Così gli abitanti di Riace hanno soprannominato, fin dal lontano 1998, quando un veliero carico di afgani e di curdi sbarcò sulla costa ionica, Mimmo Lucano che, da privato cittadino, riuscì ad ottenere per loro un’accoglienza temporanea nelle case abbandonate del paese; ebbe così inizio un’esperienza giustamente conosciuta e apprezzata in tutto il mondo.
La stessa accoglienza fu poi riservata a migranti di varie nazionalità sbarcati nei pressi di Riace e il progetto di accoglienza prese corpo anche grazie all’ingresso nelle istituzioni locali di Lucano che arrivò a ricoprire la carica di sindaco, incorrendo tuttavia in seguito in una rocambolesca vicenda giudiziaria.
Lo scorso 11 ottobre la sentenza di secondo grado pronunciata dalla Corte di appello di Reggio Calabria ha sostanzialmente demolito l’impianto accusatorio contro Lucano e gli altri imputati.
Come si ricorderà l’ex sindaco e principale protagonista del progetto Riace, era stato condannato nel settembre del 2021 a 13 anni di carcere e a una pena pecuniaria di 700.000 euro per presunti gravi reati commessi nella realizzazione del suo progetto.
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Con la sentenza di secondo grado cadono tutte le principali accuse e in primo luogo quella di associazione a delinquere, di cui Lucano sarebbe stato il principale responsabile, insieme ad altri 16 imputati, tutti assolti in secondo grado, con lo scopo di utilizzare in modo illecito fondi destinati all’accoglienza.
Rimane ora solo una condanna a un anno e sei mesi, con esecuzione della pena sospesa, per falso in atti di ufficio in relazione all’assegnazione di fondi pubblici a cooperative, che esclude comunque qualsiasi interesse personale.
Le accuse che avevano portato alla condanna di primo grado si basavano su durissimi rapporti della Prefettura di Reggio Calabria e sull’inchiesta della procura di Locri; il tutto era stato interpretato da molti come un attacco a un modello di accoglienza che ha il pregio di perseguire un’integrazione tesa anche a rivitalizzare un borgo abbandonato dagli abitanti originari, costretti a cercare altrove il proprio sostentamento.
Sia pure nelle difficili condizioni create dall’attacco politico-giudiziario contro Lucano e i suoi collaboratori, l’esperienza di Riace non si è mai interrotta nemmeno in questi anni.
Se l’amministrazione del paesino è finita, possiamo dire per via giudiziaria, nelle mani della Lega che si sta preoccupando soprattutto di cementificare la parte costiera del comune, il borgo accoglie ancora una quarantina di famiglie di migranti.
Tali abitazioni sono state restaurate grazie ai fondi raccolti da un’associazione fondata da Luigi Manconi con lo scopo di pagare la pesante sanzione inflitta in primo grado a Mimmo Lucano, qualora fosse stata confermata in forma definitiva, circostanza che non si è verificata.
Lucano ha fin da subito rifiutato l’uso originariamente previsto di questi fondi, utilizzati invece per realizzare il restauro in economia delle case.
Il borgo ha continuato a essere meta di numerosi progetti di solidarietà, quali le iniziative di Alex Zanotelli e dei suoi scout o la creazione di un forno sociale da parte dell’Associazione Mari e Monti, nell’ambito di un progetto più generale all’insegna del significativo slogan “impastare umanità”.
In tutti questi anni del resto molti paesi della stessa Locride hanno portato avanti, sia pure fra mille difficoltà, analoghi progetti di accoglienza che costituiscono un riscatto economico e morale in una regione spesso alla ribalta della cronaca per i misfatti della ‘ndrangheta, verso cui certa magistratura farebbe meglio a rivolgere una maggiore attenzione.
Nelle interviste rilasciate dopo la sentenza, Mimmo ha espresso il suo sollievo e si è mostrato incerto sul suo futuro ma nessuno dubita che sarà ancora in prima fila nel continuare il progetto, magari presentando ancora la propria candidatura a sindaco del paese della Locride, carica da cui era stato estromesso, con le accuse ora rivelatesi false, nel 2018
La sentenza di secondo grado assume un particolare significato in un momento in cui, a vari livelli e non solo italiani, le migrazioni sono viste come un’invasione e la solidarietà di fatto criminalizzata.
L’elenco di chi dovrebbe chiedere scusa sarebbe lungo e comprenderebbe in primo luogo molti personaggi, soprattutto ma non esclusivamente di destra, che non hanno esitato un momento a considerare accuse inconsistenti come una condanna senza appello. Un parziale risarcimento, almeno morale potrebbe venire anche dalla Rai, i cui solerti funzionari si erano premurati nel 2019 di sospendere la messa in onda di una fiction interpretata da Giuseppe Fiorello e che ora sarebbe doveroso trasmettere.
La solidarietà insomma non può in alcun caso diventare un reato.