Cooperazione allo sviluppo sotto attacco in Svizzera: contro la volontà popolare?

Di Valeria Camia e Alessandro Vaccari

Un “attacco alla cooperazione allo sviluppo” che “distrugge progetti a lungo termine e molto efficaci e danneggia la reputazione della Svizzera”. Così si è espresso Andreas Missbach, direttore di Alliance Sud, che ha lanciato la campagna Allerme Solidarietà. Ci sono ancora pochi giorni di tempo per far sentire la propria voce prima della sessione del Parlamento chiamato a decidere ulteriori tagli alla cooperazione a causa delle misure di austerità e del riarmo dell’esercito. Ne abbiamo parlato con Marco Fähndrich, Responsabile della comunicazione e dei media di Alliance Sud, il centro di competenza svizzero per la cooperazione internazionale e la politica di sviluppo.

Ricapitoliamo per chi non segue la politica svizzera: lo scorso giugno la Camera Alta, ovvero il Consiglio degli Stati Elvetico, ha approvato una maggiore spesa per l’esercito, fissata a 29,8 miliardi per il periodo 2025-2028, con l’obiettivo di raggiungere l’1% del PIL entro il 2030. Nella sua Strategia di cooperazione internazionale 2025-2028, il Consiglio federale ha anche preventivato 1,5 miliardi di franchi per l’aiuto all’Ucraina – una somma superiore a quella spesa per la cooperazione allo sviluppo nell’Africa subsahariana. Si tratta di una proposta che deve ora essere esaminata (anche includendo ulteriori tagli) e votata dal Consiglio nazionale (che è il Parlamento). Tutto ciò è guardato con grande preoccupazione da Alliance Sud, che si è espressa in modo contrario ai tagli alla cooperazione e allo sviluppo che il governo svizzero vorrebbe mettere in atto. 

Marco Fähndrich, quali sono i danni che questo provvedimento potrebbe provocare, sia a livello internazionale che anche a livello della sicurezza del paese? 

Se il Parlamento dovesse accettare questi tagli, le conseguenze le subirebbero innanzitutto le persone nei paesi più povere, perché evidentemente questi tagli provocherebbero delle riduzioni nei programmi, sia a livello bilaterale, cioè nei progetti della Svizzera nei paesi sul globale, sia anche a livello multilaterale, ossia ai contributi della Svizzera per ad esempio i programmi dell’ONU. Oltre alle conseguenze per i paesi più poveri, per le persone che magari non riceverebbero più l’aiuto a livello sanitario della Svizzera, dei progetti svizzeri, spesso realizzati anche in collaborazione con le ONG, le conseguenze sarebbero anche a livello diplomatico, a livello di immagine per la reputazione della Svizzera, che probabilmente avrebbe anche meno influenza in futuro a livello politico internazionale nelle varie organizzazioni, nelle varie trattative che ci sono. i danni sarebbero anche per la politica di sicurezza della Svizzera, la Cooperazione dello Sviluppo dà un contributo anche in questo senso, permette di stabilizzare o perlomeno di aumentare le prospettive nei paesi fragili e dunque anche quando si parla di insicurezza a livello internazionale bisogna lavorare in questo ambito e non solo, soprattutto a livello militare.  Noi chiediamo un aumento dei fondi allo sviluppo – che è il minimo che si possa fare in questa situazione di crisi a livello globale; chiediamo di non ridurre ulteriormente i contributi. 

Noi chiediamo che la Svizzera raggiunga almeno lo 0,7% del rendito nazionale lordo, come chiesto dall’ONU, come anche alcuni paesi, soprattutto quei scandinavi realizzano.

Parte di questi soldi sottratti alla cooperazione internazionale dovrebbero andare all’aiuto all’Ucraina: non si creerebbe una specie di guerra fra poveri?

Nel quadro della nuova strategia della collaborazione internazionale della Svizzera è previsto che 1,5 miliardi nei prossimi 4 anni vengano stanziati per l’Ucraina. Noi riteniamo che sia giusto e doveroso che la Svizzera aiuti anche l’Ucraina, la guerra purtroppo rende necessario un contributo anche in questo paese, la ricostruzione chiaramente richiede anche un sostegno generoso da parte della Svizzera, ma questo non può essere fatto a scapito dei paesi più poveri. Per quello noi abbiamo sempre chiesto che il Consiglio federale e il Parlamento stanzino dei contributi supplementari, aggiuntivi per l’Ucraina rispetto a quanto viene fatto già nei paesi più poveri. Non è possibile penalizzare i programmi nei paesi più poveri che sono anche loro colpiti da guerre o da varie crisi per sostenere l’Ucraina. La Svizzera è un paese ricco, ha le possibilità di fare molto di più per sostenere sia l’Ucraina sia i paesi più poveri. 

In che modo reti come quella di Alliance Sud possono svolgere un ruolo cruciale nel coordinare e promuovere queste azioni di sensibilizzazione dell’opinione pubblica? 

Diciamo che noi siamo confrontati con delle risorse molto limitate, dunque la collaborazione con gli altri attori a livello europeo esiste, a livello di società civile, però ci concentriamo al momento sulla coordinazione a livello nazionale, con questa campagna Allarme e solidarietà, dove collaboriamo con i nostri membri che sono diverse ONG attive nella cooperazione internazionale, ma collaboriamo anche con altre ONG e anche molti professori, anche molte persone del mondo culturale ci sostengono per lanciare questo messaggio. Però giustamente l’informazione deve passare sempre di più, notiamo veramente una difficoltà sia a livello mediatico sia a livello politico e della popolazione di far capire cos’è la collaborazione internazionale, perché è importante anche per la promozione della pace e qui veramente ci vuole un lavoro magari anche maggiormente con le scuole e con i media per far capire questa rilevanza. Purtroppo nei media si nota che il sud globale o i paesi in crisi vengono spesso dimenticati a scapito di guerre magari più al centro dell’attenzione come in Ucraina o in Medio Oriente, lì bisogna fare ancora un lavoro anche di sensibilizzazione, purtroppo non in questo contesto le risorse spesso non sono sufficienti, per quello siamo molto grati anche a iniziative come le vostre che tematizzano questi temi.

Ascolta qui l’intervista integrale a Marco Fähndrich

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Questo blog nasce dall’incontro di tre persone emigrate volontariamente in età adulta dall’Italia in Svizzera e che in questo Paese hanno realizzato esperienze diverse in vari ambiti lavorativi e culturali. 

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