“Scusate il disturbo, cominciava il biglietto, che come inizio è fantastico. Ti prego disturbami! Disturbami! È da una vita che aspetto di essere disturbata da un biglietto così.”
Miranda July ci catapulta nel suo romanzo “A quattro zampe” con un incipit folgorante che mantiene le aspettative fino all’ultima pagina.
Tutto parte da una teoria, quella che Harris, il marito della nostra protagonista, espone durante una festa ad un’altra coppia di amici:
“Nella vita ci sono Parcheggiatori e Guidatori. I Guidatori sanno stare lucidi e saldi anche quando la vita è noiosa. Non hanno bisogno di approvazione per ogni minima cosa: sanno gioire quando accarezzano un cane o passano il tempo con i loro figli e gli basta così. Questo tipo di persone può fare un coast to coast” (…) I Parcheggiatori invece, e Harris mi ha guardato, hanno bisogno di un compito concreto che sembra impossibile, qualcosa che richiede tutta la loro attenzione e per cui possono essere apprezzati. -Bravo!- potrebbe dire qualcuno dopo che ha infilato la macchina in un parcheggio strettissimo. Per il resto del tempo sono annoiati e di base un po’…delusi. Un Parcheggiatore non può fare un coast to coast.”
Come spesso accade nelle dinamiche di comunicazione tra coppie di lunga data, anche in questo caso la singolare teoria esposta pubblicamente dal marito è un indiretto messaggio alla moglie e forse anche una sottile richiesta di apertura per cercare di capire cosa le sta passando per la testa. La nostra protagonista infatti si trova nel pieno di una crisi di mezza età. È un’artista famosa e riconosciuta ad alti livelli, ha una soddisfacente vita famigliare con il marito e il figlio non binario Sam, ma qualcosa sta minando profondamente il suo equilibrio interiore.
Per questo, un po’ per sfida e un po’ per prendersi del tempo per restare sola con se stessa, decide di mettersi alla prova e affrontare proprio un coast to coast da Los Angeles a New York, nonostante la sua indole da “Parcheggiatrice”.
Il lungo viaggio in macchina si fermerà a circa quarantacinque minuti da casa, a Monrovia, una cittadina anonima e priva di attrattive dove uscirà per fare benzina. Qui la donna sceglierà di nascondersi per le successive due settimane. Prenderà in affitto una camera di un motel e spenderà tutti i soldi del suo ultimo guadagno per farla riarredare completamente da Clare, la giovane moglie di Davey, l’uomo incontrato dal distributore di benzina, verso il quale sembra essere scattato il classico colpo di fulmine.
Appare tutto casuale e bizzarro quello che accade in questa storia, compresi gli incontri tra i due fino all’inevitabile svelamento della reciproca attrazione. Ma Davey, per quanto tormentato dal desiderio verso la donna, rimane incorruttibile fino alla fine e questo rende i loro incontri notturni e clandestini tra le parti più esilaranti e audaci di tutto il romanzo. La danza diventa l’unico strumento efficacie per poter esprimere ciò che provano, senza sfiorarsi né cedere alla tentazione dei corpi. Lui le mostra le sue coreografie di hip hop, lei inizialmente lo osserva confusa e imbarazzata ma poi quel codice di movimenti liberatori e sublimati si trasformano in veri e propri amplessi platonici. La descrizione della tensione erotica tra i due è perfettamente congeniata come un ordigno esplosivo. Impossibile staccarsi da quelle pagine così intense e al tempo stesso commoventi, in cui le fragilità umane si rivelano con fiducia e tenerezza, scontrandosi però inevitabilmente con un contesto che spinge i due potenziali amanti verso direzioni opposte.
La potenza narrativa di queste scene porta a pensare che sia questo incontro il fulcro di tutta la vicenda ma in realtà realizziamo abbastanza presto che si è trattato solo di un espediente, quello che serve alla protagonista per mettersi realmente in viaggio dentro se stessa.
Il ritorno a casa si rivela molto più complesso delle aspettative: deve gestire la menzogna del suo coast to coast con i famigliari ma soprattutto la lacerazione dolorosissima per il distacco da Davey che la fa precipitare in un baratro. È paralizzata nel corpo e nella mente. Neppure il suo prezioso lavoro creativo sembra più in grado di farla reagire. Da qui inizia la parte più introspettiva del romanzo.
Comincia a ripercorre tutto il percorso fatto con il marito soffermandosi sui ricordi vividi del loro periodo più difficile, quando il figlio appena nato aveva rischiato di morire per una rara sindrome. Realizza che la vicinanza quasi simbiotica che avevano sperimentato in quel clima di emergenza estrema è irrecuperabile. Sono diventati degli ottimi genitori, due fidati compagni di squadra, collaboratori organizzati ed efficienti. Tutto il resto si può solo trovare altrove e grazie alla fiducia e all’affetto profondo che continua a legarli decidono di sperimentare nuovi modi per aprirsi al fuori mantenendo intatto il loro nucleo domestico e famigliare.
“A quattro zampe” è un romanzo che esplora possibilità e apre scenari alternativi nelle relazioni tra le persone e lo fa con un’ironia così sagace e pungente che il lettore si ritrova a galleggiare tra risate e commozioni. Molto interessante l’indagine esplorativa che affronta la protagonista in una fascia di età così poco affrontata a livello narrativo. Tutte le esperienze citate dalle amiche della protagonista, cui lei sottopone a un terzo grado per confrontarsi e comprendere meglio tutte le possibili sfaccettature di una relazione a lungo termine, sono rivelazioni preziose e autentiche.
Eppure ciò che emerge ci appare inizialmente inusuale, per non dire imbarazzante, perché il tema della menopausa, dei suoi sintomi e delle sue conseguenze, sia fisiche che emotive e mentali, persistono a essere un tabù anche nella letteratura, nonostante si tratti di una transizione complessa e totalizzante, una delle più importanti che affronta una donna, quanto l’iper trattata adolescenza o la maternità
Miranda July è prima di tutto un’artista e questo lo si percepisce fortemente dal suo modo di costruire l’immagine scritta, usando le parole come usa il corpo nelle sue video-performance, con una spregiudicatezza giocosa, quasi infantile nel mostrarsi, ma che nasconde una ricerca maniacale nella costruzione. I personaggi, quasi tutti decisamente sopra le righe, sono limati fino ai più piccoli dettagli, e questo li rende credibili nonostante tutto.
La protagonista del suo romanzo sembra una donna fragile e confusa ma in realtà la sua determinazione nel cercare di capirsi e comprendere le trasformazioni che sta vivendo la rendono un personaggio estremamente saldo e ispirante.
Anche le riflessioni scomode sulla percezione della maternità e sulle sue inevitabili conseguenze nella vita di una donna si alternano a scene tra lei e il figlio di una spontaneità disarmanti, che raccontano la linfa più profonda del sentimento che li lega al di fuori dei condizionamenti sociali esterni.
Quello che sembra volerci lasciare l’autrice è una riflessione lucida e consapevole sui cambiamenti inevitabili in cui tutti ci imbattiamo nel corso della nostra vita e che modificano e spesso compromettono i rapporti con gli altri, soprattutto con chi abbiamo scelto per condividere un lungo tratto di strada.
Chiudo con una citazione che trovo sintetizzi alla perfezione tutto il messaggio del romanzo esortandovi ancora calorosamente a recuperarlo.
“Un giorno, quando saremo pronti entrambi, svelerò il mio vero io a Harris. Sarà come mostrare un golfino sferruzzato in segreto. Oh mio Dio, dirà. Dove hai trovato il tempo per farlo?!
Un po’ qua e un po’ là, ogni volta che potevo. A volte anche quando mi eri seduto accanto.
Non sapevo nemmeno che fossi capace di lavorare ai ferri!
Ci sono un sacco di cose che non sai di me. È questo il punto della metafora del golfino.
Poi, ovvio, se sferruzzi per anni alla fine il golfino sarà così enorme che non potrai più nasconderlo.
“A quattro zampe” Miranda July, Feltrinelli.