È possibile che in uno stato democratico una persona che non ha commesso alcun reato, possa subire forti limitazioni della propria libertà personale imposte legalmente? Sembrerebbe ovvia una risposta negativa, eppure la vicenda di Maria Edgarda Marcucci contraddice questa convinzione.
Quando nel 2018 Eddi, come la chiamano gli amici, rientrò in Italia, dopo aver militato nelle YPJ, le unità combattenti femminili del Rojava, non si aspettava riconoscenza per aver combattuto contro gli islamisti dell’Isis ma neppure l’inferno giudiziario che l’attendeva.
Il 17 marzo 2020, dopo un anno di udienze, fu infatti emesso contro di lei dalla Procura di Torino un provvedimento di sorveglianza speciale perché ritenuta “socialmente pericolosa”.
La sorveglianza speciale è una misura di prevenzione, di origine ottocentesca ma ampiamente utilizzata durante il fascismo e ripresa dalla legislazione italiana odierna, oggetto di continuo contenzioso anche in sede europea in quanto la sua legittimità democratica e costituzionale viene contestata da molti giuristi. In sostanza Marcucci, pur senza aver mai commesso alcun reato, ha subito fino al marzo di quest’anno una serie di limitazioni della propria libertà personale e, praticamente, un azzeramento della propria vita sociale e della propria militanza politica. La Procura di Torino ha ritenuto infatti che Eddi, avendo imparato a usare le armi contro i fondamentalisti islamisti, avrebbe potuto utilizzarle anche in Italia in quanto militante politica antagonista.
“…e poi l’avete vista Marcucci, col suo passo marziale, quell’andatura aggressiva”.
Questa frase pronunciata dalla Pm nel corso dell’ultima udienza prima della decisione sulla
misura restrittiva viene giustamente sottolineata da Eddi come emblematica del fatto che la Procura ha voluto sanzionare non le sue azioni concrete ma la sua persona, il suo ruolo sociale, il suo modo di essere donna non conforme al “dettame patriarcale”.
Eddi ha ora raccontato la sua vicenda in un libro di recente pubblicazione, in cui al racconto scritto si alterna il fumetto, il disegno, il diario e alle esperienze nel Rojava la sua vicenda giudiziaria e la sua militanza politica presente e passata. https://rizzolilizard.rizzolilibri.it/libri/rabbia-proteggimi/
Il Rojava e la Val Susa sono due luoghi geograficamente lontani in cui però Eddi ha realizzato esperienze che delineano una continuità nell’impegno sociale e nel tentativo di tradurlo in azioni concrete di cui ha sempre accettato di pagare in prima persona il costo.
Questo impegno non è venuto meno, nei limiti del possibile, nemmeno nei due anni di limitazione della libertà.
Particolarmente toccanti le pagine del libro dedicate alla figura di Lorenzo Orsetti, un volontario caduto combattendo nel Rojava di cui Eddi ebbe modo di apprezzare personalmente la profonda umanità e la cui morte provocò un profondo senso di smarrimento in lei e nei suoi compagni; di questa vicenda Sconfinamenti si è a suo tempo occupato https://sconfinamenti.info/orso-un-combattente-partigiano-dei-nostri-giorni/
Eddi arrivò nel Rojava nel 2017, attratta dall’esperienza democratica che si stava sviluppando in questa regione a maggioranza curda che si batte per la propria autonomia e dove è in atto l’esperimento di democrazia diretta del cosiddetto confederalismo democratico, minacciato dall’alleanza fra gli islamisti e l’esercito turco.
Questo modello sociale è il prodotto anche dalla riflessione teorica del leader curdo Öcalan, che dal 1999 è detenuto in condizioni di isolamento per la sua opposizione al regime turco.
Oggi Eddi ritiene di aver imparato nel Rojava cose molto più importanti dell’uso delle armi, attraverso il contatto vivo con una popolazione multietnica che sperimenta un superamento del capitalismo basato sulla partecipazione popolare e su un nuovo ruolo delle donne, lontano dalla fallimentare esperienza del socialismo di stato. La milizia femminile dell’YPJ si configura di fatto anche come un’organizzazione femminista impegnata ad affermare un nuovo protagonismo delle donne nella loro lotta contro le diseguaglianze e per la parità di genere, che costituisce un aspetto fondamentale del confederalismo democratico.
L’YPJ si è costituita nel 2013 affiancandosi all’ YPG, l’Unità di difesa popolare e di fatto formando insieme ad essa la milizia armata che difende l’autonomia del Rojava; queste formazioni hanno combattuto contro le milizie dell’Isis, svolgendo un ruolo fondamentale per salvare la minoranza yazida minacciata di genocidio e contribuendo in modo decisivo, con l’appoggio statunitense, alla liberazione di Kobane e delle roccaforti fondamentaliste di Raqqa e di Tabbqa.
Dopo il ritiro statunitense i combattenti di queste formazioni militari, che pure hanno dato un contributo fondamentale alla lotta contro l’Isis lasciando sul campo circa undicimila caduti, sono stati di fatto abbandonati in balia dell’offensiva militare del governo turco, alleato dell’Isis, che minaccia la stessa sopravvivenza autonoma del Rojava.
La situazione si è ulteriormente aggravata dopo l’invasione russa dell’Ucraina in quanto il governo Erdogan, membro della Nato, ha avuto di fatto ancor più mano libera nella sua azione di aggressione in questi territori, in cambio del proprio assenso all’ingresso di Svezia e Finlandia nell’alleanza militare. «Mentre in favore di camera Erdoğan si mette a mediare tra Russia e Ucraina, laddove i riflettori non sono puntati, commette crimini di guerra uguali a quelli per cui si condanna, giustamente, Putin” ha puntualizzato Eddi Marcucci in un’intervista a L’Espresso.
Il libro di Eddi Marcucci esce dunque in un momento quanto mai opportuno, in primo luogo per ricordarci quanto la difesa della libertà personale sia messa in discussione, soprattutto quando l’ordine costituito si senta minacciato. In secondo luogo, la testimonianza di Eddi ci costringe ulteriormente a gettare uno sguardo su una guerra dimenticata e sulla condizione di minoranze, in primo luogo quella curda, sulla cui pelle anche l’Occidente continua a giocare cinicamente
Affidarsi a un feroce dittatore come Erdogan, oltre che moralmente riprovevole si dimostrerà alla lunga, come esperienze analoghe avrebbero già dovuto ampiamente dimostrare, anche politicamente miope.