Lavoro: voi credete ai testi di personalità?

Sempre più multinazionali, e non solo, fanno uso di test (chiamati psicometrici) per tracciare il ritratto di un candidato ideale, diligente e collaborativo, o che comunque abbia i tratti caratteriali ritenuti necessari per il lavoro.

Di recente ne ho parlato con una persona che lavora nella selezione del personale e mi ha spiegato l’importanza di studiare il candidato per la sua apertura mentale (openness), coscienziosità o scrupolosità (conscientiousness ), estroversione (extraversion), gradevolezza e empatia (agreeableness). Così ho scoperto che gli introversi sono generalmente i migliori guidatori di treni, in quanto sembrano prestare maggiore attenzione a dettagli come le procedure di sicurezza e possono affrontare da soli lunghi periodi di tempo. Per chi volesse assumere invece un lavoratore in un call center, meglio evitare proprio gli introversi, i quali potrebbero trascorre così tanto tempo a chiacchierare con i clienti da non riuscire a svolgere il loro lavoro. E nella ricerca di manager, i candidati che sono bravi nei dettagli si rivelano spesso essere micromanager ossessivi; mentre attenzione a chi è un ottimo venditore: di frequente si rivela difficilmente gestibile nei lavoro di gruppo, poiché bisognoso di essere sempre al centro dell’attenzione. E ancora, ottenere un punteggio elevato per l’estroversione non è sempre cosa buona, ad esempio se si fa domanda per una posizione di lavoro in banca, che richiede discrezione.

Interessante – ho pensato ascoltando queste categorizzazioni. Ma ricordo di aver, immediatamente, avuto la sensazione della loro inadeguatezza e eccessiva – ai miei occhi – generalizzazione. E così ho fatto un po’ di ricerca.

Ho appreso che l’affidabilità di questi test è oggetto di discussione. Come riporta The Economist (5 novembre 2020), i testi psicometrici trovano un limite evidente, oltre che nella loro laboriosità, anche nel rischio di essere soggetti a pregiudizi: “le domande di tali test possono chiedere al candidato di descrivere il suo comportamento in situazioni ipotetiche: ad esempio, trattare con un cliente arrabbiato. Le risposte suggerite possono essere tutte plausibili (scusarsi abbondantemente, andare a prendere un manager e così via), quindi non c’è una risposta ovviamente giusta.” 

Non solo. In seguito al loro diffuso utilizzo da parte dei datori di lavoro e dei dipartimenti delle risorse umane, i test che mirano a mappare le personalità individuali hanno colonizzato e modificato la nostra psiche, come scrive sempre The Economist. Questi test sono stati utilizzati per sostenere l’idea che, se solo potessimo trovare i lavori più adatti alla nostra personalità, allora potremmo legarci al nostro lavoro liberamente e volentieri o comunque a farlo senza lamentarci troppo, senza agitarci, senza sognare un posto di lavoro migliore, più equo o più giusto o un mondo in cui il posto di lavoro non sia più parte integrante dell’organizzazione sociale. 

Insomma, l’idea che la personalità (e quindi l’attitudine a svolgere ottimamente certi lavori) possa essere colta e definita tramite test astratti non è un po’ pretenziosa? Estroversione o introversione; gradevolezza o apertura a nuove esperienze: le valutiamo attraverso questionari a scelta multipla, checklist di aggettivi autodescrittivi, macchie d’inchiostro, testimonianze di vita o interviste individuali. Il rischio è che si guardi alla psicometria come ad una scienza esatta, appunto.  

Domandava Harry Freedman in un suo editoriale apparso sul quotidiano britannico The Guardian alcuni anni fa: quando richiesti di sottoporci a un test psicometrico, se chiedessimo, a chi ne fa richiesta, che cosa speri di ottenere e come le domande, che verranno poste, potranno portare alle conclusioni del test: riceveremo una risposta soddisfacente? E il nocciolo della questione non è forse questa assenza di risposta?

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Questo blog nasce dall’incontro di tre persone emigrate volontariamente in età adulta dall’Italia in Svizzera e che in questo Paese hanno realizzato esperienze diverse in vari ambiti lavorativi e culturali. 

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