Mentre proseguono le trattative su una possibile pace (o tregua, almeno) tra Russia e Ucraina, l’Europa, che prova a riprendersi dalla scossa causata dalla virata degli Stati Uniti sul supporto militare all’Ucraina, si prepara al piano Re-arm Europe, ma non senza tensioni. Francia e Gran Bretagna (nell’era post-Brexit di Starmer) intensificano i contatti; la Germania si riarma; altri Paesi sono più cauti. Anche “la gente” si divide, e non manca chi si domanda da chi dobbiamo difenderci. Il professor Maurizio Simoncelli, vicepresidente e cofondatore dell’Istituto di Ricerche Internazionali Archivio Disarmo, storico ed esperto di geopolitica ci aiuta a capire cosa sta succedendo “dietro le quinte”.
Recentemente Archivio Disarmo, Istituto indipendente di ricerche internazionali, ha consegnato al gruppo dei Verdi del Parlamento europeo lo studio “Per una diplomazia di pace dedicato alla guerra in Ucraina e ai possibili scenari per una soluzione del conflitto”. Si mette in luce che, per quanto gli ultimi giorni abbiano rivoluzionato il quadro generale, sarebbe un grave errore ignorare i punti di convergenza che Ucraina e Russia avevano registrato nei colloqui di Istanbul nella primavera 2022. Tra le osservazioni dello studio c’è anche la questione del riarmo europeo e l’importanza di non abbandonare la linea multilateralista che l’Europa dovrà seguire per ricostruire il futuro.
L’UE – dicono all’Archivio Disarmo – dovrebbe rilanciare il ruolo delle Nazioni Unite. Lo strumento potrebbe essere un’istituzione regionale come l’OSCE, Organizzazione per la sicurezza e la cooperazione in Europa, severamente colpita dalla guerra di Putin ma non del tutto affondata. Questo se la UE non vuole lasciare a Trump il monopolio delle trattative con la Russia. Nel dopoguerra, l’OSCE potrebbe rappresentare una sede istituzionale e collettiva (tutto il contrario delle avance nazionaliste di Orban o di Salvini) per un confronto con Mosca.
Professor Simoncelli, Archivio Disarmo invita al multilateralismo, e invece “i grandi” in Europa sembrano preferire i muscoli alle parole. Mi riferisco al piano europeo, Re-arm Europe, annunciato dalla presidente Von der Leyen. Si tratta di una somma altissima…
La Von der Leyen ha annunciato un piano di spesa per 800 miliardi da destinare alle sole industrie belliche. Va ricordato che l’UE spendeva per la difesa nel 2023 già 287 miliardi $ e che la NATO europea 350 miliardi $, a fronte dei 309 della Cina e dei 126 della Russia (gli USA 880). Il vero problema (che non menziona neppure) consiste nella frammentazione nazionale dei 27 eserciti europei e delle 27 relative politiche della difesa. Ad oggi l’Eurocorps dispone di 5.000 uomini, mobilitabili fino ad un massimo di 60.000, un’inezia a fronte della somma degli eserciti europei di 1.300.000 unità.
Quali sono esattamente i pericoli ai quali dovremmo far fronte, come Europa, anche con la politica della Von der Leyen?
I pericoli denunciati dalla Von der Leyen alludono soprattutto alla Russia di Putin, con cui peraltro si sono intrattenuti rapporti sino a pochissimi anni fa, quando comunque se ne conosceva la natura. La NATO si è allargata sino a circondare la Russia promettendo anche a Kiev di farne parte, mentre nel corso degli anni sono venuti meno tutti gli accordi e trattati per il controllo degli armamenti, nonché ogni forma di dialogo multilaterale. L’ONU e l’OSCE sono stati depotenziate ed emarginate, mentre alla via del dialogo e della diplomazia si è preferita quella del confronto muscolare.
Ma cosa sta succedendo “behind the scene” (dietro le quinte) della guerra in Ucraina, con le relazioni USA-EU e poi Russia?
Il neo presidente Trump, con piglio da businessman statunitense e nell’ambito del suo programma MAGA (Make America Great Again), da un lato mira ad espandersi in aree strategiche (Panama e Groenlandia), dall’altro intende disimpegnarsi dal teatro europeo per concentrarsi sulla sfida con il grande competitor globale, la Cina. Per questo è urgente l’accordo di “stampo imperiale” con Putin, decidendo i destini dell’Ucraina. Dal Vecchio Continente sta cercando di drenare più risorse possibili, sia avviando una guerra commerciale con l’UE tramite i dazi, sia invitando gli alleati NATO a spendere di più per comprare armi made in USA, sia tentando di ottenere dalla pacificazione imposta a Kiev anche un’abbondante remunerazione con l’accesso alle terre rare ucraine.
Per tornare ai “pericoli” con i quali l’Europa si deve confrontare, lei non crede che essi siano piuttosto pericoli economici e magari anche “interni”? Penso alla crescita di estremismi politici in diversi paesi membri dell’UE…
Se da un lato lo spirito fondante del Manifesto di Ventotene era quello di una pace in tutta l’Europa, dall’altro l’incapacità ad aggiornare l’architettura UE impedisce la realizzazione degli “Stati Uniti d’Europa” e la possibilità di contare nella politica internazionale, lasciando spazio ai sovranismi. La guerra commerciale avviata da Trump a livello globale colpirà duramente le economie di tutti i paesi, Stati Uniti compresi. La scelta del riarmo proposta poi comporterà inevitabilmente tagli dolorosi alle spese sociali (sanità, istruzione, previdenza ecc.) e alle politiche ambientali, esponendoci ancora di più agli effetti estremi dei cambiamenti climatici, che sono la vera minaccia per tutta l’umanità.
Valeria Camia
