Mauro Balboni è nato a Bolzano e vive in Svizzera da 24 anni, dopo essere vissuto anche in Austria e Regno Unito. Ex dirigente del settore agroalimentare, è autore di libri sui grandi temi di agricoltura, ambiente e cibo, quali Il Pianeta mangiato (2017) e Il Pianeta dei frigoriferi (2022)
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Il 22 settembre 2024, elettrici ed elettori svizzeri sono chiamati a decidere su una nuova iniziativa popolare a tema ambientale. Precisamente, l’Iniziativa popolare federale «Per il futuro della nostra natura e del nostro paesaggio (Iniziativa biodiversità)».
Continua, quindi, ad emergere nella società elvetica una chiara domanda per un maggiore impegno delle istituzioni sui grandi temi ambientali del nostro tempo. Domanda non sempre poi recepita dalla maggioranza del voto popolare (come nel caso di alcune recenti iniziative sul settore agroalimentare).
Premetto che ho già provveduto a votare a favore del recepimento dell’iniziativa e quindi della relativa modifica dell’articolo 78 della Costituzione Federale. Chiarito questo e avendo quindi sviscerato la questione per esprimere un voto informato, offro di seguito le mie considerazioni.
Alcune sono di natura generale, se si vuole personale. Nel senso che, personalmente, avrei evitato il riferimento eccessivo alla parola biodiversità e privilegiato quello alle parole natura e paesaggio. Nell’attuale contesto politico svizzero, il termine “biodiversità” (di per sé non sempre chiarissimo a molta parte dell’elettorato, nemmeno a quello a suo “favore”) viene facilmente banalizzato dagli oppositori a queste iniziative quale tentativo di presunte élite urbane rosso-verdi (rot-grüne Diktatur, recita di solito la propaganda) di prevaricare sugli interessi e i diritti della parte rurale del paese, in nome di un presunto ambientalismo estremo e dogmatico, catalizzando quindi l‘opposizione ad esso. Ma l’iniziativa contiene anche importanti elementi di protezione del paesaggio sia naturale che urbano, di siti storici e monumentali non strettamente legati alla biodiversità.
In generale, se approvata, l’iniziativa impegnerà Confederazione e Cantoni – con terminologia molto più esplicita e vincolante di quella contenuta nell’attuale testo costituzionale – a preservare paesaggi naturali, agrari e urbani, luoghi naturali e siti storici anche al di fuori di quelli ad oggi catalogati. Inoltre, a mettere a disposizione superfici, mezzi e strumenti necessari (si legga: anche finanziari) per salvaguardia e rafforzamento della biodiversità.
Quest’ultimo è il punto su cui si incentra l’opposizione al progetto. Per primo consideriamo il riferimento alle superfici. L’opposizione all’iniziativa usa nelle sue argomentazioni un riferimento al 30% di superficie svizzera che, secondo questa interpretazione, verrebbe destinato alla protezione ambientale (sottinteso, con grave svantaggio per l’industria agroalimentare, quella delle energie rinnovabili e altre attività economiche). In realtà, questa cifra non esiste nella proposta referendaria e quindi non farà parte dell’eventuale nuovo testo costituzionale.
Riferimenti a determinate superfici di territorio (tipicamente tra il 20 e il 30%) da destinare alla protezione ambientale esistono in vari contesti internazionali (per esempio in varie Direttive e Regolamenti dell’Unione Europea così come in convenzioni delle Nazioni Unite). Per buoni motivi: derivano dall’indicazione scientifica che identifica i minimi di estensione di superficie protetta in grado di assicurare il funzionamento dei servizi ecosistemici.
I quali non sono astratti obiettivi estremistici ma cose come: fertilità dei suoli, regolazione e filtrazione dell’acqua, qualità dell’aria, difesa idrogeologica, impollinazione, assorbimento e stoccaggio del carbonio (quindi mitigazione del riscaldamento globale), difesa dai danni del cambiamento climatico.
Ci sarebbero stati, a mio avviso, ottimi motivi per porre un obiettivo costituzionale preciso ma – probabilmente nel tentativo di non divaricare ulteriormente il dibattito politico – il comitato proponente ha deciso di non farlo. La definizione di quanta superficie sia eventualmente funzionale agli scopi della difesa del paesaggio e della biodiversità dovrà essere formalizzata da Confederazione e Cantoni nei 5 anni successivi all’eventuale votazione favorevole.
Per quanto riguarda i mezzi finanziari, le cifre sono di pubblico dominio e ognuno può trarre le proprie conclusioni. Le sovvenzioni federali all’ambiente sono oggi circa 600 milioni di CHF all’anno (1,38% del totale). Quelle all’agricoltura – probabilmente il settore che si sente più “sotto accusa” in questa iniziativa referendaria – sono oltre 3 miliardi e mezzo (il doppio di quelle che vanno all’industria – per capirci – e quasi l’8% del totale che la Confederazione paga ogni anno).
Per capire il contesto di particolare favore politico di cui gode la non enorme agricoltura svizzera, 3 miliardi e mezzo equivale – come esempio – alla cifra di aiuti agricoli diretti che percepisce dalla UE un paese come l’Italia, che però ha una superficie agricola utilizzabile 12 volte maggiore di quella elvetica ed è un grande produttore ed esportatore agroalimentare iv.
Dei 600 milioni destinati all’ambiente in Svizzera, la gran parte va comunque nelle tasche di allevatori e agricoltori. Le previsioni del Consiglio Federale sono che, nel caso di recepimento dell’iniziativa, il bilancio federale verrebbe aggravato di altri 400 milioni. Portando il totale al miliardo. Che sarebbe sempre appena il 2% delle sovvenzioni annuali federali. Credo che la ricca Svizzera possa permettersi un simile, limitato investimento sul proprio futuro e sulla qualità della vita di tutti noi.
Molti degli argomenti di opposizione all’iniziativa sono facilmente smontabili. Il 30% di target di superficie da proteggere, l’abbiamo appena visto, semplicemente non esiste. L’attacco alla sicurezza alimentare svizzera, nemmeno. L’agricoltura svizzera attuale non si occupa affatto di garantire sicurezza alimentare alla popolazione. La superficie agricola utilizzabile svizzera (circa 1 milione di ettari) è per ben due terzi semplicemente uno step intermedio nell’industria di produzione delle proteine animali, particolarmente quella del latte e derivati. Quasi il 60% è infatti costituita da prati e pascoli, a cui vanno aggiunte le colture che producono mangime per il bestiame (un milione e mezzo di bovini, quasi altrettanti suini e 13 milioni di polli)v.
Il recepimento dell’iniziativa comporterebbe semplicemente una gestione un po’ più naturale dei prati-pascoli, oggi erroneamente considerati ambienti “naturali”: sfalci e pascolamento più rispettosi del ciclo di vita di insetti impollinatori e uccelli; ripristino della connettività ecologica a livello territoriale tramite fasce di rispetto non coltivate/pascolate.
Anche per la superficie forestale, slogan quali «addio legno svizzero» e simili non reggono anche la più semplice delle analisi. La Svizzera oggi importa metà del legno che usa (11 milioni di metri cubi contro 5 prodotti qui), ci sarebbero spazi per produrne qui molto di più (anche con criteri di selvicoltura conservativa) ma la verità è che costa meno farlo arrivare da fuori. D’altra parte, la superficie di foreste svizzere gestite con criteri “naturali” è davvero irrisoria: le riserve forestali speciali (dove comunque si può prelevare biomassa legnosa) sono appena il 2% della superficie svizzera. Quelle interamente naturali (come il bellissimo Sihlwald alle porte di Zurigo) appena l’1%. Eppure abbiamo l’esempio di posti come il Sihlwald, o il Parco Nazionale, dai quali imparare per fare di più per l’ambiente senza alcun danno economico per nessuno.
In breve, le organizzazioni del settore agricolo e forestale, e i loro referenti politici, ancora una volta si dimostrano non disponibili ad aprire un dialogo che sarebbe salutare per tutti. Questa iniziativa popolare è semplicemente dettata dal buon senso e piuttosto moderata nelle sue richieste (non certo estrema, come viene bollata dagli oppositori).
Il suo recepimento porrebbe basi legislative più robuste per una ulteriore protezione del paesaggio naturale, di quello agrario e della biodiversità, ma anche del paesaggio costruito dove questo abbia interesse storico o culturale. Si può anzi affermare, sulla base di un parere legale, che il nuovo testo costituzionale rimarrebbe sempre piuttosto debole nei confronti di devastazioni ambientali dettate da «superiore interesse nazionale». Tra le quali va ascritto, purtroppo, un malinteso ricorso a fonti di energia rinnovabile quali nuovi o aumentati bacini idroelettrici, grandi impianti fotovoltaici su suolo naturale, oppure utilizzo energetico di biomasse forestali primarie: cioè bruciare legna per produrre energia, cosa che faceva il nostro predecessore Homo erectus un milione di anni fa. Oggi possiamo fare di meglio. Ma questo è già un altro argomento, sul quale probabilmente ci troveremo a votare in futuro.
i https://www.iniziativa-biodiversita.ch/iniziativa/ ii https://www.fedlex.admin.ch/eli/cc/1999/404/it
- https://www.data.finance.admin.ch/superset/dashboard/subventionen/
- https://www.europarl.europa.eu/factsheets/it/sheet/106/il-finanziamento-della-pac-fatti-e-cifre v https://www.bfs.admin.ch/news/it/2023