I bambini hanno bisogno di essere accolti: la Bella Scuola

Intervista con Giovanni Testa, già direttore dell’Istituto Comprensivo Fratello Arturo Paoli a Lucca e curatore di La Bella Scuola.

In un’epoca segnata da crescenti disuguaglianze sociali, povertà educativa, contesti multietnici, discriminazioni troppo frequenti e attacchi personali al corpo docente, un insegnante ha dimostrato come l’educazione possa essere uno strumento potente per promuovere il benessere individuale e collettivo. Ispirandosi all’eredità di Don Lorenzo Milani, ha sviluppato un approccio pedagogico centrato sul bambino e sul suo bisogno di relazioni significative. La sua esperienza offre preziosi spunti di riflessione sul ruolo della scuola nella costruzione di comunità più inclusive e solidali.

Lui è Giovanni Testa, già direttore dell’Istituto Comprensivo Fratello Arturo Paoli a Lucca dove si è impegnato per promuovere una visione diversa della scuola che fosse concentrata sul benessere dei giovani, dei ragazzi ma anche invitando una nuova relazione educativa con il personale docente e più in generale con tutta quella che è l’organizzazione scolastica.

«E’ sempre stato chiaro per me che i bambini vanno a scuola perché hanno bisogno di stare con i compagni, non per imparare a leggere e a scrivere – questo poi verrà dopo, verrà di per sé. Quello che motiva un bambino ad andare a scuola è stare bene con i compagni, incontrare i compagni e anche io quindi capivo come il mio benessere fosse legato al loro benessere però il disagio era tanto che c’era intorno, non solo nelle classi con i bambini ma anche tra i docenti per cui la domanda che io mi facevo è: come possibile stare bene a scuola?»

Napoletano di nascita, Giovanni Testa ha iniziato la sua carriera come maestro nel 1984; ad ispirarlo, le letture di Lorenzo Milani e il concetto di “I care”, così importanti a fronte del contesto in cui operava, una realtà caratterizzata da disagio sociale e dove quello che davvero importava, ai giovani delle sue classi, era sentirsi accolti e valorizzati. Poi l’incontro con Enzo Spaltrolo, che «mi aiutò a sviluppare una visione più ampia del benessere, legandolo al concetto di futuro e di speranza, concetti da estendersi oltre gli alunni, per abbracciare i docenti e, in generale, la gestione scolastica» con un obiettivo ben chiaro: la cura dell’anima.

«Il modello educativo contemporaneo, fortemente influenzato dal neoliberismo, sembra aver allontanato la scuola dalla sua originaria finalità. La crescente enfasi sulla valutazione delle competenze e sui risultati misurabili rischia di soffocare l’educazione integrale della persona. È necessario recuperare una visione più umanistica della scuola, ispirata ai principi della paideia classica, che pone al centro lo sviluppo armonico dell’individuo.»

La scuola, sottolinea Testa, al pari dell’ospedale, è un luogo di cura. Così come l’ospedale si occupa di riparare le ferite, la scuola ha il compito di far fiorire le potenzialità di ogni individuo. E di fatto, durante la pandemia, gli insegnanti furono un po’ da tutti riconosciuti come degli eroi, solo che «finita l’emergenza, si è persa l’attenzione sull’importanza dei docenti. L’assenza di investimenti in risorse umane e finanziarie, la (conseguente) carenza di personale che costringe gli insegnanti a correre da una classe all’altra: tutto ciò compromette le attività fondamentali che i formatori sono chiamati a svolgere, come l’inclusione e l’integrazione, l’attenzione e l’empatia. Tutto ciò toglie alla scuola il suo ruolo centrale nella crescita dei giovani e della loro formazione in quanto persone, individui.»

«Gli insegnanti hanno bisogno di sostegno – sottolinea Testa – e di formazione continua, di essere valorizzati. Il rischio è quello di focalizzarci troppo sulla tecnologia e di dimenticare che i bambini hanno bisogno di occhi che li guardino, di menti che li stimolino e di cuori che li accolgano. A Lucca il mio obiettivo è stato quello di creare un clima di accoglienza, di fiducia, di ascolto.» E così, l’Istituto Comprensivo Fratello Arturo Paoli a Lucca conta oggi di un alto numero di bimbi disabili, proprio per il sistema di accoglienza voluto e costruito da Testa, che parla con grande orgoglio di questi numeri legati all’inclusività e alla diversità, mentre è così critico di altri numeri:  «L’ossessione per la valutazione numerica riduce gli studenti a semplici dati statistici, impoverisce la complessità della persona, dimenticando il ruolo fondamentale che l’educazione scolastica svolge nella formazione del cittadino. Gli studenti non sono semplici prodotti da standardizzare e un 5 in condotta non aiuta a promuovere lo sviluppo di competenze sociali, emotive e civiche; non è così che si preparano i giovani a diventare cittadini attivi e responsabili. Questo richiede un approccio educativo che vada oltre la semplice trasmissione di conoscenze, e che favorisca la crescita di una persona critica, autonoma e capace di relazionarsi con gli altri. Proprio per raggiungere questo obiettivo, è necessario investire nella formazione dei docenti, affinché siano in grado di accompagnare gli studenti in un percorso di crescita personale e sociale.»

Si tratta, insomma, di cambiamento che non riguarda solo le pratiche didattiche, ma richiede un profondo mutamento culturale e «un superamento dell’idea che l’educazione sia una competizione e abbracciare una visione più umana e inclusiva» conclude Giovanni Testa.

ASCOLTA QUI L’INTERVISTA A GIOVANNI TESTA

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