Da alcune settimane è uscito un nuovo spot della famosa catena di supermercati Esselunga, intorno al quale si è alzato un grande polverone di commenti e polemiche.
Il video mostra una bambina di circa sei anni con la mamma al supermercato mentre fanno la spesa. Emma, questo il nome della bambina, si allontana dalla madre per andare a prendere una pesca. Pagano alla cassa, salgono in macchina e comincia una carrellata di immagini che alternano il presente nell’abitacolo, dove la bambina, con un musetto triste e contrito, che manterrà fino alla fine dello spot, osserva per strada famiglie unite e felici, ad immagini di altri momenti, in cui gioca nel salotto di casa sua, sempre solo con la madre. Finché suona il campanello, Emma prende il suo zainetto e scende dal papà. Dal rapido cenno di saluto che i due ex si scambiano dalla finestra al marciapiede è chiaro l’attrito che intercorre: uno sguardo frettoloso e rancoroso lei, uno sguardo dal basso verso l’alto lui, da cagnolino abbandonato.
La bambina abbraccia con trasporto il padre, sale in macchina e gli dà la famosa pesca, simbolo del suo “commovente” tentativo di riavvicinare i genitori, dicendo che gliela manda la mamma. Solo a quel punto sorride. Fine.
Da dove partire?
Forse dalla constatazione che si sarebbero sollevate meno polemiche se alcuni ministri, tra cui la presidente Giorgia Meloni, non avessero trovato il tempo di replicare su questa irrilevante questione, considerando il periodo particolarmente dolente e le numerose questioni urgenti che il governo si trova ad affrontare.
Invece la presidente Meloni scrive su Twitter: “Leggo che questo spot avrebbe generato diverse polemiche e contestazioni. Io lo trovo molto bello e toccante.”
Non contenti, anche il ministro Salvini trova il tempo di esprimere il suo parere sullo spot di un’azienda che ha finanziato molto e sembrerebbe anche non con mezzi del tutto leciti la Lega, scrivendo: “Dare voce ai tanti genitori separati, a quelle mamme e a quei papà quasi mai citati e spesso troppo dimenticati, al legame indissolubile con i figli. Trasformare uno spot in uno splendido messaggio di Amore e Famiglia merita solo sorrisi. Come fa certa gente a insultarlo e deriderlo solo perché non narra il “modello” che vorrebbero loro?”
A questi sono seguite rimpallate di rappresentanti del centro sinistra che hanno restituito con modalità più o meno pacate la loro interpretazione indignata dello spot.
Al di là della scelta stilistica, a mio avviso un po’ troppo marcata sul pietismo, mi chiedo a chi è rivolto esattamente questo spot? Su cosa vuole puntare l’attenzione? Sull’incomunicabilità delle coppie divorziate che si possono ritrovare grazie al reparto ortofrutticolo dell’Esselunga? Sulla genuinità dei loro prodotti che porta gioia e strappa sorrisi a chi pensava di non averne più?
Perché mi sembra che il messaggio sfugga a un’immediata interpretazione, offuscato da questa drammatica dinamica famigliare che conosciamo fin troppo bene e in particolare alla tristezza di questa bambina, che richiama pericolosamente un altro messaggio utilizzato pochi mesi fa dal governo, proprio a espediente di revoche legali crudeli e per nulla necessarie.
Mi sto riferendo naturalmente allo stop voluto dal governo Meloni alle registrazioni dei figli adottati da coppie omosessuali, anche con valore retroattivo, come è stato applicato in alcuni comuni. Situazioni in cui “Il bene del minore” è stato strumentalizzato per dividere, generare problemi a famiglie già riconosciute, all’interno di un sistema di accanimento molto mirato verso tutta la comunità LGBTQ.
Il tutto per perpetuare un modello di famiglia tradizionale molto ben definito ed esclusivo, che con le continue dichiarazioni della ministra anti-abortista Eugenia Roccella completano il quadro.
A questo punto, non definirlo uno spot filogovernativo o se non altro che strizza fortemente l’occhiolino a una specifica fazione politica, che si prende anche la briga di difenderlo dalle polemiche, risulterebbe parossistico.
Ciò che è interessante osservare è il profondo legame che intercorre tra cultura, società e politica, per quanto ci illudiamo ancora che non sia così; che esista una libertà di espressione che consentirebbe anche modelli di pubblicità alternativi o per lo meno neutrali. Tutto ciò che è comunicazione è politico e fino a qui niente di nuovo. Il problema emerge nel momento in cui il potere della maggioranza influenza e veicola i messaggi culturali.
Chi guarderà questo spot e si indignerà contro l’incapacità emotiva di questi due genitori spersi a gestire il loro fallimento famigliare e soprattutto a proteggere la loro figlioletta dall’infelicità irrimediabile dovuta alla separazione? Quelle stesse persone che guardano e si informano prevalentemente attraverso la televisione. Quella grossa fetta di italiani che ancora vota.
È a loro che la politica parla attraverso il perpetuare di messaggi sempre più definiti e insistenti: la famiglia tradizionale composta da un uomo e una donna, possibilmente sposati con rito cattolico ha diritto e dignità di ottenere il massimo del nostro supporto e della visibilità. Il resto non lo vogliamo, il resto è tristezza e perversione, il resto è da compatire o distruggere.
E ora, se non avete ancora avuto modo di vedere lo spot in questione ve lo lascio qui e dopo tutti a far la spesa all’Esselunga, che il potere delle loro pesche può dove terapeuti, consulenti e avvocati hanno fallito; che poi quelle stesse pesche siano raccolte probabilmente dalle mani dell’ennesimo migrante sfruttato, di cui non vogliamo sapere nulla, neppure se ha una famiglia lasciata nella fame o nel pericolo del suo paese d’origine, è secondario, anzi direi irrilevante. Dei suoi figli e della loro infelicità, come di quelli di tutti coloro che non aderiscono al “modello” prescelto (stessa parola usata da Salvini) non è affar loro. Di certo non meritano neppure il tempo di un tweet.