Arena di pace

Per un percorso personale e collettivo di pace, giustizia, democrazia, diritti fra gli uomini e di cura della casa comune

Gabriele Sala, volontario Mamre

È una bella Chiesa quella che si è vista all’Arena di Pace a Verona il 17 e 18 maggio, una “Chiesa in uscita”, come ama dire papa Francesco, una Chiesa che si apre all’incontro con gli altri.  

L’evento, organizzato dai Comboniani con il patrocinio del Vescovo di Verona, Mons. Domenico Pompili e del Sindaco Damiano Tommasi, ha visto la presenza di oltre 200 associazioni (per Borgomanero erano presenti una delegazione di Mamre e una di Compagni di Volo) che si sono incontrate nella giornata di venerdì 17 maggio nei locali del Centro Congressi di Veronafiere confrontandosi su  Migrazioni, Diritti e Democrazia, Ecologia integrale e nuovi stili di vita, Lavoro ed Economia, Pace e Disarmo.

Il tavolo delle “Migrazioni” ha visto, tra gli altri, l’appassionato intervento di João Pedro Stedile, discendente di immigrati in Brasile a fine ‘800, cresciuto in condizioni di estrema povertà, ma con un grande amore per lo studio, influenzato dalle teorie della Teologia della liberazione; fin dagli anni del Ginnasio iniziò a comprendere che è possibile essere felici solo lavorando insieme agli altri. Negli anni dell’Università Cattolica iniziò il suo impegno sindacale, organizzando manifestazioni con i contadini per il riconoscimento delle loro proprietà e per un equo prezzo dei loro prodotti, ottenendo anche  il sostegno  da parte dei  primi missionari novaresi fra cui  don Mario Zanetta, poi vescovo di Bahia.  A partire dalla fine degli anni ’70, Stedile è stato in prima linea nella nascita del Movimento Senza Terra, un’organizzazione sociale di massa che mette al centro della propria attività la lotta per la terra e per la costruzione di una società più giusta.

Nel suo intervento ha ravvisato negli squilibri economici e demografici, nelle guerre e nei cambiamenti climatici le principali cause dei flussi migratori.

Nel suo intervento di fronte a papa Francesco João Pedro ha portato i saluti dei membri del movimento e ha ricordato le parole di Pedro Casaldáliga Plá vescovo dei Senza Terra: «Maledette siano tutte le recinzioni; maledette siano tutte le proprietà private che ci impediscono di vivere e di amare».

Ha fatto seguito l’intervento di Elda Baggio, operatrice umanitaria di “Medici senza frontiere”, che dopo aver ricordato come l’impegno per la costruzione della pace si concretizzi in primo luogo nell’ascoltare e nel dare voce agli ultimi ha osservato: “Vivere tutto questo però disarma i nostri cuori, gli sguardi, le menti e rende evidenti le ingiustizie che esistono. Ma non è un passo facile da fare: come vivere questa conversione di prospettiva, questo cambiamento di prospettiva? Che cosa ci può aiutare a farlo?”

Papa Francesco ha risposto con queste parole: “È proprio il Vangelo che ci dice di metterci dalla parte dei piccoli, dalla parte dei deboli, dalla parte dei dimenticati. Il Vangelo ci dice questo.   […]. Quando stiamo a fianco dei piccoli siamo “scomodati”. Camminare con loro ci costringe a cambiare passo. […] Oggi credo che il Premio Nobel che possiamo dare a tanti, a tanti di noi sia il Premio Nobel di Ponzio Pilato, perché siamo maestri nel lavarcene le mani …”.

 

Il tavolo di “Diritti e Democrazia” ha evidenziato la necessità di rivitalizzare ogni ambito del vivere associato. Oggi – afferma la relazione conclusiva dell’apposito gruppo di lavoro – in tutto l’Occidente è presente un processo di svuotamento della democrazia a causa di un modello economico neoliberista che ha asservito a sé la politica, in contrasto con i valori fondanti della nostra Costituzione. Vengono individuate buone pratiche per contrastare questa deriva, quali promuovere il risveglio delle coscienze; diffondere la consapevolezza del diritto alla protesta, alla disobbedienza civile, alla resistenza pacifica e non violenta.

Su questo tema è intervenuta l’attivista afghana e candidata al Nobel per la Pace Mahmouba Seraj, : “… Nel mio Paese, l’Afghanistan, noi abbiamo avuto l’illusione della democrazia, l’illusione della pace. Da 44 anni a questa parte, il mio Paese è in guerra e vorrei sapere che si può fare: Lei, Padre, cosa ci consiglia? (…) Come possiamo far funzionare l’opera di pace?”.

 Papa Francesco, ha risposto fra l’altro: “La cultura fortemente marcata dall’individualismo – non da una comunità – rischia sempre di far sparire la dimensione della comunità: dove c’è individualismo forte, sparisce la comunità. E questo, se noi passiamo ai termini politici e demografici, forse è la radice delle dittature…”.

 

  Vanessa Nakate, nota attivista per il clima ugandese, prendendo parte ai lavori del tavolo Ecologia integrata e nuovi stili di vita, ha sottolineato “Non è necessario avere la meglio come soggetti singoli, ma come umanità, come collettività; un pianeta vivibile è una soluzione ottimale per tutti, non per alcuni”. Annamaria Panarotto, dell’associazione Mamme No-Pfas per il Veneto ha a sua volta affermato: “Non può esserci pace fra gli esseri umani se gli uomini e le donne non fanno pace con il Creato. Costruire relazioni di giustizia fra tutti i viventi richiede tempo. Come ritrovarlo in quest’epoca segnata da velocità e immediatezza? (…)  oggi siamo qua in molti, moltissimi e siamo tutti artigiani di pace. Però sentiamo anche l’urgenza quasi di costringere la politica ad avere visioni diverse, a dare risposte più immediate.”.

E la risposta di papa Francesco è stata: “Grazie! Mi è piaciuto… soprattutto mi è piaciuto quel tuo “però”. Grazie! Sto guardando quel cartello: “Smilitarizziamo mente e territori”. Stiamo parlando di pace, ma voi sapete che le azioni che in alcuni Paesi sono più redditizie sono quelle delle fabbriche delle armi? È brutto questo, è brutto. E così non possiamo smilitarizzare, perché è un affare molto grande. Voi guardate l’elenco dei Paesi che fabbricano le armi, e vedete un po’ che bell’affare è quello. Preparare per la morte. Che cosa brutta! E il  tuo “però” sta indicando con il dito questa situazione di contraddizione”.

 

Il documento scaturito dal tavolo Pace e Disarmo affronta i temi dal punto di vista delle vittime, di tutte le vittime di guerra e di tutte le forme di violenza e di esclusione, soprattutto di donne, bambini, anziani, poveri, rifugiati e profughi. Emerge, dall’analisi, come ci troviamo di fronte ad un ordine mondiale centrato su un sistema economico dove prevalgono lo sfruttamento, il profitto, la finanza, gli interessi particolari, mentre i conflitti armati diventano i mezzi per imporre nuovi equilibri politici e di potere. La religione è presa come pretesto dai fondamentalisti per giustificare violenze e guerre. Presente al tavolo anche un’associazione sarda che sta portando avanti la proposta di riconversione della Rwm di Domusnovas, che produce bombe che venivano inviate in Arabia Saudita, paese in guerra con lo Yemen (in aperta violazione della Legge numero 185 del 9 luglio 1990) in una rete di imprese etiche che possano garantire un futuro diverso dalla produzione di bombe, rispettoso dei lavoratori e dell’ambiente. 

Sul palco Andrea Riccardi ha espresso i timori per il fatto “… che molti, uomini e donne comuni, si sentono impotenti, non sanno cosa fare, e l’impotenza genera indifferenza e l’indifferenza diventa poi, alla fine, anche consenso, complicità a decisioni sbagliate, a sentieri di guerra, il che è davvero drammatico. Allora, quello che volevamo chiederLe è: come essere, in questo momento così complesso, artigiani di pace, mediatori anche di fronte ai conflitti vicini e lontani? Grazie”.

Papa Francesco ha spiegato come i conflitti vadano gestiti, affrontati e mai ignorati o marginalizzati, pena la crescita delle ingiustizie, del malessere, delle frustrazioni che possono sfociare in atti violenti. I conflitti sono un fenomeno naturale nelle società ma, lavorando su un piano superiore per la loro risoluzione, essi si possono trasformare in lievito per una nuova cultura e portare novità per il miglioramento della vita.

 

Infine, sul tavolo Lavoro ed Economia, è intervenuta Emilce Cuda, docente e scrittrice argentina, considerata da molti “teologa atipica” che  ha sottolineato che non può esserci pace senza giustizia, e questo vale anche nell’ambito del lavoro, che richiede regole: “È tempo di avviare una transizione verso un nuovo modello di produzione industriale più giusta, abbandonando quella che uccide: non c’è nessuna dignità in un lavoro al quale non corrisponde una giusta retribuzione; non c’è dignità in un lavoro che produce morte!”

Sul palco dell’Arena sono poi saliti due imprenditori: Maoz Inon e Aziz Sarah. Il primo, ebreo, ha perso i genitori lo scorso 7 ottobre, nel terribile attentato di Hamas; il secondo, palestinese, ha perso il fratello, ucciso dai soldati israeliani. “Il nostro dolore, – dicono – la nostra sofferenza ci hanno avvicinati, ci hanno portati a dialogare per creare un futuro migliore. Noi siamo imprenditori e crediamo che la pace sia l’impresa più grande da realizzare. (…) Non ci può essere pace senza un’economia di pace. Un’economia che non uccide, che non produce guerra, un’economia invece basata sulla giustizia. E chiediamo: I giovani come possono essere imprenditori di pace quando i luoghi di formazione spesso sono influenzati da paradigmi tecnocratici e dalla cultura del profitto ad ogni costo? “.

Il Santo Padre, visibilmente commosso, ha così commentato: “Credo che davanti alla sofferenza di questi due fratelli, che è la sofferenza di due popoli, non si può dire nulla…, non si può dire nulla. Loro hanno avuto il coraggio di abbracciarsi. E questo non è solo coraggio e testimonianza di volere la pace, ma è anche un progetto di futuro. Abbracciarci. Ambedue hanno perso i familiari, la famiglia si è rotta per questa guerra. A che serve la guerra? Per favore, facciamo un piccolo momento di silenzio, perché non si può parlare troppo di questo, ma “sentire”.

Il Papa ha poi concluso il suo intervento con queste parole: “Sono sempre più convinto che «il futuro dell’umanità non è solo nelle mani dei grandi leader, delle grandi potenze e delle élite. È soprattutto nelle mani dei popoli – i popoli! –; nella loro capacità di organizzarsi e anche nelle loro mani che irrigano, con umiltà e convinzione, questo processo di cambiamento. Il popolo deve avere coscienza di sé stesso e agire come popolo, agire con questa volontà di fare pace. […] La pace non sarà mai frutto della diffidenza, frutto dei muri, delle armi puntate gli uni contro gli altri. San Paolo dice: «Ciascuno raccoglierà quello che avrà seminato» (Gal 6,7). Fratelli e sorelle, le nostre civiltà in questo momento stanno seminando, distruzione, paura. Seminiamo, fratelli e sorelle, speranza! Siamo seminatori di speranza! Ognuno cerchi il modo di farlo, ma seminatori di speranza, sempre. È quello che state facendo anche voi, in questa Arena di Pace: seminare speranza. Non smettete. Non scoraggiatevi. Non diventate spettatori della guerra cosiddetta “inevitabile”. No, spettatori di una guerra cosiddetta inevitabile, no. Come diceva il vescovo Tonino Bello: “In piedi tutti, costruttori di pace!”. Tutti insieme. Grazie.”

 

 

 

 

 

 

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Questo blog nasce dall’incontro di tre persone emigrate volontariamente in età adulta dall’Italia in Svizzera e che in questo Paese hanno realizzato esperienze diverse in vari ambiti lavorativi e culturali. 

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