Chatila fra povertà abbandono e speranza

L’Associazione Mamre di Borgomanero, in collaborazione con un’organizzazione locale, fornisce aiuti anche ai palestinesi di Chatila, un sobborgo di Beirut, tristemente famoso    insieme all’adiacente quartiere di Sabra, per l’eccidio di palestinesi avvenuto nel 1982. Gabriele Sala, volontario di Mamre ci racconta le sue impressioni   sulla visita a Chatila del marzo scorso, dopo aver esposto su questo blog alcune impressioni generali sulla grave situazione del Libano.

 https://sconfinamenti.info/libano-le-ragioni-di-un-disastro/

 È un legame di amicizia ormai ampiamente consolidato quello che unisce Mamre e la Youth Lebanon Palestinian Association (YLPA), l’associazione che si prende cura dei bambini e dei giovani palestinesi che vivono nel campo profughi di Chatila. Chatila è un quartiere nella zona sud-est della capitale libanese: un chilometro quadrato di territorio confinante con il cimitero di Beirut nel quale vivono circa 35.000 persone. Insieme all’adiacente quartiere di Sabra, dagli anni ’80 è diventato il simbolo di uno dei più crudeli massacri avvenuti nella regione durante il XX secolo, quello del settembre 1982 quando, dopo il ritiro dei combattenti dell’Organizzazione per la liberazione della Palestina (Olp) dal Libano, i falangisti cristiani libanesi, con la complicità dell’esercito israeliano, massacrarono migliaia di donne, bambini e vecchi palestinesi a cui era stata promessa protezione.

Se non si cammina tra le strade e i vicoli bui del quartiere non si può comprendere la realtà di Chatila: un quartiere ad alta vulnerabilità, conseguente alla marginalizzazione sia a livello giuridico che politico e soprattutto sociale.

Oggi, a 75 anni dalla Nakba, letteralmente “la catastrofe” in arabo, cioè la cacciata dei palestinesi dalle loro case a causa della nascita dello Stato di Israele, oltre 750.000 persone (musulmani e cristiani) sono state costrette ad un l’esilio forzato, trovando rifugio in Libano, Siria, Giordania, Cisgiordania e Gaza.

Ovviamente, i profughi non vivono più nelle tende di un tempo: a Chatila sono sorte costruzioni in muratura che, all’aumentare della popolazione, non potendo occupare più suolo di quello che è stato loro assegnato dalle autorità libanesi, si sono espanse verticalmente. Così, ogni anno sono stati aggiunti piani, stanze, scale, passaggi; gli edifici si inclinano man mano che crescono in altezza, fino quasi ad unirsi ai palazzi che stanno di fronte, mentre i piani più bassi non godono di alcuna luce e i muri sono danneggiati dall’umidità causata dalle infiltrazioni d’acqua dai tubi deteriorati.

Un incredibile intreccio di cavi elettrici e tubi in plastica per l’acqua (non potabile, utile solo per lavarsi) contornano e attraversano ogni stradina; molti i cumuli di rifiuti abbandonati sul ciglio delle strade lungo le quali i giovani, a bordo di scooter, si muovono in assenza di ogni regola di circolazione.

Nel campo la diffusione della droga è diventata una piaga sociale e anche le risse sono frequenti, accentuate dalla rivalità con i siriani sfollati dalla guerra a partire dal 2013.

Per il Governo libanese i palestinesi sono un popolo di invisibili: non possono acquistare case o negozi, non possono svolgere professioni intellettuali come il medico, l’avvocato o l’ingegnere, non possono accedere ai Servizi sociali, i bambini non possono frequentare la scuola pubblica.

Eppure, anche in situazioni di estremo degrado come questa appena descritta, si possono incontrare isole di speranza. Dall’oscurità dei vicoli si accede ad un edificio acquistato da Mamre, affidato in comodato d’uso a YLPA e adattato a scuola per 70 bambini, alcuni, figli di profughi siriani.  Qui i bambini ricevono un’istruzione, ma imparano anche a giocare e vivere insieme.

Nel mese di marzo, in Libano, ricorrono le feste della mamma, del bambino e dell’insegnante: nel corso della nostra visita i bambini ci mostrano orgogliosi i loro disegni, che hanno per oggetto la Pace e la convivenza tra i popoli; le mamme hanno preparato dolci deliziosi che ci porgono con grande cortesia. Negli orari in cui la scuola non è aperta ai bambini si tengono corsi aperti alle donne: si parla di educazione sessuale, del diritto delle donne a non essere abusate, di igiene e prevenzione delle malattie sessualmente trasmissibili, perché le donne, soprattutto siriane, sono spesso oggetti che devono sottostare alla volontà dei mariti.

Ahmad Shawish, presidente di YLPA, persona di grande sensibilità e sempre molto attento ai bisogni della popolazione, ci ha segnalato i problemi degli anziani soli  che vanno dalla depressione, all’insonnia, al deterioramento cognitivo e perfino alle malattie cardiovascolari.

Ahmad ci chiede un aiuto nell’acquisto di un locale (già individuato) da adibire a “Centro diurno”, dove si potrebbero favorire momenti di convivialità come quello del pasto, momenti di socializzazione e di animazione, scambi intergenerazionali con i bambini: quando gli anziani trascorrono del tempo con i bambini, possono creare relazioni significative con le comunità più giovani e formare legami duraturi. 

I bambini, a loro volta, potrebbero beneficiare della memoria storica degli anziani, recuperando le tradizioni, la memoria, la cultura che storicamente sono state la forza del popolo palestinese.

 

 

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Questo blog nasce dall’incontro di tre persone emigrate volontariamente in età adulta dall’Italia in Svizzera e che in questo Paese hanno realizzato esperienze diverse in vari ambiti lavorativi e culturali. 

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