Essere donna in Svizzera: come siamo messe?

Come si vive, in Svizzera, se appartieni al genere femminile della popolazione?

Se sei donna, lavoratrice, e per di più mamma, la risposta è: potresti trovare di meglio. In termini di diritti legati al mondo del lavoro, opportunità e accesso a welfare, congedi e retribuzione salariale la Svizzera dà minor garanzie di parità che altrove. Ad esempio perché la differenza di retribuzione tra donne e uomini è ancora al 14,4% nell’economia privata e nelle posizioni dirigenziali si arriva al 18.6%, come ricorda Laura Incandela, da dieci anni impegnata nel Business & Professional Women (BPW) dove ricopre la carica di vicepresidente. In Europa c’è di peggio, certo, dato che, secondo i dati Eurostat 2015, la media UE del divario retributivo di genere è 16,3%. Ma ci sono anche casi molto più virtuosi, tra i quali l’Italia (5,5%).

Anche i dati raccolti dal Social Institutions and Gender Index (SIGI) mostrano carenze del quadro giuridico relativamente ai diritti in ambito lavorativo in Svizzera: il Paese segna uno 0,119 per quanto concerne l’indicatore che misura l’accesso alle risorse produttive e finanziare (dove 0 significa completa parità di genere e 100 completa disuguaglianza). Inoltre, le donne che occupano posizioni manageriali rispetto al numero totale di persone che svolgono tali ruoli è del 33% e la percentuale della popolazione che non è d’accordo con l’affermazione “è perfettamente accettabile che una donna abbia un lavoro al di fuori dell’economia domestica, se lo desidera” è del 2%.

La Svizzera, quindi, tra i fanalini di coda in Europa in termini di parità di genere in campo economico e lavorativo? Sì e no. I dati del SIGI, ad esempio, mostrano – senza sorprenderci molto, in verità – che per quanto riguarda “l’uguaglianza di accesso alle risorse produttive e finanziare” molto meglio della Svizzera fanno i Paesi nordici (la Svezia, in primis, con uno 0,021 su una scala 0-100) e alcune nazioni vicine (Francia con 0,036 e Italia con 0,08) ma non la Germania (0,131). Per quanto riguarda la presenza delle donne nelle posizioni manageriali, la Svizzera arranca in confronto a Svezia (40% di posizioni apicali occupate da donne) e Norvegia (38%) e, ad esempio, Regno Unito (36%), ma la situazione elvetica non è così male se paragonata alle vicine Italia (27%) e Francia (33%). Piuttosto negativo, però, è il risultato della Svizzera raggiunto lungo il Glass Ceiling Index, pubblicato da The Economist e che misura equità di trattamento tra i sessi nei contesti lavorativi: la Confederazione Elvetica si colloca al 26esimo posto (su 29), tra Grecia (25) e Turchia (27), seguita da Giappone (28) e Nord Corea (29).

E per quanto riguarda la vita politica del Paese e il desiderio di fare politica? La questione è risaputa e dibattuta (forse non a sufficienza) nei media e nella società civile e, grazie anche al lavoro di vari gruppi femminile, qualche cosa si muove. In Ticino, ad esempio, la Federazione delle Associazioni Femminili Ticino (FAFTPlus) si è data recentemente molto da fare per rilanciare la campagna “Io voto donna – Un obiettivo in Comune” affinché ci fossero abbastanza candidature femminili alle scorse votazioni comunali. Nel Cantone di Neuchâtel, invece, il Parlamento dallo scorso aprile conta ben 58 donne e “solo” 42 uomini. È la prima volta nella storia svizzera. Anche a livello federale, le donne non sono mai state così presenti in Parlamento: rappresentano il 42% dei membri del Consiglio nazionale e il 26% di quelli del Consiglio degli Stati. Un dato incoraggiante, migliore di quello registrato dalle donne nella Camera bassa britannica (dove le donne occupano il 34% dei seggi) ma comunque lontano da quelli dei Paesi scandinavi, e in particolare quello svedese, dove la percentuale di donne nel parlamento è molto vicina al 50%.

E se guardiamo altre variabili che costituiscono il Social Institutions and Gender Index (SIGI)? Prendiamo la sicurezza. E, ad esempio, chiediamoci quanto una donna si sente sicura a camminare di sera nel luogo dove abita. Stando ai dati, a dirsi sicure sono il 55% delle svizzere, un po’ più delle britanniche ma meno delle spagnole (58%), delle italiane (59%) nonché delle svedesi (74%).

Un altro dato curioso che emerge dal Social Institutions and Gender Index 2019 riguarda il punteggio della Svizzera relativo al dominio che include se le le donne e gli uomini hanno gli stessi “diritti legali, capacità decisionali e responsabilità all’interno della famiglia“. Qui Svizzera docet, essendo la nazione in Europa che presenta “il livello di discriminazione in famiglia” più basso (0,1%, dove 0 significa assenza di discriminazione) – basti pensare che la Grecia segna, per quanto riguarda questo dominio, 45% (indicando quindi un’evidente disuguaglianza nelle dinamiche familiari a disfavore delle donne).

Ironico, quindi, riflettere su come la (quasi) quasi parità di genere “nella casa e nella famiglia” non trovi corrispettivo nel settore lavorativo! Lo ha fatto notare, recentemente, Alexandra Dufresne, avvocatessa, la quale ha sottolineato come la pratica elvetica di includere nel proprio curriculum di lavoro informazioni relative allo stato familiare (anche se l’Università di Zurigo precisa che dichiarare se si è sposate o no, rimane un optional) è altamente discriminante: è provato infatti da varie ricerche che esista una discriminazione nelle assunzioni basata sulla fertilità realizzata e prevista per i lavori a tempo parziale – che in Svizzera sono svolti soprattuto da donne! E che quindi, anche se legalmente nel Paese donne e uomini hanno gli stessi diritti all’interno della famiglia, alla fine, in concreto, chi sta a casa e si occupa della famiglia rischia di essere, ancora, lei.


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Questo blog nasce dall’incontro di tre persone emigrate volontariamente in età adulta dall’Italia in Svizzera e che in questo Paese hanno realizzato esperienze diverse in vari ambiti lavorativi e culturali. 

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