per scovare vie di fuga, nuovi accessi, porte alternative.

Tre i libri che ha con sé. Uno, romanzo di amicizia e rivincita ambientato negli anni Settanta, la fa ben sperare. Le farà da ispirazione. Le darà forza leggere di tempi in cui quello che lei vive ora – solo connessioni reali – era la normalità. 

Quattro i minuti impiegati per inquisire, in una lingua non sua, l’esistenza chiave per accedere al mondo da cui viene, che è un eterno presente, dove le distanze non esistono. E se esistono, si possono cancellare.

Cinque, moltiplicato per cinque. Almeno venticinque, le anime confuse attorno a lei, come lei: ha un che di ironico la vista di persone che vagano con le mani alzate, tra le dita scatoline rettangolari incapaci di captare un segnale dalla rete.

Sei le notti da trascorrere in questo posto. E’ in un bosco. E non è una metafora. Attorno a lei ci sono alberi e rovi. Di tutte le piante che la circondano, è capace di indicare per nome solo le more, tra l’altro non ancora mature. Sente rumori ai quali non è più abituata. Suoni di animali che ha conosciuto, che ha già sentito. Molti anni fa. 

Sette i giorni. Sette interi giorni, durante esiste solo il “qui e ora”. Si domanda se la cercano, altrove. Chissà se le hanno scritto, da lontano. E non ricevendo una sua risposta, cosa penseranno, gli altri?

Otto i minuti che trascorre ogni mattina compiendo un’azione la cui semplicità, potenza e piacevolezza aveva dimenticato. Parole scritte. Stampate. Le pagine hanno quell’odore che le fu un tempo noto e che risveglia in lei sensi e ricordi. Il rumore dei fogli – sono, i fogli, il suo unico aggancio, flebile àncora per non perdere contatto con il mondo. Anche se è un contatto di differita. E questo, a dire il vero, un po’ la irrita.

Nove le ore di sonno ogni sera. Si va a letto, e basta. Nessuno con cui chattare. Nessuna possibilità che ci sia una notizia ultimo minuto da verificare.

Dieci il numero fino al quale ha contato diverse volte in questi giorni: .. otto, nove, dieci, “chi c’è, c’è, chi non c’è, si arrangia”. E via alla ricerca di chi si è nascosto. Giocare a nascondino. Se l’era dimenticata quanta adrenalina può dare ricercare dietro gli alberi e correre alla base.

Ora il detox dai social media è finito. La quotidianità, con smartphone, tablet, internet e applicazioni digitali, è ritornata.

Le sono mancati i contatti con gli amici lontani e che solo WhatsApp riesce a far sentire vicini. È stato logorando dover aspettare la mattina di ogni giorno per sapere cosa succedeva nel mondo. 

Lei è però piaciuto riscoprire il canto degli uccellini, alzarsi la mattina e sentire la forza della natura attorno a lei.

Non vorrebbe un mondo senza quello che ha. Non abbraccia il motto di quanti dicono che si stava meglio prima, quando c’erano le cabine telefoniche, le ricerche si facevano con le enciclopedie, gli amici si chiamavano dal telefono fisso…

È riemersa da quello che è stato un salto nel passato e dalla piacevole riscoperta del piacere offerto da contatti, suoni e profumi “reali”.

Seduta a un café, scrive queste righe, connessa al Wi-FI del posto. Accanto a lei, un giornale – di carta – aperto. 

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Questo blog nasce dall’incontro di tre persone emigrate volontariamente in età adulta dall’Italia in Svizzera e che in questo Paese hanno realizzato esperienze diverse in vari ambiti lavorativi e culturali. 

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